Classe C [I]

Presentazione + Controllo del Corpo Lv.1

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  1. Belfagor90
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    Le mie scuse ve le ho già fatte in Chat, ma le rinnovo in questa sede. Manderò mp a tutti per avvisarli del tanto sospirato inizio e molti, giustamente, mi manderanno a cagare. Accetto questo triste destino e pertanto metto un limite di tempo di 4 giorni nel caso qualcuno non risponda alla chiamata alle armi. XD

    Sensei: Urahara Mouryou (Belfagor90)
    Allievo: Kaito Aizawa (Nieddy)
    Allievo: Eiji Sakato (~Near)
    Allievo: Isoruko Kisho (Lul~)
    Allievo: Faei Relra (°LoxaS)
    Allievo: Akio Tokokaku (Alex932)

    Qualche piccola nota prima di iniziare così io non mi faccio il sangue cattivo e voi evitate errori imbarazzanti.
    Dovete fare post di non meno di dieci righe; usate pensieri, sensazioni o quel che volete ma cercate di non fare post corti o vi garantisco che fallirete l'azione nel 90% dei casi.
    Niente abbreviazioni da sms, siate corretti grammaticalmente e rileggete quel che scrivete onde evitare svarioni perché alla lingua italiana ci tengo.

    Cercate di interpretare il vostro personaggio in maniera opportuna; nella scheda avete specificato delle caratteristiche quindi cercate di rispettarle il più possibile. Sono permesse evoluzioni di carattere, ma cercate di svilupparle più avanti nel gioco.

    Siate originali, un post "innovativo" aiuta a rendere la lettura divertente e aiuta a guadagnare punti così come un post PRECISO. Se mi scrivete "attaccai" io, o comunque il vostro avversario, ho libera scelta di decidere come attaccate e ciò vuol dire anche che posso farvi fare mosse completamente stupide o suicide. Più descrivete il colpo meno errori ci saranno, quindi al posto di "attaccai" potete benissimo mettere "corsi contro il mio nemico affondando la mia spada dritto verso il suo cuore". Più lungo e d'effetto, non trovate? Se poi aggiungete, sempre sulla stesso esempio, qualcosa sul sangue pulsante, la voglia di uccidere, sentire la spada pesante o leggera, il rumore dell'aria durante la corsa, il suono dei vostri passi, etc etc la cosa non è assolutamente malvista. Posso garantirvi che anche alzare una mano può essere descritto in venti righe!

    Consiglio sempre l'utilizzo di Microsoft Word o Open Office per una stesura preliminare del vostro post. Questi programmi hanno delle opzioni di correzione abbastanza buone ed eviterete almeno gli errori di battitura (quelli di grammatica e sintassi stanno a voi).

    Rispettate la turnazione ovvero dopo un post mio fate uno e un solo post vostro.

    Sensei
    allievo 2
    allievo 1
    allievo 3
    Sensei

    L'ordine in cui rispondete voi non ha importanza, basta che ci sia un solo vostro post dopo ognuno dei miei.

    Non siate auto-conclusivi e non descrivete gli esiti delle vostre azioni:
    - tento di colpire XXXX = OK
    - colpisco XXXX e gli faccio un gran male = EPIC FAIL + PUNIZIONE

    Iniziate senza armi particolari e solo la tenuta da allievo che vi viene recapitata in un pacco regalo: bianca sopra con un hakama blu se siete un ragazzo, rosso se siete una ragazza.

    Se avete domande, inseritele sotto spoiler alla fine o all'inizio del post, mai in mezzo, oppure mandatemi un MP (Messaggio Privato).

    Buona ruolata e non vogliatemene se vi causerò qualche danno permanente ^^



    Quando il mondo prende una brutta piega sapete qual è la cosa peggiore? Che la maggior parte delle volte il fato non ha neanche il buon gusto di farsi annunciare. Oddio, proprio "brutto" il destino di quei cinque ragazzi non era, in fondo si erano comunque guadagnati l'attenzione della famosa Accademia per Shinigami. Se ce l'avessero messa tutta, un giorno avrebbero potuto entrare tra le fila di quei potenti guerrieri spirituali!
    E dov'era, allora, tutta la sfortuna di cui si sta parlando da un pezzo? Beh, diciamo che all'Accademia s'insegnano tante cose, ma è costume che un solo insegnante segua una classe fino al diploma e... ci sono, ovviamente, insegnanti e "insegnanti".
    A loro era toccato forse il peggiore della seconda categoria e lo avrebbero scoperto presto, quando una mattina si svegliarono con una strana sensazione sul petto. Un rapido controllo e... orrore! Qualcuno aveva scritto qualcosa sui loro toraci e non andava via! Che fosse un... tatuaggio!?!


    Ebbene, sì, siete stati tatuati nel sonno senza che ve ne accorgeste. Non temete, sono quelli che vanno via col tempo quindi i vostri pg non saranno sfigurati morte natural durante XD
    Il testo che vi ritrovate stampato sopra recita: "Vieni al portone dell'Accademia Shinigami domani alle 9.00, UM". Sono così buono che vi concedo pure la libertà di avere ognuno uno stile personalizzato di scrittura e di orientamento del messaggio. Quindi uno potrebbe benissimo averlo scritto in stampatello e un altro con caratteri gotici, uno per orizzontale e uno per verticale, sbizzarritevi ^^
     
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  2. Alex932
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    Narrato
    Parlato
    Parlato altrui
    Pensato

    Scusa il ritardo!


    Erano ormai le 11.37, un orario particolare nella mia vita di allora: ogni notte andavo a letto ad un orario diverso, ma ogni mattina sapevo che mi sarei svegliato alle 11.37, lo sapevo di per certo perché qualche tempo prima, in un indeterminato passato che non mi era dato ricordare, probabilmente perché antecedente al mio insediamento in quella casa o baracca che dir si voglia, una pietra, un missile sparato da un lanciarazzi o probabilmente la testa di un hollow molto piccolo avevano causato nella parete di legno scadente della camera da letto in cui avrei dormito da allora in poi un buco di dimensioni medio-larghe, tendenti al piccolo, nel quale alle 11.37 precise di ogni mattino l'inclinazione dei raggi del sole faceva in modo di mandare la luce dritta nei miei occchi; non avevo mai pensato di cambiare sponda del letto.

    Fatto sta, che nemmeno quella mattina l'orario del mio risveglio fece eccezione, secco e intenso sole d'estate del rukongai mi entrò come al solito in casa di soppiatto, come un ladro gentiluomo che cerca di entrare nella casa del ricco signorotto; effettivamente quella notte un ladro era entrato nella mia casa, non proprio gentiluomo, ma me ne sarei accorto solo in seguito.
    Undici e trentasette. Sono le undici... E trentasette. borbottavo tra me e me, come ogni mattina, rotolandomi come un verme un modo da scivolare dal futon al pavimento per poi alzarmi con la vivacità di undici bradipi disabili; finalmente in piedi, mi dirigevo verso la cucina, o meglio una stanza con un tavolo e un mobiletto in cui era possibile trovare del pane a volte, e più spesso la mattina mia sorella, come avevo cominciato a chiamarla da due mesi, una settimana, due giorni, quattro ore e dieci minuti (ora del mio arrivo in cucina si erano fatte le 11.40), intenta a cercare di cucinare qualcosa.

    Akiooooo-chan! E' pronto!
    La colazione è il pasto più importante della giornata; in effetti il corpo durante il sonno rimane a digiuno per circa otto ore, nel mio caso nove ore e trentasette secondi.
    Uhm...

    Era passato un po' di tempo dalla colazione, che mi ero trovato per un periodo di tempo indefinito della durata esatta di quarantacinque minuti a contemplare il cielo, pensando all'impotenza costitutiva dell'essere umano che viene generato in un luogo e in un tempo predefinito su cui non ha la minima scelta decisionale. Ero arrivato infine alla conclusione che se fosse stato possibile scegliere in questo momento nessuno si sarebbe trovato nella mia condizione, e sarebbero tutti nello stesso spazio/tempo, generando un sovraffollamento dimensionale esagerato, e avevo quindi deciso che non era poi così male stare dove stavo.
    Dopo questa breve parentesi, comunque, mi accorsi che erano passate le quattro del pomeriggio, e non avevo ancora concluso nulla negli ultimi due anni, e pensai anche al fatto che nella scorsa settimana mi ero iscritto all'accademia shinigami sotto costrizione di mia sorella, e non mi sarebbe dispiaciuto parteciparvi, ma allo stesso tempo non attendevo con troppa esitazione l'esito della mia iscrizione. Infine, mi ricordai che erano due giorni che non mi facevo una doccia, e sarebbe stata anche l'ora di farlo: fu così che mi diressi verso il bagno, che in realtà era una stanza con uno specchio, un rubinetto ed un secchio e cominciai a farmi la doccia, finché non vidi che l'acqua stava assumendo uno strano colorito nero, fu così che mi girai verso lo specchio per controllare cosa succedeva, e vidi una strana scritta che aveva preso possesso di buona parte del mio sottile torace: la scritta non era particolarmente curata, né piacevole alla vista; la frase recitata non era né troppo concisa, né troppo prolissa, a ripensarci era solo poco elegante.

    La osservai per qualche secondo con sguardo vacuo.
    Uhm... Ok.
    E il giorno dopo ci andai.
     
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  3. °LoxaS
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    Non si poteva certo dire che avesse passato un sonno tranquillo, ma almeno il sonno, se non la notte, era andato. Le sue palpebre chiuse avevano sbarrato l'accesso a nuovi pensieri e avevano rinchiuso nella sua mente quelli più vecchi e rancidi, sconvolgendoli e rivoluzionandoli. Aveva quindi sognato di quella volta in cui uomini senza volto e senza anima l'avevano appesa con del filo sottile e tagliente lungo tutta la circonferenza dei suoi morbidi polsi. Facevano evidentemente il tutto, loro, solo per stupirsi di vedere bucata e lercia una pelle che agli occhi di nessuno, visto che gli interlocutori di lei erano senza volto così come senza occhi o sguardo, mancava d' agognata purezza.
    Lei si svegliò solo dopo che l'ebbero scarnificata viva, contenta di poter finalmente urlare.
    Era sudata, spaventata e, cosa peggiore di tutte, ricordava l'incubo da cui si era fisicamente svegliata in modo troppo vivido e reale. Come non fosse infondato, come se qualcosa in lei fosse fuori posto ed estraneo a sé. Solo per coincidenza, forse, la casacca che sempre indossava divinamente era aperta... non poteva accettarlo! La sua mente non resse e lei scattò in aria, cadendo dal suo giaciglio, ritrovandosi sul duro e freddo terreno vicino ad un pacco che non riconosceva come suo. Lo aprì, prima di tornare alle violenze fisiche ricevute. Era intenta a rinviare il duro colpo infertole dall'ingannevole vista il più a lungo possibile. Scartò quindi con lentezza finchè non vi fu più nulla intorno all'abito rosso, che inizialmente non riconobbe come avrebbe dovuto: pensò le fosse capitato il più malato degli uomini. Pensò che quest'ultimo non solo l'avesse visitata nella notte, ma avesse anche avuto la cortesia d'informarla di essere una rossa vergine e vittima sacrificale e che, prima o poi, sarebbe venuto a prendere ciò che di diritto era suo. Ma di diritto tua un corno! Si ritrovò sorpresa ad urlare in risposta ai suoi stessi pensieri e capì: capì che doveva calmarsi e stare al gioco. Perché solo così avrebbe potuto incontrare questo malato patologico e recapitargli la sua cortese risposta, adattandola ovviamente al proprio carattere. Si gasò al solo pensiero di ciò che gli avrebbe fatto dopo averlo acciuffato. Bastardo... Ti riempio di buchi, faccio di te una groviera e ti do in pasto ai topi. Ma, prima, avveleno la tua carne così che essi muoiano al tuo fianco e predatori più grandi e vermi, vi raggiungano e facciano di te dimora, spogliandoti di ciò che dimenticherò di toglierti. Fu solo con questa nuova forza e rabbia, che riuscì a togliersi il tessuto di dosso e a guardarsi il petto che quel maniaco aveva adocchiato, offrendole ora conati di vomito. Tatuata sulla sua pelle vi era una scritta indecifrabile, forse era latino o, greco. Si ricordò che un suo amico le narrò una volta di una storia greca, davvero strana e deviata: quelle incisioni sulla sua carne non potevano che essere greche.
    Ciò che vide fu:
    "ɯn '00˙9 ǝllɐ ıuɐɯop ıɯɐƃıuıɥs ɐıɯǝpɐɔɔɐ,llǝp ǝuoʇɹod lɐ ıuǝıʌ".
    Non capì niente, se non il nove, che dopo lo 0 doveva star a significare i minuti, forse novanta. "Ma certo! L'una e mezza! Vuole vedermi all'una e mezza!" Pensò, ancora con la mente contaminata dall'accaduto.
    Ora, quindi, aveva un orario, ma le mancava ancora il dove e forse, anche di più. Ma d'altronde era così scuro, quella notte, che non sapeva nemmeno che ore fossero: poteva persino essere in ritardo! E per certo non si sarebbe potuta permettere di mancare nell'essere un giustiziere: ora che ci pensava, quello, poteva anche essere un modo per farsi notare dai piani alti, cui ambiva. Poteva essere un modo per farsi notare dagli shinigami! Non tutti i mali vengono per nuocere, forse. E so che non ne sarò in grado, ma... E con queste parole in mente afferrò convulsamente un pezzo di legno che usava come katana ... non mi importa! Ti farò a fette!
    Con la nuova e fresca consapevolezza di fare a fette un pazzo malato, che molto probabilmente aveva mietuto molte più vittime di lei -che, puntualizziamo, era a quota zero- con un grezzo pezzo di legno, si vestì del rosso appena ricevuto e si avviò!
    Passò tutta la nottata con quel solo bastone e abito rosso, a cercare la sua destinazione con frenesia: alla vista sembrava la versione pazza di cappuccetto rosso cui venuto a mancare il cacciatore, aveva dovuto farsi giustizia da sola con quel simbolo affettivo che poteva essere divenuto il bastone.
    Probabilmente fu solo perchè si allontanò tanto dalle persone che conosceva, dal suo quartiere, che i nuovi estranei riconoscendo di lei solo l'abito, la portarono a destinazione. Alla vera, destinazione.
    E lei, stranamente, non si oppose. Sapeva di dover giustiziare un criminale, ma non si oppose all'essere trascinata da tutt'altra parte: delle normali persone non potevano mica sapere dove un maniaco si nascondesse, o l'avrebbero già fatto sparire coi forconi! Lei stessa si chiese come mai fosse stata così... comprensiva, ma questo solo dopo che si fu svegliata. Quegli incoscienti l'avevano rimpacchettata e spedita, timorosa degli shinigami, senza neppure svegliarla!
    Che fossero dannati. Ora, quasi alle nove, alle soglie dell'accademia shinigami, Faei si rendeva finalmente conto che non conoscere il greco le era stato fatale: aveva sbagliato tutto, quella notte. E col venire del giorno, col mancare a quel sinistro appuntamento, aveva perso anche la sua probabilmente ultima possibilità, di ritrovarsi dove ironicamente era adesso. Nell'unico posto in cui sarebbe voluta essere. Con la stanchezza fin dentro la pelle, le ossa e la mente, sosprirò. E si lasciò a terra con lo sguardo libero, a vagare per il cielo. Non erano le nove, ma avrebbe assolutamente prolungato la sua permanenza.

    Scusate il ritardo, ma mi ero rassegnata al fatto che non apriste e ho visto solo ora...
     
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  4. Nieddy
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    Narrato Pensato Parlato Parlato altrui


    Scusate il ritardo e solo che ormai pensavo non avreste più aperto l'allenamento, inoltre l'mp i è arrivato solo domenica.


    Erano ormai passati mesi, forse anni, dalla mia ipotetica morte corporale e per me non aveva nemmeno senso tener conto del tempo. Avevo trovato alloggio in una vecchia catapecchia al limite del Rukongai, posseduta da una coppia di anziani pescatori molto gentili e cordiali. Passavo le mie giornate aspettando un'esito dall'accademia shinigami e nel contempo svolgendo commissioni per i due anziani signori. Ero anche riuscito a raccattare una vecchia e rovinata katana di legno, ogni tanto mi piaceva immaginare di essere ancora lì sul ring evitando fendenti avversari, ma ormai quei tempi erano finiti e la mia noiosa vita del tempo non mi dava emozioni che mi spingessero ad andare avanti. Guerrieri in nero che combattono i demoni mangia anime...hollow...mi sembra. L'accademia shinigami era l'unica cosa per cui ancora portavo interesse e probabilmente la possibilità di riusare una katana vera mi eccitava abbastanza. Un giorno però qualcosa cambiò, mi svegliai una mattina con un fastidioso dolore al petto e guardandomi allo specchio notai un'imponente tatuaggio riportante le seguenti parole : "Vieni al portone dell'Accademia Shinigami domani alle 9.00, UM". Bene... Oba-saaaann Lanciai un'urlo disperato alla vecchia proprietaria di casa che accorse subito in mio aiuto. Che succede Kaito-kun ?.. Oh cielo il tuo petto! Al portone dell'accademia shinigami domani alle nove? che ti abbiano accettato come loro allievo? Ne dubito assai Oba-san, chi è il pazzo che mi tatuerebbe di notte solo per convocarmi.Andrò a chiedere spiegazioni! Una volta copertomi più che potevo, uscii di casa correndo ma venni intercettato da un corriere che mi recapitò un pacco contenente la tunica dell'accademia. Che mi abbiano accettato veramente ? , non posso che aspettare fino a domani. Deciso e motivato dopo quell'evento, indossai la tunica e presi in mano la vecchia katana di legno, iniziando a esercitarmi per il resto della giornata. Ho sentito dire che questi "Shinigami" possiedono dei poteri speciali e doti combattive al disopra di quelle dei comuni mortali, che sia vero? A fine giornata mi coricai stanco e sudato e senza nemmeno lavarmi mi addormentai come un sasso. Il giorno seguente, mi svegliai alle sette del mattino e dopo una doccia fredda e una ricca colazione mi avviai verso il portone dell'accademia shinigami. Arrivai al portone con un leggero anticipo e ad aspettarmi vi erano altre due persone.La prima, una donna un pò bassa con dei lucenti capelli arancioni e occhi gialli come quelli di un gatto. Mi mette leggermente in soggezione... La seconda, un ragazzino molto esile dalla pelle chiarissima con grandi occhi verdi . Ok, lui è davvero inquietante... Entrambi portavano la tunica da allievo e questo mi fece supporre che erano entrambi allievi come me. Feci un cenno con la mano sinistra alle altre due persone e con molta calma mi sedetti circa due metri lontano da loro. Il cuore mi pulsava forte e nell'aria si poteva percepire tensione, tutti quanti compreso me aspettavano qualcuno o qualcosa. Sono pronto!
     
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  5. Belfagor90
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    Allora direi che siamo abbastanza. Si parte e chi si è visto si è visto. Mi pare di aver aspettato più che abbastanza e avere tre persone mi sembra un ottimo risultato.
    Passiamo ora a qualche bella correzione...
    Alex: Ok, il tuo pg è una specie di emo impassibile e questo si può fare. Quello che mi scoccia un po' è l'ultima riga, non credi di essere stato un filino TROPPO impassibile? E poi, lo dico a tutti, ricordiamoci che siamo in un ambientazione da medioevo giapponese e quindi... docce? bagni? specchi? MUAHAHAHAHAHAHAHHH!! Aspettiamo di diventare come minimo allievi ufficiali e si vedrà XD
    Loxas: bel modo di mescolare un po' di tetro ad una situazione ridicola come il non capire che la scritta era al contrario. E' uno stratagemma piacevole che mantiene il carattere del tuo pg ancora un po' nel mistero e lascia aperte molte vie di evoluzione e sfaccettature di personalità. Quanto al ritardo, ti chiedo perdono. Siamo pochi e appena uno ha dei problemi d'orario si scatena il caos. D'ora in avanti farò del mio meglio per rimediare ^^''
    Nieddy: C'è, ehm, un po' di casino. Ti consiglio in primo luogo di andare a capo ogni volta che passi dai dialoghi alla narrazione, tanto per rendere più facile e scorrevole la lettura, oltre a facilitarti la possibilità di ricontrollare quanto scritto.

    Non pensate neanche per un istante di leggere solo quanto dico a voi di persona! Quello che dico ad altri può valere benissimo anche per voi, quindi attenti!
    E ora... A NOI!!



    Urahara Mouryou, insegnante recidivo anche una volta diventato un ufficiale di alto grado della sua brigata, era divertito da ciò che vedeva da sopra l'arcata del portone dell'Accademia. Come un puntino nero sul grande edificio bianco come la neve, lo Shinigami guardava con sguardo famelico affettuoso le sue nuove cavie i suoi nuovi allievi.
    Quella notte si era divertito alle oro spalle con quel piccolo trucco, ma sperava vivamente che non si fossero shockati per così poco. Aveva ancora tante bellissime cose da proporre.
    - MUAHAHAHAHAAHAHAHAHAHAHHHH... - la sua risata si spense quando si accorse di aver fatto un piccolo, ma vitale errore: mai gridare troppo forte se vuoi rimanere nascosto. Ora si erano accorti di lui e leggeva un po' di perplessità visto che era un tizio capellone che se la rideva bella grossa standosene in piedi a mezz'aria a qualche decina di metri da terra. Ci sarebbe rimasto male anche lui se avesse visto qualcosa del genere, ma soprattutto non avrebbe pensato delle cose positive... occorreva sviare la loro attenzione!
    - Ehm... TREMATE... ehm... MORTALI! IO SONO IL TERRIBILERRIMO... err... URAHARA MOURYOUMAN! SI'! E SONO QUA PER UCCIDERVI TUT- cioè, TESTARE LE VOSTRE ABILITA' COME SHINIGAMI!!
    Come al solito, nei momenti di necessità so tirare fuori la mia vera intelligenza e trovare un modo per salvare la faccia.
    - Avete ricevuto il mio invito, vero? Spero che adesso non mi considererete un "amico per la pelle", eh? Certo, posso dire di "aver lasciato il segno", ma...
    Avevo o no la strana impressioni di aver appena fatto delle gran battutacce? Non lo nego, in brigata e fuori venivo spesso mazzolato per motivi del genere. C'est la vie!
    - Lasciamo perdere. Ordunque, ammasso di vermi, io sono Urahara Mouryouman-sensei e testerò le vostre abilità per vedere se siete degni di ricevere i miei insegnamenti. Il vostro esame di ammissione sarà... prendere quel gattino indifeso lì dietro. Facile no?
    Mi scappò un piccolo ghigno. Sembrava una prova presa a caso, vero? Beh... si sarebbero ritrovati sorpresi come centinaia prima di loro. Intanto quel gattino alto a malapena quindici centimetri al garrese che si stava leccando la zampina era mio e quei tre non potevano saperlo, ma non esisteva studente o insegnante che osasse andargli vicino.
    Il perché? Lo avrebbero scoperto presto, oh sì...
    ODDIO, QUASI DIMENTICAVO!
    Con una specie di sibilo lo Shinigami scomparve e riapparve in un batter d'occhio in mezzo al terzetto riunito lì sotto. Un movimento istantaneo e impercettibile noto come Shunpo di cui forse avevano sentito parlare.
    - Prima di cominciare la caccia al gatto mi piacerebbe sapere qualcosa in più su di voi. Sulla scheda di classe c'erano solo i vostri nomi e le foto, ma scommetto che avete qualcosa da dire con tutto il cuore prima di cominciare. Sputate il rospo.
    Mi ci volle qualche secondo per realizzare che forse, e dico forse, la domanda era stata posta nella forma non proprio corretta. Era da ieri che parlava e ragionava in maniera non proprio lucida. Sigh, dura non dormire abbastanza la notte per colpa del lavoro.


    Avete un sensei pazzoide, quindi vi avverto che la narrazione potrà risultare caotica in parecchi punti. Se avete dubbi, domande o altro, sentitevi liberi di mandarmi pure un mp ;)
     
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  6. °LoxaS
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    Era incredibile. Si dice che la realtà, alla fine, riesca sempre a superare la fantasia. Ma la fantasia non deriva forse dalla stessa percezione, passata o non che sia, della stessa realtà rimodellata? La realtà non supera la fantasia: è la stessa fantasia a soffrire di una doppia, differente, esistenza. E la sua, di fantasia, in quel momento ce la stava mettendo davvero tutta. Ma davvero, davvero.
    Un attimo prima si era lasciata cadere a terra, lo ricordava. Con i suoi obiettivi ben in mente, con lo sguardo rivolto ad essi e al mutabile cielo. Ed ora sapeva di star sicuramente sognando. Perché quel momento di paura e di incertezza era passato così in fretta, cambiando nel suo stesso opposto. Come una nuvola è drago, l'essere più maestoso e fantastico, un evento negativo si redime ed oltre il fato, segue il volere dell'anima cui appartiene. Un pazzo era divenuto uno shinigami che fingeva d'essere un pazzo o, forse, un pazzo che fingeva di essere uno shinigami; ed una cicatrice, un brutto ricordo, era diventuta la battuta più fantastica che avesse potuto immaginare! Rise di gusto, immersa da sadismo proprio: tanto era solo un sogno, lo sapeva. Poi, tra le tante cose che nel riflettere sul proprio stato, sentiva, una in particolare la colpì: la misteriosa, ma appariscente personalità apparsa, visibile, udibile, parlava rivolta a più persone. Si guardò intorno, confusa. C'erano due ragazzi, due sconosciuti. Quand'è che erano arrivati? Immersa in se stessa, non si era nemmeno accorta, di nulla. "ammasso di vermi" Udì poi e per la sua autostima, sarebbe potuto essere fatale. Ma quello era un sogno e, lì, aveva già i mezzi per scrollarsi il tutto di dosso: si era appena guardata intorno e, quei due ragazzi, dovevano ovviamente essere l'oggetto di discussione. Ovviamente, dovevano. Però il gattino posso provare a prenderlo pure io, ne sono certa. O quel sogno non avrebbe avuto alcun senso d'esistere e lei avrebbe persino potuto svegliarsi. E visto che era anche lei interpellata nella sfida, il suo cuore avrebbe dovuto parlare. Perché sì, quello era il primo passo. E sarebbe stato più veloce di uno shunpo! "Scommetto che non te l'aspetti, ma non ho mangiato alcun rospo!" Beh non era certo la cosa più intelligente da dire visto che le parole dell'altro erano solo un detto che lei ovviamente, da estimatrice del mondo umano, conosceva perfettamente; ma essere intelligenti non poteva far certo parte della sfida! E poi, quelle parole, le erano venute spontanee! Non v'era alcun modo di bloccare la spontaneità e nessun modo di bloccare l'imbarazzo: in preda a del rossore, del calore improvviso, andò a cercare il gatto. Che era meglio.
    "Miaao, Miaaooo" Per catturare un gatto, devo essere un gatto. E pensare, come tale, agire come solo i felini, possono. Le sue mani senza artigli, i suoi palmi senza velluto, non avrebbero potuto però mai saltare, mai scalare e graffiare come le zampe del più inetto dei gatti. Senza contare che la sua lingua non era ruvida abbastanza. Dannazione! E' inutile provare! Non sarò mai un gatto, non ce la farò mai. Ma se si accorgeva di essere pessimista, di mancare di autostima, non poteva non porvi rimedio. "Miaaao" Esclamava, inutilmente. Anche fosse stata un gatto, non avrebbe conosciuto la lingua. Aveva appena sperimentato su se stessa la desolazione portata dal non sapere il greco, così importante nella vita e, come se non bastasse, si aggiungeva anche quel diretto affronto: l'importanza del conoscere il "gattese" la colpì, con tutta la sua forza. Si rialzò, dal ritenersi animale. Tornò umana degna d'intelletto, priva di intelletto. Com'è che davvero si può catturare un gatto, spirito libero per eccellenza? Apparte il miagolare, si intende... Forse c'era o, almeno, era quel che credeva. Se la libertà era ciò che un gatto viveva, ciò di cui si circondava, solo altra libertà l'avrebbe attirato. Ora lei era un gatto disinteressato, libero. Faceva ciò che voleva, quando lo voleva e ora, voleva solo godersi lo spettacolo. "Provate a catturarci vermiciattoli! Ma anche se provate non ci riuscirete, mai!" Non voleva affrontare nessuno, con quelle sue parole. Nè tantomento voleva sembrare pazza. L'unica sua intenzione era quella di interagire col gatto. Tramite le emozioni e le vibrazioni. Come un cobra gustava la paura forse un gatto, in quel momento, sarebbe potuto essere suo amico. Lo sperò caldamente. Aveva davvero bisogno di un amico in quel momento: non aveva davvero, davvero la più pallida idea di quel che stava accadendo di quel che stava facendo. E per di più, sembrava non svegliarsi più.
     
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  7. Alex932
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    Narrato
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    Più veloce di un treno, ma che dico neanche so cos'è; più veloce del più allenato cavallo di stirpe guerriera, di quel fulmine che qualche giorno prima vidi trapassare in due un albero incendiandone le foglie; probabilmente anche più veloce di quello stesso insetto che risiedeva da ormai mesi nel mio futon, ogni giorno in luoghi diversi e con cui avevo dovuto imparare a convivere per colpa della sua appunto superiore velocità.

    Questo era quella specie di movimento che il sensei (così lo chiamerò d'ora in poi a puro scopo narrativo, seppur le sue facoltà mentali purtroppo non gli consentivano di insegnarmi alcunché) aveva sfoggiato dinnanzi a quei tre studentelli pienamente inconsapevoli di ciò che stava succedendo. In effetti altre due persone si erano recate nel frattempo davanti a quel portone tanto grande e curato, a pochi metri dalla più totale miseria del rukongai. Nulla di che. Persone, per giunta dall'aspetto noioso, non come il monossido di carbonio, che non ti delude mai. Evviva il monossido di carbonio.

    Effettivamente quello che mi incuriosiva di più, se così si può asserire, era il sensei, che d'ora in poi chiamerò "quello" perché ho appena cambiato idea.
    Tornando infatti al discorso poco fa introdotto, quello, era appena apparso tra di noi facendo disgustosamente sfoggio della sua velocità, ma mostrando allo stesso tempo qualcosa di fortemente fortemente e fortemente interessante; un movimento che mi aveva fatto salire un leggerissimo brivido su per la schiena, perché di questo si trattava effettivamente, un movimento. Nulla come un teletrasporto o invenzioni del genere, che non potevano esistere nella vita reale, ma un vero e proprio movimento che sfruttava la forza corporea e l'energia spirituale, ma che mi era stato possibile vedere solo con la coda dell'occhio, tenendoli aperti a forza senza sbattere ciglio per farli reidratare. Non vidi in effetti tutta la parte del movimento, riuscii solo a vedere l'immagine di quello in mezzo all'aria per meno di un millesimo di secondo, mentre invece lui si trovava già qui. Fatto sta che non mi ci sarebbe voluto molto per impararlo a mia volta, nonostante non ne avessi ancora compreso le basi.
    Tralascerò ogni possibile descrizione sulla personalità di quello.

    Ebbene, in pochi secondi quattro avvenimenti suscitarono in me l'idea che in realtà mi trovavo in un ambiente per poco malsano (li catalogherò di seguito per meglio farvi comprendere le radici della mia argomentazione):
    1- Un gatto apparve dal nulla
    2- Il sensei ci chiese di prenderlo
    3- Il sensei si rimangiò le parole appena dette per chiederci di presentarci
    4- La donzella che fino ad allora era stata a guardare chiunque con uno sguardo tra l'odio e il risentimento per qualche strana ragione prese un modo di dire alla lettera e si mise a miagolare.

    Tutto questo mi portò a supporre varie conclusioni: tutto ciò che era avvenuto fino ad ora era in realtà puro frutto della mia mente, e nulla era realmente accaduto, in quando la luce del sole non aveva ancora colpito i miei occhi e il mio corpo si trovava ancora in stato simil-comatoso ad espletare il ristoro dell'organismo; questa pantomima mal recitata era in realtà un trabocchetto del nostro vero sensei, che aveva mandato un idiota, probabilmente il fratello (e in questo caso sarebbe davvero un brav'uomo, a prendersi cura del suo fratello ritardato), per osservare se eravamo motivati abbastanza da seguire anche l'ultimo dei perdigiorno pur di avere un diploma in quel posto.

    Beh, purtroppo aree del mio cervello non abbastanza metabolizzate non mi permettevano di sviluppare questi miei pensieri, perché quello, che chiamerò da ora il fratello del sensei per rispetto verso quel buon uomo che riusciva a lavorare e occuparsi dei familiari allo stesso tempo, aveva attirato la mia attenzione con quell'immagine che aveva richiamato che non riusciva proprio a convincermi.
    Il... Il... Il cuo-cuo-cuore.
    Fu tutto quello che riuscii a dire prima che la mia bocca si seccò completamente rendendomi impossibile parlare.
    Il cuore è un organo, merda, serve a pompare il sangue e non ci si può parlare. Avresti dovuto dire parlare con tutte le corde vocali, o a gran voce, brutto idiota. La grande romanticità attribuita a quel muscolo violaceo non è nient'altro che una mistificazione della società occidentale dovuta all'erronea identificazione di quest'ultimo con il disegno stilizzato di un fondoschiena visto dall'alto.

    Ok, probabilmente avevo ancora qualche problema a livello verbale, e per questo motivo la presentazione non era riuscita benissimo, ma che importa, dopotutto il vero sensei era da qualche parte nascosto negli alberi come un ninja a valutare il nostro impegno, e ce l'avevo messo tutto, dato che avevo ascoltato fino alla fine il discorso del fratello del sensei, ed ero giunto ad una ben precisa e ponderata analisi.
    In effetti sembra molto facile prendere quel gatto. Mi sembra abbastanza ovvio che ci sia sotto un trabocchetto, anche abbastanza elaborato, probabilmente un indovinello... Fammi pensare, la casualità della richiesta, di prendere un gattino che probabilmente era la prima volta che il sensei stesso vedeva, il fatto che questi altri due studenti siano qui... Chi mi dice che le classi di quest'accademia siano da tre persone, e se invece fossero da due? Ci dev'essere per forza un infiltrato, ed è sicuramente tra di noi. Non è quindi il gatto colui da trovare ma...

    Miao
    La ragazza aveva appena miagolato.
    Gatta... Catturare una gatta... La gatta ladra. UNA SPIA!
    TRADIRSI COSì!
    Una forte dose di adrenalina venne scaricata istantaneamente nel mio corpo, provocando una tempestiva deviazione del flusso sanguigno verso i muscoli, in particolare quella degli arti; un'interessante stato mentale che stava all'esatta soglia tra la paura e l'eccitazione; una particolare prontezza fisica negli arti, come di qualcuno costretto a combattere o scappare e ultimo ma non meno importante, una colata di sangue nei capillari della camera anteriore dell'occhio che mi facevano sembrare un po' meno tenero.

    La mia azione fu tempestiva: abbandonai la mia postura in pochi secondi e dimostrando molte più facoltà fisiche di quelle che chiunque potesse mai darmi a prima vista mi scagliai a tutta velocità, ma silenziosamente verso la ragazza che miagolava. Ogni mio passo toccava il terroso suolo su cui ci trovavamo solo per rialzarsi un momento dopo averlo toccato e dirigersi con un'enorme falcata verso un punto più in là di quest'ultimo.
    Giunto in prossimità della ragazza, feci un rapido movimento del braccio destro, che disegnò un arco nell'aria per provare a raggiungere la testa arancione della ragazza che si trovava ben sotto la mia spalla, mentre col braccio sinistro ero pronto con un pugno teso nel caso in cui fossi riuscito a forzarla su quella stessa terra umidiccia e di un marrone molto meno secco e malato e più spesso interrotto da gettate di colore verde acceso di quella che si trovava a pochi metri di distanza.
     
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  8. Belfagor90
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    Posso dire con assoluta certezza che siamo una manica di pazzi. Negli ultimi post non c'è stato uno che abbia scritto qualcosa di normale (e a dirla tutta non abbiamo neanche scritto in maniera tanto normale) e la cosa mi confonde e mi eccita al tempo stesso perché sebbene sia interessante, la cosa appare un po' confusionaria.
    Se potete continuare così, ben venga, ma lungi da me dirvi che è uno stile facile e comodo da usare. Infatti ho trovato diverse frasi strambe che possono solo contare come errori.
    Ad ogni modo, dichiaro Nieddy bocciato per ritardo.



    - Ero piuttosto sicuro di aver chiesto delle presentazioni. perché non mi avevano dato delle presentazioni? Maledetti pesci rossi, alle poste fanno sempre un gran casino. Tutti morti affogati dovrebbero finire, vero mio amico immaginario muro? Sìììì, sei così liscio e bianco... così sexy...
    A questo pensava il sensei biondo mentre cominciava a strusciare la faccia contro il muro di cinta dell'Accademia con sguardo spento e distante. Non era un azzardo dire che la sua testa era completamente partita per la tangente e ormai ricordava a malapena cosa ci stesse a fare in quel luogo. Brutta bestia la mancanza di sonno, specie nella persona di Urahara Mouryou che se non dormiva più di sei ore a notte diventava una specie di lampadina fusa con le gambe.
    Fortuna che aveva portato il gatto. Ci avrebbe pensato lui a tenere la classe.
    Classe che, per inciso, era cominciata in maniera totalmente priva di senso. La ragazza aveva provato a comunicare/sedurre/fare comunella col micetto, l'ultimo arrivato se l'era data a gambe davanti a quel gruppo di strafattoni e il terzo elemento era saldato addosso alla prima. No, non sembrava suo intento stuprarla, almeno non per il momento, ma per compenso la colpì in testa con forza facendola cadere a terra. Un atteggiamento a dir poco barbaro e violento verso una persona appena incontrata e non sembrava volesse fermarsi lì. stava infatti caricando un sinistro per darle il colpo di grazia quando un improvviso bruciore al polpaccio sinistro lo distrasse: qualcosa gli aveva lacerato la veste e aperto una piccola ferita che aveva preso a sanguinare. Non era certo profonda, ma la sorpresa non doveva essere stata poca quando vide che il micetto nero si stava leccando del sangue dalla zampina. Per un attimo lo fissò con grandi e malevoli occhi gialli prima di tornare alla sua zampicure. lo aveva redarguito? lanciato una sfida? Difficile a dirsi, ma prima di tutto ci si doveva sincerare della reazione dell'unica femmina del gruppo. Prender eun pugno in testa non doveva averla fatta contenta.

    CITAZIONE
    Loxas riceve una ferita Lieve alla testa con conseguente livido.

    E ora dateci dentro. Anche picchiarvi tra di voi mi sta bene come azione, io ruolerò di conseguenza. Sinceramente prediligo una narrazione fedele ai fatti che ad una forzata riappacificazione chiaramente messa su per convenienza (a meno che le motivazioni di fare ciò sembrino valide). Quindi picchiatevi, ammazzatevi, insultatevi o anche tutto questo assieme, questa classe diventerà un meraviglioso pandemonio!! *___*
     
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  9. °LoxaS
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    Un dolore lancinante s'impossessò improvvisamente della sua testa avviando anche i suoi pensieri -allegri, tristi abitanti della cavità celebrale, che era convinta di possedere- verso un'unica possibile direzione: una primitiva e istintiva forma di rabbia esplosiva, implosiva. Come poteva scaricare, come poteva scassare, come poteva scattare, come poteva scartare la sua scatola cranica e raggiungere e combattere il dolore? Ora che ci rifletteva su, mentre esso da solo magicamente s'attenuava e s'improvvisava semplice fastidio; solo ora, iniziava a pensare che potesse esserci un'espediente. Forse e probabilmente, in modo sempre più certo, non era stato il semplice dolore a raggiungerla, ma un pugno, chiuso. La chiusura del pugno stava ovviamente a simboleggiare la scortesia del gesto, la sua meditatezza. Era sicura che quello non fosse stato un semplice tentativo di battere il cinque a qualcuno, andato poi a male; ma puro e seducente male! Fu proprio quel male, con leggero ritardo provocato forse dall'inattività della zona colpita, a farle esclamare: "Ahi! Guarda che fa male!" Quale ovvieità: il male che faceva del male. Era ridicolo, davvero ridicolo. Ridicolo, vero; ma, vero. Una remota zona della sua psiche sorprendentemente, la consolava; ma quella stessa zona le faceva anche ricordare che la sua cultura in ambito di vocaboli, non fosse molto estesa. Ed era sicura, certa, che quella stessa ignoranza, come altre lacune esaminate in passato, le sarebbe stata fatale. Fatale come l'esito che quell'attacco appena ricevuto continuava - in modo molto più silenzioso del flusso dei suoi confusionari pensieri - a imporsi su di lei. Doveva quindi ora ribellarsi della fatalità delle cose, del dolore provato e della banalità di quest'ultimo. Doveva anche ricordarsi di essere per il mondo una che si innalzava contro le violenze, fisiche o non che fossero e che in tal modo, si imponeva. Quindi guardò con tutta la sua furia contro il nuovo avversario e molto semplicemente, fece per picchiarlo in modo scostumato. Perché lei era sì contro la violenza, ma solo contro quella rivolta verso la propria persona: di per certo, col caratterino che si ritrovava, non era una che si sarebbe innalzata a primitività, in nome della sola giustizia. E avesse avuto una borsetta, sarebbe ora sembrata una vecchietta furiosa. "Se il tuo era un saluto, signor nessuno... eccoti il mio!" Tentò di colpirlo proprio lì, sul naso, mentre il gatto lo graffiava come fosse l'ultimo un vero e galante cavaliere. Quello sì che era un signor gatto con gli stivali! Rimase estasiata, come una ragazza normale a cui un gatto così carino, fa le fusa. Poi, quando il menefreghismo del gatto che si leccava, la raggiunse, cercò lei di concentrarsi sul ragazzo. Ora capiva i sentimenti di lui e capiva molto, ma molto di più! Quella situazione era stata per lei rivelatoria, per diversi motivi. Il primo era stata la comprensione, arrivata un po' in ritardo, di cosa comporti il dolore: il risvegliarsi "dolcemente", da un sogno. Ed era fuori un motivo e lei, dallo star dormendo; il secondo motivo era complementare al primo: essendo lei sveglia così come i suoi sensi, ciò che percepiva non poteva che essere vero. Una bella, concreta situazione, comportava la realtà di chi la vivesse. Quel ragazzo era solo un geloso. Dei metodi di lei, dell'avvicinarsi del gatto ai suoi tentativi, solo un geloso. Lei, che non aveva niente che potesse essere invidiato, che solo ora avrebbe potuto conquistare qualcosa di simile, veniva così trattata. Un'ondata mista di emozioni con zucchine, la portarono a pensare al terzo e ultimo motivo: se stava concorrendo per l'unica cosa importante per lei e il suo unico ostacolo era l'acchiappare un gatto beh, in quel caso, non ce l'avrebbe mai fatta! Perché quel gatto ero uno sfacciato menefreghista che non percepiva tutte quelle pergamene di sentimenti e situazioni che erano riacchiusi in quei piccoli frammenti di, tempo, di vita; quel gatto si stava leccando in mezzo al tutto, si leccava! Quanta depressione portava la consapevolezza di non essere compresi da un'anima tanto diversa e sopratutto, dal non poterla comprendere o prevedere? Figurarci poi volerla eguagliare fisicamente o mentalmente: non aveva mica lei unghie ed anima tanto affilate da poter vivere nove volte! Quindi era impossibile, non avrebbe mai preso quel gatto. Ma al fine di non doversene poi pentire, almeno aveva intenzione di accettare l'intenzione di provarci. Aveva l'obiettivo, prima di qualsiasi altra cosa, di arrivare ad una semplice risposta, tramite il potere delle parole. Aveva notato che il gatto era venuto in sua difesa ma, poi, il suo immediato comportamento aveva smentito il tutto. Era tutto un caso, il gatto non era capace di capire? O, forse... ? La situazione era diversa? Si acciuccò verso di lui, senza dare segni di volerlo catturare o, spaventare. "Ehi, gatto. Capisci forse quello che succede?" Tentò di essere il più chiara possibile. Ma non è che si aspettasse una risposta da un gatto, non era mica scema. In fondo sapeva quel che faceva. Così, tanto per avvalorare quest'ultima spiegazione, continuò: "Beh, se capisci stammi bene a sentire: io sono una ragazza, questo lo sai. Poi, immagino tu sappia anche che le ragazze sanno cucinare, quindi. Beh, poi sai anche che ti piace leccarti così tanto. Quindi se ti fai prendere da me, capirai che ci sarà da leccarsi i baffi!" Sì, geniale, aveva unito due cose che a lui piacevano e, se era maschio, anche tre. Non poteva non funzionare. I gatti sono intelligenti, i gatti sono intelligenti. continuava a ripetersi mentalmente mentre si alzava da quella posa poco dignitosa e in piedi aspettava una reazione, una qualsiasi reazione. Però, se avesse potuto scegliere, avrebbe desiderato che il gatto la seguisse e non, un altro immeritato pugno. Sbuffò: ora che ci pensava, forse aveva esagerato e forse lui avrebbe esagerato a sua volta. Quale catena era stata avviata e, perchè? Poi, che poteva farci lei se capiva i gatti meglio di lui? Perché il mondo era tanto ostile!? Le persone, facessero pace con se stesse. Mi lasciassero inseguire i gatti e la loro libertà.
    Ci fosse solo questo, forse, starei meglio.


    Quando saremo agli sgoccioli della storia, se non avrò successo, mi ispirerò a questo. Sarà felicissimo il mio micetto <333
     
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  10. Alex932
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    A volte la vita ci offre degli scenari che non ci aspettavamo, altre ciò che ci accade è semplicemente ovvio. Altri scenari possono includere raffreddore, catarro, mal di gola e un po' di febbre, giusto con l'umidità.
    Il punto è che quel giorno la vita aveva deciso di sbeffeggiarsi di me, e nel peggiore dei modi: mi ero ritrovato senza accorgermene a pancia in su con un graffio sul polpaccio e il naso indolenzito.

    No-non era... Mmmm.....
    Poco male.
    Rimasi un poco a fissare le nuvole che vagheggiavano e facevano commenti su quel cielo azzurro, illuminato da un sole delle quattro del pomeriggio, o delle dieci del mattino. Una leggera confusione mi aveva preso in quel momento a dir la verità, ma il colpo alla testa mi aveva anche permesso di comprendere una più profonda verità.

    La realtà, e tutto quello che ci circonda, può essere inteso sbirciandone le minime screziature e sfumature di senso, oppure può venire semplicemente presa così com'è. Ogni cosa può essere una cosa di per sé, o mille altre cose allo stesso tempo.
    Il semplice fatto che una porta venga usata per accedere ad un nuovo ambiente, non rende quella porta un ambiente, ma questa è e rimarrà per sempre un pezzo di legno.
    Detto questo, quel giorno io mi sentivo un po' come una porta. Anzi, come del più generale legno, potevo essere qualunque cosa, fabbricarmi degli stipiti ed introdurmi in un circonferenzoide, accogliendo tutta la gente del mondo in una nave da crociera, oppure starmene nella mia casupola a sorseggiare del buon tè fatto gentilmente cadere sulla mia schiena da un bambino poco attento. Eppure ero lì, e dovevo prendere un gatto.

    Eppure la mia anima da sturm und draenger di quel giorno non voleva stipiti, voleva andare lontano come uno di quegli oblò degli aeroplani, o essere rincorso da una miriade di cani come quell'esca di legno vecchio alle corse. Le quantità di adrenalina erano state troppo basse in quel periodo, provocandomi un abbassamento di serotonina e di conseguenza rendendomi infelice. Un piccolo sorriso al contrario si fece spazio tra i miei zigomi, giusto sotto il mio naso in quel momento esatto, e senza neanche accorgermene stavo frugando per terra in cerca di un'arma contundente.

    Irritato e deluso dalla mancanza di ciò, mentre la ragazza continuava imperterrita a cercare di catturare quell'essere irritante, i miei meccanismi inibitori e quelli del buoncostume fecero improvvisamente una brutta fine, facendo morire l'essenza stessa del mio super-io suicida.
    Questa improvvisa morte, e la rabbia conseguente al lutto, mi fecero prendere una manciata di pietruzze dal terriccio secco su cui camminavamo, e ciò unito al mio recentemente ritrovato odio verso la punta della piramide, lanciai tutto quello che avevo in mano verso quello. Sì, il sensei, quell'uomo che non faceva che guardare dall'alto i nostri sforzi di interpretare le sue parole. Preso poi dalle mie velleità barocche, e da un'improvvisa voglia di pomposità, pronunciai delle parole ora riportate solo per amor del vero, ma che verranno smentite seduta stante in qualsiasi seconda circostanza.
    Lo prenda lei il gattino, io penso al leone.

    Quel giorno la mia sveglia mattutina non era ancora suonata.


    Non so chemmièppreso.
     
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  11. Belfagor90
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    Mi sono messo d'accordo con il nostro ospito misterioso e quindi facciamo un piccolo scambio di turni. Diciamo pure che con quello che ho in mente intendo dargli un OTTIMO motivo per farlo entrare in scena ^^



    Il ragazzo era stato steso dal pugno di una ragazza e dal graffio di un micetto che, per quanto fosse benissimo capace di essere intimidatorio, non gli arrivava che alle caviglie. Ora quello stesso ragazzo aveva preso delle pietre dall'acciottolato e le aveva lanciate addosso al padrone del suddetto animale. Qualunque psicologo avrebbe addotto a questo comportamento insofferente verso le figure superiori della scala gerarchica ad un rapporto conflittuale con il padre, e forse era davvero così, ma a qualcuno, quando le pietre colpirono in pieno il sensei languidamente accasciato al muro, a quel qualcuno non gli poteva fregare di meno delle cause e delle scusanti.
    Quel qualcuno gliel'avrebbe fatta pagare cara e non si sarebbe limitato ad un paio di sculacciate.

    Quando le pietruzze colpirono la testa sveglia solo al 10% di Urahara Mouryou, il suo corpo ebbe un sobbalzo. Non di dolore, questo no, solo di sorpresa. Evidentemente non se lo aspettava e chi se lo sarebbe aspettato d'altronde? Una persona se ne stava per i fatti suoi e all'improvviso gli tirano dei sassi in testa. Nessuno sarebbe contento, men che mai la vittima che giustamente potrebbe arrabbiarsi. Tuttavia il terzo seggio della seconda brigata era un caso speciale fra i casi speciali. Innanzitutto era intrinsecamente buono e paziente e poi in quell'occasione non sarebbe stato in grado di discernere un uovo crudo da una puzzola a cinque teste. Era così rintontito che urtò l'elsa della sua Zampakutou col gomito mostrando qualche centimetro di lama. Quello fu un errore madornale.
    Pochissimi sapevano della natura dello spirito della Zampakutou di Urahara Mouryou, di quell'alto uomo vestito di rosso che tentava costantemente di uccidere il suo Shinigami cercando di prenderne il possesso o attaccando la sua anima quando erano nel suo mondo interiore. Mouryou non sguainava mai la sua lama se non era necessario perché ciò voleva dire dare una possibilità all'uomo vestito di rosso.
    Ora la luce si rifletteva sulla lama e il corpo rimbecillito del sensei sembrò drizzarsi sulle punte come percorso da una scarica elettrica.
    - Era passato un po' di tempo dall'ultima volta - disse il biondo inspirando profondamente con lo sguardo rivolto al cielo.
    - E' davvero... una bella giornata. Anzi. Lo sarebbe stata se non fosse stato per l'intromissione di qualche pezzente.
    I suoi occhi si abbassarono verso i due ragazzini che avevano cominciato a guardarlo. L'atmosfera placida e burlesca di qualche minuto prima sembrava essere stata lavata via col kerosene lasciando indietro un olezzo di guai... e di morte.
    - Sei stato tu a tirarmi addosso qualcosa, non è vero? Questo è male. Dovrò punirti... o forse no. potresti soddisfare una mia curiosità e io in cambio lascerò correre questo spiacevole incidente.
    la mano accarezzò l'elsa della spada ancora non del tutto sguainata e cominciò a tirarla fuori col semplice ausilio di un dito. Poi, una volta che anche la punta ebbe lasciato la protezione del fodero, l'arma venne afferrata con un piccolo svolazzo ed evidente piacere da una mano appartenente ad una persona che ormai di placido e tranquillo non aveva più niente.
    L'espressione della faccia era come dipinta da un artista pazzo senza alcuna concezione vera e propria dell'anatomia umana: le guance erano troppo tirate e mostravano troppi denti, i capelli sembravano muoversi al ritmo di una brezza che in realtà non c'era e gli occhi... qualcuno avrebbe dovuto mettere un divieto su quanto si potrebbero rendere folli e satanici un paio di occhi.
    - MOSTRAMI DI CHE COLORE SONO LE TUE FRATTAGLIE!!
    Si lanciò come una bestia spada tratta affondando la punta in direzione dell'occhio destro di quello che, non aveva dubbi, sarebbe diventato un'ottimo spaventapasseri una volta che l'avrebbe scuoiato ed imbalsamato. poi avrebbe fatto la stessa cosa alla ragazza, ma prima... kukukuku, perché non divertirsi un po' con lei fino a distruggerla nel corpo e nella mente? Il suo stupido Shinigami era troppo indebolito in quel momento, magari avrebbe potuto divertirsi per qualche giorno...
     
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    Da quanto tempo era che ero diventato un insegnante accademico? Probabilmente anche meno di un mese. Avevo iniziato a constatare sulla mia pelle che la vita dell'insegnante non è semplice come me l'aspettavo, soprattutto per un tipo come me. Diciamo semplicemente che sin dal primo giorno, dove avevo rocambolescamente fatto la mia entrata in scena distruggendo la finestra in una classe già avviata da un altro sensei che poi sarei finito con il rilevare permanentemente, mi pentii amaramente della decisione di accettare un incarico evidentemente troppo impegnativo per me.
    Non che non ne avessi le capacità, anzi... tuttavia, c'erano elementi dell'essere insegnante che non potevo proprio soffrire. Uno su tutti era, senz'altro, l'elevato tasso di gente che affollava i corridoi e le classi di teoria, entrambi luoghi colmi come un uovo. E la cosa non poteva che irritarmi, dal momento che io odiavo nella maniera più assoluta il contatto con il prossimo, soprattutto se fisico. E passare in quei corridoi affollati era una prova psicologica troppo grande, persino per me. Era una delle mie tante fobie, in tanti anni ero solo riuscito ad imparare a conviverci, ma non ad uscirne.
    Il secondo motivo per cui mi ero senz'altro pentito di essere diventato un sensei era la questione inerente agli alunni. Odiavo la gente stupida e, per un motivo o per un altro, sembrava che un buon 85% degli studenti i quali ero mandato a prendere a calci nel sedere durante le lezioni si rivelavano irrimediabilmente dei cretini, salvo poche eccezioni che rappresentano il 14%, ovvero gente normale, ed un introvabile 1% di talenti allo stato puro. O, almeno, era quanto mi avevano detto. Fino ad ora ero incappato solo in cretini patentati e qualcuno un po' più normale, ma niente di che.

    Quella mattina stavo uscendo dall'Accademia relativamente presto, dal momento che non avevo lezioni e vi ero passato solo per consegnare dei moduli allo Sportello della segreteria, ufficio che conoscevo fin troppo bene già dal mio passato come studente... diciamo che non ero mai stato una persona tranquilla e ho sempre nutrito un po' di sana -ma neanche tanto- curiosità verso ciò che mi era proibito sapere. Diciamo pure che quell'edificio non aveva segreti, per me.
    Erano poco più che le nove e, dal momento che il mio turno in brigata iniziava alle undici, avevo tutto il tempo di gustarmi una passeggiata a trotto lento, lentissimo, quasi da bradipo, prima di giungere in quel laboratorio pieno di gente la cui definizione più gentile al quale riuscivo ad arrivare era "buzzurri che hanno evidentemente bisogno di una donna con lievi tendenze psicotiche" e che, neanche a stare lì a sottolinearlo, odiavo. Non so perché, mi stavano semplicemente antipatici, ma in fondo non era per trovare buona compagnia che ero entrato nella Dodicesima Compagnia, bensì per allargare i miei orizzonti... per cui mi limitavo il più delle volte ad ignorarli e ad isolarmi dallo spaziotempo, concentrato nelle mie mansioni e in nient'altro.
    Varcando il portone, mi sentii piuttosto sollevato. All'interno non c'era ancora troppa ressa e fuori c'erano davvero poche persone. Anzi, tre per l'esattezza. Più una sospesa in aria. Immaginai che quel tipo sospeso in aria fosse il sensei, dal momento che indossava uno shihakusho come il sottoscritto e i tre tizi lo guardavano con aria stralunata. «Novellini?» mi chiesi, avanzando qualche passo ma rimanendo comunque al di fuori dal loro campo visivo, per gustarmi meglio la situazione che era riuscita a catturare la mia attenzione. In particolare, la risata sguaiata del presunto sensei. Urahara... Mouryouman, diceva di essere. Avevo sentito parlare di un certo Urahara Mouryou dal mio, di sensei, Hanae Haru. E la descrizione che mi ero creato in testa di lui, stando agli stralci di racconti che avevo carpito dai discorsi del mio biondo insegnante, quello che si trovava a pochi metri da me era senz'altro il terzo seggio della Seconda Compagnia... non che poi fosse una figura poco famosa, anzi. Si sentiva parlare delle sue stramberie in continuazione.
    Avevo tutto il tempo del mondo, per cui mi appoggiai ad un tronco lì vicino e, incrociando le braccia al petto, mi gustai la scena di questi tre allievi alle prese con la loro prima lezione.
    Uno scappò via a gambe levate come se non ci fosse un domani. «Ecco, lui era senz'altro uno dei cretini.» pensai, fissando svogliatamente l'omino che tagliava la corda. La ragazzina, invece, iniziò senza un valido motivo a miagolare per tentare di comunicare con il gattino nero che, da quel che avevo potuto capire dai discorsi sconnessi di Urahara, apparteneva proprio a quest'ultimo. Il terzo studente invece colpì di punto in bianco la sua compagna senza pensarci due volte scaraventandola a terra e tentando di colpirla con un pugno.
    Qui si andava oltre ai limiti dell'essere cretini. Questi erano fuori come balconi!!! Peggio di me!
    La ragazzina "rispose al fuoco" rifilando un pugno in faccia al suo compagno effettuando una combo col gattino che aveva sfregiato con gli artigli il naso del malcapitato, facendolo capitombolare a terra.
    Di lì in poi, il caos più totale.
    Quando il tizio si rialzò, proclamò a voce alta una frase al tempo stesso sia suicida che senza alcun senso... poi scagliò una manciata di ciottoli contro Urahara. L'ufficiale di seggio della Seconda Compagnia, che stava abbracciando fino a quel momento un muro, sussultò. L'aria iniziò a farsi pesante, mentre un silenzio innaturale piombò in quella piccola zona di cortile entro il quale si trovavano sia i tre 'protagonisti' della vicenda, il gatto... e, come sempre accade quando una cosa vorrei non mi riguardasse, io. Lo sguardo del Terzo Seggio, una volta giratosi, era completamente diverso... sembrava un'altra persona: aveva un'altra luce negli occhi, persino la sua voce sembrava quella di un altro. E, il suo reiatsu, per quanto stranamente all'apparenza più debole di quello che avrebbe dovuto possedere, era traboccante di puro intento omicida.
    Ma fu dopo che iniziò a parlare che mi convinsi del fatto che le cose si stavano mettendo male. Fu questione di poche frazioni di secondo. Poco prima che lo shinigami iniziasse a muoversi esibendosi in un affondo della Zampakutou verso la testa dello stolto che aveva scagliato le pietre, sguainai la mia katana ed effettuai rapidamente uno shunpo per riapparire a poche manciate di centimetri dai due, esattamente alla destra dell'allievo e alla sinistra del terzo seggio fuori controllo, lasciando partire quasi istantaneamente un violento fendente verticale dal basso verso l'alto con il quale avrei tentato di deviare verso l'alto e quindi portare fuori range il colpo. Dico "quasi istantaneamente" poiché per maggiore sicurezza, pochi istanti prima di effettuare tale colpo con la katana saldamente impugnata nella mano destra, con la sinistra provvedetti a dare un pugno con il dorso della mano al torace dello studente, non eccessivamente violento ma sufficiente a sbalzare all'indietro quel pazzo per evitare che venisse colpito ugualmente dal colpo che avrei tentato di deviare. «Urahara-sama? Che cosa sta facendo?! Sono studenti... piuttosto stupidi, devo dire, ma studenti. Non è autorizzato ad ucciderli.» Non sapevo spiegare il perché, ma in quella situazione ero riuscito ad apparire molto più serio di quanto normalmente riuscissi ad essere. A dir poco freddo. Forse perché, in qualche modo, iniziavo a capire che qualcosa non andava... «Ehi, voi! Dico a voi due, la ragazzina-gatto e il fesso.» mi voltai a fissarli con la coda dell'occhio, lì alle mie spalle. «State indietro... ho la sensazione che la cosa stia diventando piuttosto seria.»


    CITAZIONE
    Note:
    Piccoli contrattempi a parte che mi hanno un po' rallentato, ecco il post. Ho volutamente lasciato che Shinji dicesse ai vostri pg di stare indietro, poiché è quello che qualsiasi persona normale direbbe a degli studenti. Va da sé che, comunque, anche se Mouryou è posseduto e fuori di senno e c'è Shinji a tenerlo a bada, rimane un vostro allenamento e quindi dovete fare qualcosa anche voi o.o
    Buon divertimento :gna:
     
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  13. °LoxaS
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    Non capiva cosa stesse succedendo e nemmeno le importava più di tanto. Perché ora era concentrata su di un'unica cosa, anche se nemmeno lei capiva cosa essa fosse. Il fatto è che gli ultimi avvenimenti l'avevano talmente deconcentrata su cosa stesse precedentemente facendo che ora, si ritrovò e si sorprese a fissare il vuoto. Il vuoto doveva essere davvero interessante, ma al contempo non poteva esserlo, poiché non era nulla. Quindi doveva star davvero pensando a qualcosa e non stava semplicemente fissando il vuoto. Solo che, davvero, più si concentrava su quel qualcosa, più esso le sfuggiva. Una rissa da bar era nel frattempo appena iniziata al di fuori delle sue capacità di comprensione e, anche, al di fuori d'un bar. O almeno, così pareva: che un'invisibile struttura fosse stata da tempo lì presente, prova dell'esistenza di uno o più universi paralleli. Questo, lei non poteva saperlo. Ma solo immaginarlo e, pensandoci: forse era proprio questo quello cui precedentemente s'era tanto concentrata. Che pensiero stupido che pensiero stupido! Le era venuta quasi voglia di picchiarsi. Perchè non poteva mica essere davvero tanto scema! E non poteva esserlo nemmeno quando parlava con qualche gatto. Diciamo solo che, lei, era una tipa fantasiosa. Diciamo anche, poi, che le piacevano le risse. Tantopiù adorava quelle in cui poteva arrabbiarsi contro se stessa... sulla carne d'altri.

    Ricorderete che all'inizio della storia dal punto di vista di Faei, era stato introdotto un fedele compagno di quest'ultima: un rozzo, ma utile bastone. Nell'inoltrarsi delle vicende s'era però perso o, meglio, si era nascosto come un ninja, per poter poi sfruttare un momento migliore per ritornare in scena più acceso che mai.

    Parlando di accensioni si ritorna a Faei e al suo animo che, avvolgendosi di forza nuova, esso stesso acquisiva capacità intellettive in grado di determinare un modo per entrare nuovamente in scena, nel bel mezzo della mischia. Prima di tutto le serviva un motivo per fare quello cui si stava per dedicare- che, chiariamolo, era ancora un ignoto sia per lei che per il narratore di questa storia-; poi le serviva il suo fedele bastone che, per comodità, aveva appena ristretto nel palmo destro della mano. Era ancora arrabbiata, molto, molto arrabbiata, per il fatto che potesse essere risultata stupida. Così, caricandosi di tutta la sua forza si lanciò,- al di là dei consigli dell'evidentemente più saggio uomo- nel bel mezzo della faida. Contro chi, vi chiederete, ma è una domanda alquanto inutile questa: contro il primo che le capitò sott'occhio. Ovvero un passante che sembrava l'uomo appena aggiuntosi: di certo non la biasimerà nessuno, visto che gli shinigami, con qui loro kimoni, si assomigliavano tutti.
    Facendo un balzo in avanti contro "l'ignaro", con tutta la velocità che poteva, torceva al contempo il suo busto e il suo braccio, assiame al bastone, caricandolo e girandolo di circa novanta gradi abbondanti. Pensava d'essere stata cauta con le misure, di essere stata perfetta. Ma nel rilasciare la sua forza, nel riruotare il braccio, si lasciò troppo andare e lo piantò sbadatamente per terra subendo un contraccolpo che la fece vacillare, che non le consentì d'assesstare i suoi piedi a terra. Nel cadere in avanti, stringendo ancora il bastone, fece leva su di esso e compì una capriola di fortuna verso signor calzini sporchi- da quall'altezza non poteva vedere più a fondo dei suoi pregiudizi estetici-, verso signor gambe pelose. Nemmeno nel capitolare in avantì riuscì a staccarsi da legno, percependolo come ultimo appiglio alla vita. Così, dovendosi esso flettere insieme alla ragazza, ma essendone incapace a causa delle proprietà del proprio essere, si fratturò e si fracassò, si spezzò. Avvenne tutto all'insaputa di Faei che, convinta ancora di poter fare la sua mossa, alla fine dell'azione, fendette a vuoto verso le gambe del viandante, sorprendendosi di aver in mano non più di un mezzo bastone. E così, non riesco nemmeno a mandare a segno un colpo dopo un'azione così perfetta. Sono patetica. Presa dallo sconforto sbuffò, si lasciò cadere a terra e lasciò che lo sguardo seguisse il movimento della testa che s'appoggiava al suolo notando poi, in alto, il volto dell'uomo che aveva quasi aggredito: non l'aveva mai visto in vita sua e, la faida era da tutt'altra parte. La spiegazione di questo fraintendimento era da attribuire al fatto che Faei non avesse una memoria utile, che fungeva a comango; ma una un po' più imprevedibile. Poi, c'era anche il fattore che nemmeno il suo udito era un granché: le era infatti sembrato che tutta la discussione fosse venuta da qualle direzione. Lei, ora lo sapeva, era un completa disastro. Ma sapeva anche di non potersi ancora rassegnare, poichè oltre a non sapere niente che l'aiutasse in campo pratico, non sapeva niente nemmeno di se stessa. E voleva raggiungere la terra, voleva. Così decise di mettersi a dire, di mettersi a urlare, tutto a un tratto, col dito puntato verso lo sfortunato di turno: "Cosa credete! Se state litigando, se stanno succedendo cose tanto strane, è per colpa sua! Sì, avete sentito bene! E' stato lui a stregarci e a creare questa situazione! Ed è stato anche lui a farmi finire così a terra, con quei suoi colpi e quella sua forza! E' quasi imbattibile! La sua aura è potentissima!" E così, iniziò ad aspettare il momento in cui il tale si sarebbe indignato di tale diffamazione e avrebbe deciso di colpirla. Stava aspettando il momento giusto per sgusciare via senza sembrare sospetta! Sarebbe stata questione di pochi attimi ed erano attimi, quelli, che l'avrebbero lasciata col fiato sospeso! Poiché erano attimi che celavano l'imprevedibilità più profonda.

    Comunque è lentissima 'sta discussione. (Scusate per il ritardo, volevo aspettare prima Alex per vedere che scriveva, non avevo idee o voglia e si è visto, immagino) In ogni caso, quanto durerà un topic di presentazione? LOL.
     
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