Morte di Koruda Koike

Cling. Cling. Un sinistro rumore di catene ne accompagnò la breve corsa, evidentemente ignorato dalla sua foga disperata. Ora, tuttavia, la grigia benda che dal suo petto dipartiva era stata sollevata con apparente curiosità dalla mia delicata mano, esaminandola con fare interessato prima di obbligare il ragazzo a guardarmi, con un debole strattone degli anelli che, sapevo, gli avrebbe fatto provare un dolore non indifferente. “Si può sapere dove intendi correre, ragazzo?” gli chiesi inarcando un sopracciglio in una posa interrogativa, esibendomi in un leggero cenno che indicava la fine della catena, trascinata fino a quel punto sul tetro asfalto “Per tua fortuna sono arrivato in tempo… Cosa ti ha ucciso, di grazia?”. La normalità con la quale accompagnavo quelle parole racchiudeva una nota di sarcasmo a malapena notabile, ma che di certo sarebbe stata celata dal turbinio delle sue emozioni.

Ignorando la richiesta di lasciar andare la catena che ci univa come un padrone al proprio cane, mi avvicinai a quel ragazzo, flettendo le gambe per chinarmi e raggiungere la sua altezza con i miei occhi, prima di poggiargli una mano insolitamente fredda sulle spalle. “Se il tuo problema è solo questo, la soluzione mi pare semplice. Loro hanno ammazzato te, e tu adesso ammazzerai loro.” dissi con un sorriso sinceramente divertito, inclinando di poco la testa come a voler sottolineare la semplice logica del mio discorso “So che vuoi farlo, è normale… L’unica domanda, qui, è se sei disposto a pagare il prezzo per avere la forza di compiere la tua vendetta nel più grande degli stili… Io posso darti questa forza, posso dartela subito… Ma ti farà un po’ male, ti avverto”. Sollevando la mano che ancora reggeva la sua catena, infatti, gliela mostrai delicatamente, facendola quasi scintillare invitante sul palmo ormai aperto. “Ricorda per sempre questo giorno, perché oggi inizierà davvero la tua vita…” mormorai piano, incrociandone lo sguardo con l’ennesimo, dolce, sorriso.

“Così sia, piccolo e nuovo Hollow!” dissi rialzandomi da quella scomoda posizione, tendendo con espressione sicura la catena mentre la suola di una scarpa andava a poggiarsi vicino al loco in cui presto gli sarebbe sorto un oscuro buco. Improvvisamente tirai quel legame con forza sufficiente per spezzarlo per sempre, segnando con una lieta e limpida risatina il battesimo di sangue che tanto mi ricordava quello che io stesso avevo ricevuto, molto tempo addietro. Presto le sue particelle si sarebbero dissolte e ricomposte poco distante, nella forma che avrebbero adottato fino alla prossima, splendida, trasformazione, in quella lotta per la sopravvivenza che ben pochi viventi lasciava alle sue spalle.

“I giovani d’oggi… Tutti così impazienti…” mi dissi mentalmente, prima di irritarmi un poco a causa di un commento tanto senile. Ero un arrancar nel fior dei suoi anni, per Diana! Togliendomi quei pensieri dalla testa, tuttavia, mi affrettai a seguire il ragazzo, affiancandolo nella sua folle corsa verso l’oggetto che tanto bramava. Il suo corpo ricordava ora quello di un tozzo serpente, cosa che mi fece accarezzare la zampakutou che portavo in vita con paterno affetto. Vedremo come se la sarebbe cavata, ora, alle prese con il suo primo pasto.