Evoluzione (Gillian) [Kigetsu Masamune]

Quando Kigetsu giunse al limitare della radura, scorse improvvisamente alcune centinaia di hollow dai colori e dalle forme più differenti, tutti intenti a confrontarsi in un turbinio di ululati, ruggiti e strani versi individuali. Ogni voce si univa alle altre per poi esserne travolta come da un fiume in piena, iniziavano già ad esserci le prime tensioni ed alcune zuffe erano incominciate, concentrate in particolare verso il centro dell’ampio spiazzo.
Diversi campanelli di mostri deformi si erano raccolti a pochi metri dal mio momentaneo allievo eppure nessuno pareva degnarlo di particolare attenzione, avevano tutti affari più importanti che salutare un nuovo arrivato.

Il vento freddo della Foresta dei Menos sibilava sinistro tra gli imponenti rami dove mi ero comodamente seduto ad osservare la situazione, a circa un centinaio di metri d’altezza. Gli alberi bianchi e spogli che solo in quel luogo potevano crescere rappresentavano da sempre, grazie alle loro dimensioni, degli squisiti spalti da dove godermi gli spettacoli più disparati.
-Buona fortuna...- sussurrai inudito.

-E questo idiota da dove viene fuori?- disse uno di loro con voce rauca, la sua figura ricordava quella di uno scheletro particolarmente slanciato e dalle dita gli crescevano delle lunghe unghie d’avorio.
-Argh argh! Un’uscita simile non l’avevo mai sentita!- rispose un altro, una sorta di gorilla rossastro, osservandolo però con uno sguardo ben poco rassicurante dietro la propria maschera dalle linee ampie e curve.
-… Tu… Sei una preda, vero?- parve interessato a sapere il terzo membro di quella compagnia, avvicinandosi piano a lui strisciando nel terreno polveroso. Era un boa di notevoli dimensioni, i cui denti affilati non erano totalmente nascosti dal candore della propria maschera -Un interessante bocconcino...-.
-Se è debole, tanto meglio per noi.- tagliò corto un altro membro di quel grottesco campanello, affermazione a cui tutti i presenti annuirono con bramosia. Nel migliore dei casi si sarebbe rivelato un rivale in meno da sconfiggere, era già ridotto in uno stato pietoso e di certo la sua psiche ne avrebbe risentito.
Con qualche spintone organizzato dagli arti più disparati, alcuni molli ed altri aguzzi, Kigetsu fu trascinato verso il centro del cerchio. Ora sarebbe iniziata la parte difficile. Un ululato solitario iniziò a diffondersi per la radura dapprima semibuia, la voce sommerse le altre e ben presto anche gli altri hollow iniziarono a seguirla, come spinti da un antico istinto che li avrebbe permesso di partecipare a quel rituale che pochi potevano davvero dire di aver ammirato senza esserne usciti per sempre mutati. Beh, a parte me che sedevo comodamente intento a godermi lo spettacolo, ovvio.
Dai corpi di quelle fameliche creature cominciarono ad innalzarsi delle piccole sfere di luce, frammenti di energia spirituale che man mano andavano distaccandosi dalle figure dei rispettivi proprietari per vorticare sopra le teste di tutti quei mostri. Ora un soffuso chiarore si diffondeva da ogni gruppo riunitosi, illuminandone i volti ancora intenti ad invocare quella monotona litania mentre tutto di loro scompariva pian piano. Dopodiché, per Kigetsu, tutto fu buio.

… E l’hollow si ritrovò ad azzannare quello che, a giudicare dal sapore e dalla consistenza, doveva essere un comodino in legno d’acero. Non aveva riflettuto.
Da cosa sono formate le nostre coscienze? Le nostre personalità? Dai ricordi.
A dire il vero, noi non siamo altro che la somma di ogni nostro ricordo. Le esperienze, così formate, si intersecano entro dei precisi schemi a formare delle reti diverse per ogni persona, ma se ci ritrovassimo a studiarle nella loro ordinata consequenzialità ci apparirebbe chiaro ogni più intimo pensiero dell’individuo in questione. Impresa utopica di certo, ma che non sminuisce le solide basi teoriche di questo ragionamento.
Quell’intero limbo era fatto di ricordi, ogni più piccolo dettaglio che si era mescolato ai propri simili per dare quello che poteva essere definito solamente come un lago di semplice caos. Esisteva un filo conduttore, ma ormai era talmente nascosto nel disordinato annodarsi e dipanarsi di tutte le altre identità da apparire quasi invisibile. Come se non fosse mai esistito prima d’allora.
La crudele prova a cui Kigetsu avrebbe dovuto far fronte sarebbe consistita nel recuperare la propria identità in quel vortice che, nel tempo, si sarebbe fatto solo più insidioso ed ostico. Già ora gli oggetti che lo sfioravano sembravano muoversi con una velocità leggermente maggiore, premendo un poco sul suo corpo (o sull’idea che aveva del suo corpo?) e costringendolo ad accompagnarne gli spostamenti. Ogni minuto che passava avrebbe portato via un poco del vecchio Kigetsu, chissà se sarebbe anche solo riuscito a ricordare il suo nome alla fine di quell’antico rituale…

-Fffermati sssssciocco!- gli sibilò contro una voce che pareva venirgli incontro da ogni lato, eppur da nessuno in particolare. Era quella del serpente, per quanto ormai già faticasse a ricordare i membri del gruppo a cui si era unito. Perfino il suo nome, Kigetsu, sembrava ormai allontanarsi da lui come un pesce viscido e sdegnoso.
-Distruggi ancora degli oggetti e ci perderemo tutttti…- mormorò la creatura mentre le sue spire improvvisamente avvolgevano nel buio l’intero corpo dello squalo, limitandone i movimenti. Poteva ora sentire il suo freddo respiro poco dietro la propria nuca.
-Da cosa credi che siano ffformate le nostre cossscienze..?- gli chiese mentre le proprie squame iniziavano a stringersi sempre di più intorno al corpo del giovane hollow, rendendogli difficile respirare.
Un attimo dopo, eccolo nuovamente libero.
-Dai nostri ricordi, che ora sembrano essersi irrimediabilmente mescolati.- rispose la voce dello scheletro che, nello Hueco Mundo, gli rivolse per primo la parola -A meno che…-.
-Gggià. Alla morte di uno di noi, tutti i suoi oggetti vengono rimossi da quesssto limbo.- disse il lungo serpente facendo saettare la propria lingua tra gli acuminati canini della maschera -Ne ho già avuto prova.-.
A quanto pare rimanevano ormai pochi avversari, la serpe ne doveva aver già eliminati alcuni. Ma come combattere in quella situazione? La vista era preclusa a tutti e tre i contendenti e muoversi sarebbe stato difficoltoso tra la marea di oggetti rimasti, ma solo chi fosse uscito vivo da quel confronto avrebbe potuto mantenere la propria identità.