Convocazione

prequel di missione - Gintoki Sakata, Urahara Mouryou

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  1. B l a z e
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    Da quando ero divenuto un ufficiale di seggio e quindi da quando mi era stato proposto l’incarico di diventare Insegnante Accademico, non avevo mai ritenuto necessario sprecare minuti preziosi della mia vita a compilar stupide scartoffie. Avevo praticamente sei mesi di arretrati accatastati sulla scrivania del mio alloggio, che guardavo con un velo di pietà ogni qualvolta uscivo di casa. Quella mattina però venni incastrato dal signor terzo seggio, del quale non sono mai riuscito impararne il nome, che mi obbligò a compilarle dalla prima all’ultima per ordine del Capitano Hitsugaya e di consegnare ogni foglio, uno per uno, dove sarebbero dovuti andare.

    «Ma che palle…»

    Il terzo seggio, un uomo che dimostrava almeno una decina d’anni in più di me, e sicuramente molta più esperienza e pazienza, mi guardava dall’alto in basso, in piedi accanto a me che ero seduto alla scrivania con il calamaio vicino e una penna in mano. Ogni qualvolta mi distraevo o tentativo di attaccar discorso, lui diceva sempre la stessa frase, manco fosse un dannato disco rotto.

    «Gli occhi sul foglio e la lingua a riposo, Sakata.»

    Inevitabilmente, la risposta che puntualmente seguiva nella mia mente, senza chiaramente dirla a voce alta, era qualcosa come “E un palo nel culo no?”. Invece, ben più rispettosa era la risposta che gli rivolgevo, evitando di chiamarlo per nome o cognome per evitarmi una gran bella figura di merda, visto che come minimo me lo aveva ripetuto sedici volte.

    «Certo, signore. Le mie più sentite scuse, signore.»

    Avevo sottomano il foglio in cui dovevo stilare il rapporto sul primo allenamento della classe H. E quale diamine era la classe H? Dio santo, avevo una miriade di classi, come faccio a ricordare i componenti di ognuna e cosa si è fatto dopo tutto quel tempo? Improvvisamente, mi tornò in mente un particolare: quella classe, la H, era la mia prima classe assegnatami in Accademia! Quella con Eiko-chan, la dolce Eiko-chan! E poi vi erano anche quel nano di Kyoya e quel tizio… Come si chiamava? Guglielm-… no… Thomas? O forse Pierre? Bah, che importa, non era quella la parte importante. Intinsi la piuma nel calamaio, bagnandone la punta con del nero inchiostro, quando improvvisamente qualcuno bussò alla porta, facendo seguire un annuncio.

    «Comunicazione urgente per Gintoki Sakata!»

    Il mio simpatico e stempiato terzo seggio fece una smorfia di disapprovazione. Che avessi trovato il modo di sfuggirgli? Sentivo di voler baciare il messaggero, chiunque egli fosse. Rivolsi un’occhiata eloquente al terzo seggio, la quale faceva chiaramente intendere qualcosa come “Con permesso, io andrei…”. Aprendo la porta, vidi un signore anziano con uno strano copricapo a forma di tetto sulla testa, inginocchiato davanti alla porta che teneva tra le mani una busta e una lancia appoggiata tra il terreno e la sua spalla sinistra. Quella voglia di baciare chiunque fosse il mio salvatore svanì in quel preciso istante, lasciando spazio, ahimè, ad un sincero bisogno di vomitare nel punto più vicino al solo scabroso pensiero che avevo appena fatto.

    «Hnnn… Mio Dio, mi dia quella busta…»


    Il vecchietto ubbidì, forse un po’ stupito dal mio strano atteggiamento, ma del resto non poteva sapere delle idiozie che assalgono praticamente ogni secondo la mia stanca mente. Probabilmente stavo iniziando a dare i primi segni di squilibrio… Cristo, stavo diventando come Tsuaki!!! Dovevo assolutamente farmi vedere da qualcuno… Esisteranno dei buoni psicanalisti nella Soul Society? Chiusi la porta alle mie spalle senza degnare di una sola parola né di uno sguardo il messaggero nonnetto e iniziai a squadrare la busta. Non recava il sigillo della decima, come l’altra volta, né quello dell’accademia, come tutte le altre fino ad allora ricevute. Sul sigillo rosso, era inciso il simbolo dell'Accademia…

    «Eh? Che diamine vogliono da me quelli dell'Accademia? Non hanno trovato nessun altro a cui far picchiare gli studenti e hanno scelto me? Non esiste che ci vado!»

    Non avevo ancora nemmeno aperto la busta che già avevo scartato a priori la possibilità di seguire quanto ci fosse scritto all’interno. Il caso volle che l’occhio mi cadesse sulla scrivania, ancora stracolma di diverse pile di fogli, ognuna di esse di svariate dimensioni e che a occhio e croce, volendo essere schifosamente ottimisti, mi avrebbero richiesto almeno un giorno e mezzo di lavoro ininterrotto.

    «Diamogli una possibilità allora!»

    Rimossi il sigillo di ceralacca, e dopo aver fatto uscire un messaggio, lo lessi ad alta voce assicurandomi che anche quel dannato terzo seggio potesse sentire.

    CITAZIONE
    Richiesta la vostra presenza IMMEDIATAMENTE presso la sede centrale del'Accademia, deve prendersi cura di una nuova classe di allievi.

    Un silenzio abissale, tanto snervante quanto imbarazzante calò nel mio appartamento. La tensione era alle stelle, tanto palpabile da poterla quasi tagliare con un coltello, o forse sarebbe meglio dire per noi Dei della morte, con la zampakuto. Agonia, ansia, dilemma. Chi di noi due avrebbe aperto per primo bocca? Io o il terzo seggio? Ci stavamo studiando, è chiaro… Il leone e la gazzella, con ruoli chiaramente invertibili; sia io che lui aspettavamo che fosse l’altro ad avanzar la prima mossa. Mi sentivo tanto in un film western, quando i due Cowboy, al rintoccare del mezzogiorno, mettono mani alle armi e aspettano il minimo segnale da parte dell’altro, anche il più impercettibile, per estrarre le pistole e porre fine alla vita del miserabile marrano che ha osato fare uno sgarbo alla donzella di turno.
    Ma piuttosto, che cazzo c’entrano pensieri del genere? Devo ricordare di chiedere davvero per uno psicanalista, mio Dio… Quella patata… E Star Wars… E Tsuaki… Sono davvero rimasto così segnato da tutti questi tristi eventi?
    Finalmente il terzo seggio prese la parola.

    «Con tutto il rispetto per i colleghi dell’Accademia, tu…»

    «Io sono sfortunatamente COSTRETTO, da una serie di coincidenze astrali, per via del terzo principio della dinamica e da una serie di concetti di metafisica forse troppo astrusi e complicati per esporglieli, per non parlare della barba di Maometto e perché no, delle emorroidi di mio nonno, a dovermi ASSOLUTAMENTE e INNEGABILMENTE, senza via di scampo alcuna, recare all’appuntamento richiestomi dai simpatici burocrati che gestiscono il mio secondo impiego socialmente utile per il Gotei 13! La prego di informare il capitano Hitsugaya, lui di certo capirà! Mi spiace immensamente, continueremo il nostro simpatico lavoro un’altra volta, non tema assolutamente! Dovessero venirmi il triplo delle emorroidi del buon nonnino mio, per carità, per carità… Si – fidi – di – me!»

    In quelle ultime quattro parole avevo assunto una tonalità di voce che tutto poteva imprimere, meno che la “sicurezza”. Prima che il tizio potesse dire la qualunque cosa, lo spinsi per le spalle e lo trascinai fuori dalla stanza, sbattendogli la porta sul naso. Attesi che egli smettesse di protestare dietro la porta battendo i pugni, quando i rumori cessarono, aspettai ulteriori venti minuti per assicurarmi che se ne fosse davvero andato via e poi uscii. La caserma dell’ottava brigata distava circa tre quarti d’ora di cammino dalla caserma della decima, dove io risiedevo. Non avevo la benché minima intenzione né di correre né di sforzarmi eccessivamente utilizzando una serie di shunpo per arrivare prima; avrei camminato normalmente, godendomi la splendida giornata di sole che quella mattina il fato mi offriva. E dire che se non fosse stato per quella convocazione mi sarei perso lo splendore di quel sole intenso che portava luce e calore, oltre a un senso di vivacità a quella giornata, rinchiuso come sarei dovuto essere in camera a compilar scartoffie. Decisamente meglio così, no?
    Dopo tre quarti d’ora e un paio di pause per la strada intrattenendomi a parlare con qualche conoscente, giunsi infine in Accademia. Lì tenni una lezione con due studenti: uno era così irritante e incapace da farsi ferire quasi a morte dopo poco, mentre l'altro mi piaceva: mi ricordava me stesso da giovane. A metà lezione circa, venni interrotto da uno strano shinigami incappucciato che mi avviava di un'improvvisa convocazione alla sede dell'Ottava da parte di Hanae e di Falkner. Non condividevo i metodi di quest'individuo, che si era presentato distruggendo una finestra e mettendo a soqquadro il dojo in cui stavo tenendo la lezione. Una volta ricevuta la lettera che il misterioso messaggero mi aveva consegnata, firmata da Falkner, mi congedati con uno shunpo. Giunto alla caserma mostrai la lettera ad una guardia spiegando il motivo per cui mi trovavo lì e questi mi fece passare senza far troppe storie. Che tipo simpatico che era. Tuttavia, era la prima volta in assoluto che ci andavo e non sapevo assolutamente dove andare. Mi avvicinai ad una ragazza dietro un bancone all’entrata, chiedendo informazioni. La ragazza, con un’espressione a metà tra l’incredulo e il divertito, mi indicò senza dir nulla un cartello posto vicino a lei, che recava un’iscrizione a caratteri cubitali che recitava “Salone riunioni centrali”. Impallidii al pensiero di aver fatto una gran bella figura di merda, passando per un tonto. Ma del resto, forse dovrei esserci abituato, ma non posso fare a meno di sconvolgermi ogni maledetta volta.

    Demoralizzato, seguii la segnaletica e mi diressi al luogo indicato. Giunto dinnanzi ad un portone piuttosto grosso con una targhetta accanto che faceva chiaramente capire che il salone era lì, e vidi un ragazzone alto anche più di me, con una folta capigliatura liscia e bionda, che senz’altro si poteva ritenere molto più ordinata della mia, pur essendo sicuramente anche quella un po’ scompigliata. Ma non esisteva nessuna capigliatura in grado di far venire il mal di testa per il suo disordine quanto la mia, né esisterà mai, credo. Un fisico snello e dall’apparenza discretamente allenato e degli occhi azzurrissimi erano le cose che più mi saltarono all’occhio di lui. Sembrava quasi un modello, il bastardo! Potei udirne la presentazione mentre chiedeva il permesso di entrare.

    CITAZIONE (Mouryou @ 07/12/2010, 14:38)
    «Urahara Mouryou, Settimo Seggio della Seconda Brigata, è arrivato. Chiedo il permesso di entrare.»

    Urahara… Che sia imparentato con QUELL’Urahara? Chissà, magari poi gli avrei domandato… Per qualche motivo assolutamente ignoto, mi stava già simpatico. Arrivando con una mano in tasca, mi portai una mano vicino alla bocca con far molto scenico, simulando quando si tenta di gridar più forte, dissi con tono normalissimo:

    «Sakata Gintokiiiiii~
    Settimo Seggio della Decima Brigata a rapporto~»


    Sorridendo al ragazzo, aggiunsi:

    «Piacere di conoscerti, <collega>.»



    Edited by B l a z e - 21/12/2012, 18:57
     
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