Classe I [II]

Controllo del Reiatsu Lv.1

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  1. Feferocky
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    Come volevasi dimostrare, Tosei si era adattato subito alla sua nuova stanza, la quale non poteva eguagliare assolutamente l’estetica della scapestrata baracca piccola, ma accogliente, del Rukongai. Aveva già trovato il posto migliore per adagiare il suo folto pelo nero: sul letto bianco di Akane, la quale, ovviamente, per pulire per bene il kakebuton da tutti quei peli, ci aveva messo una settimana intera, tra lavaggi e tirata di peli con la pinzetta. Stava proprio per togliere la trapunta, ormai bianca e luccicante dal balcone, quando Akane sentì come un ronzio strano. Si voltò verso il suo gatto, pensando che fosse l’effetto dei takoyaki nel suo stomaco. Com'era possibile che si fosse mangiato i takoyaki ancora Akane non sapeva spiegarselo.
    -Certo che tu non sei proprio un gatto normale eh, Tose-kun?-
    In genere, i gatti, non tendono molto ad esprimere emozioni con il musetto, eppure, Tosei, in quel momento, per un decimo di secondo, aveva un’espressione che Akane non avrebbe esitato a definire sconvolta. Il suo problema di stomaco doveva essere piuttosto grave. Infatti, subito dopo, scappò a gambe levate.
    Il ronzio ancora non era scomparso. Anzi, si era fatto più persistente e sembrava quasi... vicino.
    La ragazza si girò rapidamente, cominciando a comprendere che la reazione di Tose-kun non fosse stata causata dal suo mal di stomaco, bensì da un intero sciame d’api. Si stava avvicinando vertiginosamente al suo balconcino. Forse attratte dall’odore del pulito o forse no. In quel momento, Akane non potè fare a meno di pensare che si trattasse del suo sapone all’aroma di margherite. Di certo non lo avrebbe usato mai più. In tutta la sua morte (beh, nella sua vita non lo avrebbe mai saputo), non ne aveva mai viste così tante. Le odiava. Odiava qualsiasi tipo d’insetto, ma le api in particolare. La sua reazione fu istantanea. Fuggì a gambe levate, senza pensarci due volte. Si dava la spinta sugli usci delle porte per accelerare e cambiare bruscamente direzione. Non voleva nemmeno guardarsi indietro.
    -Con il rischio che me ne trovo una sulla faccia! Corri, corri. corri!-
    Non conosceva ancora bene la struttura dell’Accademia e, per questo, non sapeva esattamente dove andare. -A destra, no a sinistra, dritto, cambia direzione...-
    -Largo, largo!- urlava Akane, abbandonando ormai l’ultima briciola di raffinatezza che le fosse rimasta.
    Doveva trovare una soluzione il prima possibile. Non aveva la forza per pensare. Doveva solo correre alla ricerca di un possibile riparo. Nel frattempo, strattonava per sbaglio gente che camminava per i corridoi, forse professori, forse shinigami, ma, in quel momento, avrebbe potuto gettare all’aria persino un capitano (beh no. Forse un capitano no). La ragazza sentiva quelle persone dietro di sè che, o urlavano per la paura, o che sfidavano le api ad alta voce e magari con qualche attacco. Akane non volle girarsi per controllare, ma sperò che riuscissero a combinare qualcosa.
    -A giudicare dall’intensità del ronzio, non sembra che ci abbiate messo poi tutto quest’impegno, dico bene?- urlò sguaiatamente la ragazza.
    Ormai dalla sua prima lezione con quell’ironico, cinico e pazzo di Urahara, Akane aveva compreso che il decoro doveva un po’ essere messo da parte. Nonostante Akane avesse imparato a disprezzare profondamente quell’uomo (beh, non che ci volesse molto), era cosciente (ma non lo avrebbe mai ammesso) che gli avesse insegnato più cose lui in un’ora, che i suoi 300 anni nel Rukongai. Anzi, strano e matto com’era, poteva persino essere lui il fautore di tutto quel casino delle api.
    -No, non può essere...-
    Poi, un bagliore di speranza si accese. Le api stavano quasi per raggiungerla ma, come sempre, la soluzione migliore è la più semplice: un’aula. Cosa c’è di più semplice che chiudersi in una classe?
    Così, voltò l’ultimo angolino, curvando bruscamente direzione, prendendo in corsa un palo con il braccio destro. Eccola lì. Quella spinta le aveva dato un piccolo vantaggio, ma stavano per prenderla per davvero.
    -Corri, Akane, corri, dannazione!-
    Entrò e chiuse con forza la porta. Il ronzio si sentiva ancora. Era vicino, ma ormai non potevano più fare nulla. Akane, ancora con il fiatone, tirò un sospiro di sollievo, lasciandosi cadere sulle ginocchia, esausta.
    -Da quand’è che sono diventata un fiore così avvenente?-
    La ragazza alzò la testa e vide di non essere entrata in un’aula qualunque: era una stanza non molto grande, ma piuttosto particolare, forse arredata per qualche esercitazione precedente.
    -Ma sì. Si saranno dimenticati di togliere l’armamentario.-.
    C’erano tre piccole camerette in vetro in sequenza e in ciascuna vi era una sedia. Akane si avvicinò alle camerette e, alzando la testa, il suo bellissimo volto divenne pallido. C’era il suo nome lì.
    -Anche quello di Kaito... e quello di Ilyan... ma cosa...?- Akane si interruppe e la sua espressione divenne furiosa. Non aveva capito cosa significassero quelle sedie, ma una cosa era certa: in tutta quella storia non poteva che andarci di mezzo lui. La ragazza, con un sorriso malefico e con gli occhi che lasciavano trapelare il suo solito istinto omicida, sussurrò tra sè e sè:
    -Bastardo di un Urahara!-
     
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