Grande Prigione Centrale Sotterranea

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  1. Yokai.
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    Plop. Plop. Plop.
    Quell'incessante sgorgare di goccioline d'acqua fuoriusciva dal soffitto e finiva copiosamente su quell'insulsa pavimentazione, a formare una chiazza smisurata e Miyuki, ammattonata dall'uggia dell'esistenza, da dietro quelle sbarre di ferro arrugginite e rossastre che costituivano la sua gelida cella della Grande Prigione Centrale Sotterranea, silenziosa, nella notte, osservava e, seduta sul suolo, attendeva.
    Il volto così niveo quanto abbrutito, il corpo gracile, la lunga ribelle chioma rossiccia, lo sguardo cristallino e spento, privo di vita, di quelle persone che della sussistenza non comprendevano né trovavano alcun fine ben preciso. Ognuno per sopravvivere necessita di una ragione e lei l'aveva trovata nel male e nel depredare la gente della propria vita.
    Le deliziose urla di dolore, il profumo accattivante del terrore, il meraviglioso colore del sangue che zampillava creando lunghi tracciati sul terreno e i corpi freddi e esanimi dei cadaveri in qualche modo le avevano ricordato che persino lei fosse viva.
    La reminescenza di quel che aveva commesso la riaffiorava con continuità. Adesso la fame di morte e l'impossibilità di saziarsi da dietro quelle sbarre la stavano uccidendo più che mai.
    Il tintinnio dell'acqua la risvegliava dai suoi flashback cruenti e dissolveva l'illusione di poter realizzare i suoi più macabri e brutali desideri, allo stesso modo in cui le faceva rendere conto che il tempo scorreva e scorreva, così lentamente.
    Quanto ancora avrebbe dovuto starsene lì, assolutamente inerme, dentro quelle quattro mura di pessimo gusto, prima di poter riuscire ad appagare la sua brama d'orrore?
    Più passavano i minuti, più la prigionia si trasformava, all'interno del suo cervello, in una lotta tra calma e impazienza. Quest'ultima, sopraffaceva sempre l'altra e continuava ad aumentare a dismisura, nutrendosi dell'odio che si celava nelle parti più oscure della ragione di Miyuki, divenuta ormai terribilmente e totalmente folle.
    Il suono di alcuni passi in lontananza aveva richiamato la sua attenzione. Passi alquanto languidi che, avvicinandosi a rilento, scaturirono in lei un sentimento di forte ansia.
    Scattò in piedi e di colpo le sue dita scarne e biancastre strinsero quelle vecchie aste di metallo come se volessero piegarle, deformarle, spezzarle, disintegrarle del tutto.
    Quell'angosciante suono cessò dopo qualche tempo. Il terribile shinigami interruppe il suo cammino davanti alla cella di un altro presunto detenuto, ben lontano da lei. Il ritorno alla calma la fece sospirare e ripiombare al suolo come una materia priva di vita, quasi delusa dal fatto che quell'essere non si fosse fermato davanti alle sue sbarre.
    Il silenzio si ruppe.
    Le parve che qualcuno avesse proferito qualcosa, ma a distanza riusciva solo a percepire degli strambi bofonchii e indistinti mugugni di quel che somigliava molto ad una voce stridula di un'altra donna.
    Rassegnata e straziata, alzò lo sguardo al soffito, distaccandosi dalla sconcezza della realtà che stava vivendo e continuò nella sua eterna e disillusa attesa.
     
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7 replies since 23/6/2014, 14:51   218 views
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