Classe A [I]

Controllo del Corpo Lv. 1

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  1. Tamaki-kun
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    -E così dovrei tornare ad occuparmi dei corsi accademici, solo perché gran parte dei sensei è attualmente impiegata in missione?- sbuffai con tono sprezzante ed un poco irritato, guardando il mio sottoposto, il 4° Seggio della Nona Divisione, da oltre la scrivania colma di scartoffie di ogni genere -Forse dovresti essere tu a provare a dirigere qualche corso, potrebbe essere un’occasione per migliorare un poco il loro livello… Con me, invece, gli studenti hanno soltanto la sgradevole tendenza a morire, o a finire gravemente feriti. Credevo che se lo ricordassero in Accademia, visto che fu proprio questo il motivo per cui smisi di insegnare.- .
    -Vorrei che la decisione dipendesse da me, Hanae, ma gli ordini sono stati piuttosto chiari. Sei l’unico shinigami disponibile che abbia delle precedenti esperienze con l’insegnamento…- mi rispose quell’uomo, porgendomi un fascicolo dal quale spuntava un’unica scheda -Si tratta di una sola studentessa, ho fatto delle ricerche e pare che nel suo Distretto si sia subito distinta per delle capacità fuori dal comune.-.
    -Anche un incapace ha la possibilità di distinguersi in mezzo a dei totali falliti. Comunque sia… Va bene, me ne occuperò io.- commentai scuotendo lievemente la testa, conscio che tutta quella situazione si sarebbe soltanto rivelata un’immensa perdita di tempo che avrei dovuto sottrarre ai miei allenamenti. Afferrando una penna d’oca lì vicino, la intinsi nel calamaio e iniziai subito a scrivere una lettera di convocazione per quella studentessa: Rea Minazuki.
    –Tieni, voglio che sia tu stesso a consegnargliela. La cosa non dovrebbe richiederti più di un paio di minuti, conoscendo la velocità del tuo shunpo.-.
    Come gli porsi quella missiva, il 4° Seggio scomparve alla vista. Qualche istante dopo decisi che era arrivato il momento di occuparmi del mio quotidiano giro di sorveglianza lungo i corridoi della Prigione di Sekkiseki, prima di dovermi recare da Hisagi-dono per chiedergli di sostituirmi per qualche ora come Sovrintendente delle Guardie. Avrebbe accettato con gioia, ne ero certo, qualunque scusa era ormai buona per sollevarlo un poco da tutti i suoi compiti burocratici.



    La lettera che riceverai dal mio sottoposto, un ragazzo di circa venticinque anni, alto, dal fisico robusto ma al contempo slanciato, conterrà queste parole:
    CITAZIONE
    I tuoi corsi avranno inizio domani. Fatti trovare alle 9.00 all’interno del Dojo n° 3 dell’Accademia, situato poco oltre i cortili. Non accetterò ritardi.
    Hanae Haru.

    P.S. Sei libera di portare con te qualsiasi cosa credi possa esserti utile.

    Descrivi come riceverai la missiva.
    Una volta raggiunto il dojo sopracitato, troverai un ragazzino biondo, seduto con le gambe incrociate, al centro della stanza. Indosserà la solita divisa di ordinanza di tutti gli Shinigami, ma entrambe le sue maniche saranno state strappate all’altezza delle spalle.

     
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    Svegliarsi. Rendersi conto di essere viva. Aprire gli occhi. Verificare se il posto era lo stesso di quando si era addormentata. Cominciare ufficialmente la giornata.
    Questo semplice e veloce rituale venne svolto da Rea anche quella mattina, seguito dalla consueta scelta dei vestiti e dagli ultimi ritocchi estetici: indossò un kimono corto color pervinca dai bordi sfumati in una tonalità più chiara, legò i capelli in uno chignon fermato da uno spillone d'argento, allacciò i sandali fino al ginocchio e si avvicinò alla sua armeria personale. In una rastrelliera di ebano intagliato facevano bella mostra di sé le sue creazioni più riuscite: tra queste, una coppia di pugnali dal manico in avorio e la lama cesellata, una balestra di legno di ciliegio con una piccola riserva di quadrelli dalle piume di pavone, e una katana dall'aspetto semplice ma elegante, con la tsuba in acciaio lucido a forma di goccia e l'elsa avvolta in nastri di seta nera e rossa.
    Scelse quest'ultima e se la agganciò in vita chiedendosi cos'altro le sarebbe potuto servire. Lanciò una breve occhiata all'orologio, e calcolò che aveva ancora tempo.

    Dunque dunque... Dojo 3, eccolo!
    Con circa un quarto d'ora di anticipo, si inoltrò tra i cortili dell'Accademia fino a raggiungere il portone d'ingresso della sua nuova vita. Non si sentiva spaventata o altro, non lo era mai, ma avrebbe preferito avere qualche informazione sul pubblico. Questa persona, Hanae Haru, si era presentata con un tono piuttosto duro; Rea si era immaginata qualcuno di forte, dal cipiglio militare, insomma qualcuno come il ragazzo che le aveva consegnato la lettera.
    Chiuse gli occhi, mentre riviveva il momento in cui il membro della Nona Divisione si era presentato alla fucina, aveva chiesto di lei, le si era avvicinato velocemente e le aveva consegnato il prezioso involucro. Poi era sparito, rapido come la folgore, tra il fischio ammirato del ragazzo di bottega e il commento "Che maleducato, poteva salutare" della padrona.
    Quelle poche e scarne parole l'avevano condotta lì; riaprì gli occhi, prese un bel respiro, rilassò le spalle ed entrò.

    Dal nome, così delicato, si sarebbe aspettata una donna. Invece di fronte a lei sedeva un fanciullo biondo, dai lineamenti sì delicati come il suo nome, ma dall'aspetto imberbe di un adolescente in crescita. Portava un kimono nero come quello che Rea aveva già visto addosso agli altri Shinigami, con l'unica differenza che il sensei aveva strappato le maniche come segno personale.
    Si va in scena!
    A passo sicuro e aggraziato, quasi i suoi piedi sfiorassero il suolo, incedette con eleganza fino a trovarsi a due metri di distanza dal ragazzo. Si fermò e fece un breve inchino, presentandosi con voce garbata.
    Buongiorno. Il mio nome è Rea Minazuki. Lei è il maestro Hanae Haru?

     
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  3. Tamaki-kun
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    -Esattamente. Sono il 3° Seggio della Nona Divisione e normalmente mi occupo del coordinamento di tutti i membri della Polizia Interna. Da oggi fino al giorno della tua promozione a shinigami, sarò il tuo sensei.- risposi con voce fredda e distaccata mentre, alzandomi, facevo cenno alla ragazza di seguirmi verso il limitare del dojo dove una spessa corda di canapa arrotolata giaceva per terra -Mentre mi occupo di preparare il tuo primo allenamento, ti spiacerebbe dirmi quali sono le motivazioni che ti hanno spinta ad entrare in Accademia?-.

    Ammetto che non avrei fatto particolare attenzione al tipo di risposta che mi sarebbe giunto dalla mia nuova allieva, personalmente ero del parere che le motivazioni per cui aveva deciso di voler diventare una shinigami fossero solo fatti suoi, strettamente autobiografici e il più delle volte perfino noiosi, ma le politiche dell’Accademia a riguardo erano piuttosto severe. Volevano forse evitare qualche folle spinto solo da desideri di vendetta personale si iscrivesse dopo qualche umiliazione subita? Bah, che fosse per un motivo o per un altro, non ero un sensei particolarmente propenso a giudizi moralistici. Mi interessava soltanto che i miei allievi fossero promettenti e riuscissero a darmi qualche soddisfazione, ma generalmente fallivano anche in quello. Odiavo dover insegnare.
    Con movimenti decisi raccolsi la corda e la disposi sui tatami, formando una circonferenza di circa un metro di raggio e posizionandomi poi al centro di essa. Un punto del perimetro del cerchio che avevo realizzato urtava la parete dell’ampio salone, e proprio a quel punto diedi le spalle mentre attendevo che la ragazza finisse di rispondermi.


     
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    Sì, era Hanae Haru, ed era il suo insegnante. Normalmente non faceva il sensei, ma era stato ugualmente assegnato a lei: questo diede a Rea l'impressione che quell'evento era, se possibile, ancora più speciale.
    Non mostrò particolare entusiasmo, ma nemmeno palese antipatia; la ragazza lo seguì mentre le venivano chieste le motivazioni che l'avevano spinta ad entrare in Accademia. Notò in quel momento che il maestro non era Completo: il braccio destro terminava appena sopra il gomito, un taglio netto che poteva essere stato provocato solo da un colpo di spada.
    Un segno di debolezza... O di sacrificio? Sarebbe interessante saperlo, in futuro.
    Si prese qualche istante per riflettere, poi rispose alla domanda con tono tranquillo.
    Sono qui per migliorare, sotto ogni aspetto. Mi hanno detto che questo è il posto più adatto per sviluppare al massimo le proprie capacità... Di qualunque tipo esse siano.
    Il suo sguardo sereno era fisso in quello piatto del sensei. Non si sarebbe più soffermata sul braccio tagliato, era abbastanza educata da sapere che non era cortese fissare. E poi, una volta visto, non c'era più molto da aggiungere; in futuro gli avrebbe chiesto della circostanza in cui si era ferito. Forse. Se ne avesse avuta voglia, cosa assolutamente non sicura.
    Il giovane maestro si era posizionato all'interno del cerchio di canapa; Rea non fece domande, in attesa che le venisse detto cosa fare.
     
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  5. Tamaki-kun
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    -Lo scopo del tuo primo allenamento- esordii con voce fredda e distaccata, assumendo una posizione di guardia che mi prevedeva al centro del cerchio da poco tracciato, ruotando di novanta gradi la mia figura in senso orario mantenendo come perno della rotazione la gamba sinistra, così da offrire alla ragazza unicamente un fianco che fu presto coperto dall’unico braccio rimastomi, leggermente flesso e con il pugno ormai chiuso portato poco sopra l’altezza della spalla -sarà quello di riuscire a spostarmi fuori dal perimetro tracciato. Qualunque strategia tu possa ritenere opportuna sarà considerata valida e, dietro la porta situata in fondo al dojo, potrai trovare alcune armi, nel caso in cui volessi usufruirne. Sappi, tuttavia, che un uso improprio di tali armi si convertirebbe in un maggiore pericolo per te. Non sono solito essere inutilmente delicato con gli allievi.-
    Odiavo le normali asauchi donate dai normali maestri accademici ai propri allievi, motivo per cui avevo già raggruppato alcuni oggetti maggiormente “seri” che la ragazza avrebbe potuto sfruttare, tra cui una comune katana metallica e un paio di sai.


     
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    Spiegato come semplice, l'allenamento si prospettava parecchio impegnativo: spostare il sensei dal cerchio di corda in cui si era sistemato. Una richiesta simile confermava solo l'idea che quel ragazzino dall'aria efebica nascondeva una forza impensabile.
    Va bene disse quietamente, avvicinandosi di qualche passo e fermandosi poi ad osservare.
    Alle spalle del maestro c'era il muro, quindi un quarto della strada era bloccata. Il braccio destro mancante avrebbe potuto fornire un buon punto debole, anche se c'era la possibilità che il sensei avesse studiato tecniche e stili appositi per controbilanciare quella perdita. Nel dubbio, meglio non sbilanciarsi troppo.
    Andò fino all'armeria indicatale dal maestro Haru e gettò una rapida occhiata al suo contenuto; Rea si era già portata varie armi, tenute più o meno celate nei suoi vestiti, e non trovò niente che potesse interessarla. Prese giusto un paio di kunai dalla discreta affilatura, e tornò verso il cerchio di corda.
    Si fermò di nuovo, fissando, soppesando, valutando da che parte agire; si spostò più volte per avere una visione completa del palcoscenico, in modo da sfruttare i punti di luce ed evitare le zone dove il suono rimbombava. Era il suo debutto, il pubblico era esigente, doveva essere al meglio. In tutto questo, il maestro se ne stava fermo immobile, mantenendo la sua posizione.
    Scelse infine il lato senza il braccio; prevedibile, forse, ma con una platea sconosciuta bisognava partire dal repertorio classico. Tanto più che il sensei non si era spostato, nonostante fosse finalmente chiaro da dove Rea avrebbe attaccato.
    Respirò a fondo, lentamente, facendo sua l'aria di scena. C'era lei, il dojo, e a tre metri di distanza il maestro; nessun altro. Si alzò il sipario.
    Scattò in avanti inclinando leggermente il busto, mentre con la mano destra estraeva la katana e con la sinistra lanciava i due kunai. Il primo era diretto alla spalla destra, lanciato dopo due passi fatti in linea retta. Dopodiché la traiettoria della ragazza subì una leggera curvatura, per consentirle di scagliare il secondo all'altezza del bacino, in una posizione più frontale.
    Ora aspettava la battuta del compagno per proseguire; il suo attacco sarebbe dipeso dalla direzione scelta da Haru-sensei per schivare. Qualunque fosse stata, Rea non avrebbe rallentato la sua corsa, e arrivata a tiro avrebbe accompagnato il movimento con un colpo di spada: se si fosse sbilanciato da un lato avrebbe colpito il fianco inarcato dall'esterno verso l'interno, circa all'altezza delle costole fluttuanti; se si fosse mosso all'indietro o in avanti avrebbe tentato un affondo al plesso solare.
    Se malauguratamente fosse rimasto fermo a farsi colpire, sarebbe entrata di peso contro di lui con tutta la sua forza, mirando a piantare la katana nel petto candido del sensei, e possibilmente a smuoverlo un po'.

     
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5 replies since 22/4/2012, 10:27   67 views
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