Under The Rain

Ruolata libera; Makenshi Chrona only

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    CITAZIONE
    Solo per questa particolare ruolata, ho deciso di abbandonare la narrazione in prima persona, per dedicarmi ad una più scomoda narrazione in terza persona che, però, mi consente di interrompere di tanto in tanto la narrazione per delle digressioni personali, che altrimenti avrei più difficolta ad inserire con il metodo in prima persona.

    La role continua da qui, difatti il primo post contiene parti già indicate in esso. A chiunque voglia leggerla, beh, non posso che augurare una buona lettura, e rivolgere un grazie per il tempo perso. ^^

    CITAZIONE
    Narrato
    Parlato
    Pensato

    Gintoki Sakata non è mai stato un tipo di molte parole. Non possedeva ricordi della propria infanzia, poiché questa l’aveva vissuta quando era ancora vivo. Non è stata, in realtà, un’infanzia esattamente felice. Passò i primi diciannove anni della sua vita come un recluso, costretto a sottostare ai ferrei allenamenti che il padre, un vecchio uomo della media nobiltà che non era stato accettato all’interno dell’esercito dello Shogun (Lo Shogunato) per via di una condizione fisica non esattamente ottimale, per far sì che almeno il suo unico erede potesse riuscire dove lui aveva fallito. L’uomo non badò a spese per istruire come si deve il figlio in qualsiasi disciplina: sia quelle della mente, che quelle del corpo, infatti il ragazzo crebbe e divenne caparbio sotto qualsiasi aspetto. Meno che uno: i rapporti umani. Gintoki crebbe cinico e carico d’odio e diffidenza verso il mondo; non ebbe se non un amico nella propria vita. La sua infanzia fu pesantemente segnata dalla morte della madre e, relegato com’era, non conobbe mai alcuno all’infuori dei propri rigidi insegnanti e del suo ristretto nucleo familiare. La sua vita iniziò a poter essere definita tale quando compì vent’anni, ovvero quando cominciò a vivere in maniera del tutto indipendente e riuscire ad aprirsi grazie all’aiuto di un suo caro amico, suo compagno di camera all'interno dell'esercito Shogunale.
    Ma, ovviamente, non conobbe mai l’amore. Non riusciva a rapportarsi con l’altro sesso. Morì senza sapere nemmeno lontanamente cosa fosse, l’amore.

    Giunto alla Soul Society, arrivò come una persona nuova. Più o meno. Era sì più solare, più divertente, dall’aria più svampita; ma era solo una stupida maschera, in realtà il vero Sakata era nient’altro che represso nei più oscuri meandri di sé stesso. Prima di divenire uno shinigami credette di essere arrivato piuttosto vicino a capire cosa fosse, l’amore. Ma si era sbagliato: gli era bastato cominciare ad abitare lontano da quella che per lui doveva essere la sua ‘dolce metà’, per cambiare idea su di essa. Da ‘probabile sentimento d’amore’, si era semplicemente reso conto che altro non era se non il ‘semplice sentimento d’affetto che si può provare verso una sorella più piccola’.
    Dopo essere diventato un dio della morte, forse, si era sentito attratto da un’altra persona: il quarto seggio della Quarta Compagnia, l’accattivante Yukari Ushiromiya. E la ragazza ricambiava… eccome. Tutt’ora non si può negare che essa provi una grossa quantità di sentimento verso di lui… ma riflettendoci meglio, Gintoki capì che altro non era se non semplice amicizia. Una grande amicizia, in realtà; benché lui la cercasse piuttosto di rado, quando erano insieme, amava confidarsi con lei.
    Gintoki Sakata, quindi, era un novizio del mondo dell’amore. Non sapeva cos’era, né come comportarsi con esso. Tanti grandi autori e pensatori, nel corso dei secoli, hanno provato a definirlo. “L'amore è la più saggia delle follie, un'amarezza capace di soffocare, una dolcezza capace di guarire. “ recitava il Maestro, William Shakespeare. Ma se ne potrebbero fare decine e decine, di esempi simili. Ed effettivamente, quella che Gintoki si stava accingendo a fare era una follia sotto qualsiasi aspetto la si guardasse.
    Era un’insegnante da un po’ di tempo ormai. E in una delle sue classi, una delle prime in effetti, aveva trovato una studentessa che gli aveva completamente stravolto la vita. Dal carattere e dai modi di fare piuttosto schivi ma estremamente aggraziati, Eiko lo aveva letteralmente stregato sin dal primo istante in cui la vide. E vedere come era arrossita quando, al termine della prima lezione lui gli mise la mano sulla spalla per congratularsi, lo fece convincere ancora di più che quella che era al suo cospetto non era una normale ragazza, no. Era semplicemente la ragazza perfetta per lui. Se lo sentiva.

    Da quella prima lezione, oramai, sono passati alcuni mesi. Durante questo lasso di tempo, tante cose sono accadute, tante cose sono cambiate per lo shinigami dai capelli argentei. Ma il sentimento che prova per la giovane ragazza, quello no. Ed è per questo motivo che, prendendo il coraggio a due mani, al termine della terza delle cinque lezioni previste dall'Accademia, decide di confessarsi.
    O, almeno, di provare a farlo.
    Così, dopo che la ragazza ebbe appreso dei nuovi rudimenti sul controllo del Reiatsu, apprendendo la Kanon Ball e come dare dei colpi impregnati di reiatsu nel corpo a corpo, Gintoki inizia il suo fatidico discorso.
    «Brava, Eiko-chan. Però non ci siamo ancora, dovrai esercitarti di più in futuro. Il reiatsu va sparato con decisione, come se fosse un’onda d’urto. Ma direi che ci siamo quasi… non ancora, ma quasi. Prendi queste, piuttosto.» Dice, con tono di voce addolcito, mentre le porge delle bende per fasciarsi le mani sanguinanti e le passa una mano tra i capelli con fare dolce. Alzando lo sguardo, nota che il tempo non ne vuole sapere di migliorare; piove a dirotto, sono entrambi bagnati fradici. «L’allenamento è concluso, ma prima di lasciarti libera di andare presso lo Stand Medico della Quarta compagnia per farti sistemare meglio quelle ferite, sarei felice se tu mi accompagnassi in un posto. Ti va?»
    domanda poi, a bruciapelo, attendendo una risposta positiva che non tarda ad arrivare, seppur con un po' di titubanza.
    Non avrebbe commesso di nuovo l'errore di poco prima di prenderla per mano, no. Non prima di averle detto la verità. Aggiungendo un semplice
    «D'accordo, seguimi.» dopo aver ricevuto la risposta della ragazza. Lo shinigami dai capelli argentei si incamminò, uscendo dalla radura nella quale si trovavano per prende un sentiero sterrato in discesa, che seguirono per diverse decine di minuti. Erano entrati nel territorio appartenente a Junrinan, primo distretto di Rukongai e... casa di Gintoki nella Soul Society. O meglio, la sua prima casa. Difatti, adesso lui aveva alloggio presso i dormitori comuni della Brigata, volendo vivere in contatto con i suoi colleghi e non i solitaria; tuttavia, aveva ancora mantenuto nel suo cuore intatto il legame d'affetto che provava verso quel particolare luogo.
    Difatti, non erano nei pressi della sua abitazione del Rukongai. No.
    In quell'esatto momento, avevano appena raggiunto la sommità di una collinetta ricoperta di verde e costellata di miriadi di fiori bianchi che, visti dall'alto, facevano sembrare quel praticello un cielo stellato.
    Al centro dello spiazzo in cui si trovavano, svettava un bel Pesco che sembrava essere abbastanza vecchio ma ancora rigoglioso, che ombreggiava un bel tratto di terreno.
    Continuava a piovere.
    «Sai dove ci troviamo, qui?» Esordì il ragazzo, sforzandosi di mantenere un tono di voce controllato, continuando a sorridere rilassato. Solo in apparenza, però.
     
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  2. Makenshi Chrona
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    «Parlato.»
    ''Pensato.''
    «Parlato altrui.»


    E finalmente, dopo fin troppe prove fallimentari, Eiko ce la fece, a buttar giu' quell'albero.
    O, per meglio dire, ce la fece a meta'. Nel primo tentativo, la ragazza aveva ottenuto una bruciatura sul palmo della mano, non molto incoraggiante come inizio, ma ci aveva riprovato.
    Nel secondo aveva rischiato di farsi saltare in aria con molta nonchalanche, avendo ponderato sul consiglio del sensei. Lui aveva detto 'Bang!', e lei l'aveva eseguito come la sua mente l'aveva interpretato. Cioè formando una sfera di reiatsu e, facendola partire dal palmo in un lentissimo movimento, colpire la suddetta roccia.
    Ovviamente, aveva sbagliato: non solo il sensei aveva dovuto afferrarla a mezza vita e portarla lontano, non solo, ma aveva appena appreso autonomamente e per sbaglio la Kanonball, come le aveva detto lui subito dopo!
    Figo, davvero fin troppo figo. Ma non divaghiamo.
    Nel terzo tentativo, aveva forse capito cos'è che doveva fare; e prevedibilmente aveva convogliato il reiatsu nella mano e colpito l'albero, dopo che i due massi destinati comunque alla rottura erano stati fatti saltare in aria, ma non con quel metodo.
    Piccolo (e forse non così piccolo) particolare: il sensei, per portarla verso l'albero, le aveva stretto la mano e l'aveva trascinata verso la pianta, facendola avvampare ai limiti dell'impossibile.
    E, pur sotto la pioggia gelida, il calore delle sue dita era rimasto intrappolato nella sua mano.
    Riprendendo dal penultimo tentativo, Eiko non c'era riuscita, ed aveva ottenuto una sbucciatura alle nocche. Lieve, ma sanguinava.
    Ed animata dalla smania rabbiosa che si ottiene dopo svariati fallimenti, uno dietro l'altro, il suo volto assume una smorfietta comicamente rabbuiata, mentre ci prova per l'ultima volta: ripete il procedimento di prima, e miracolosamente... Ce la fa'.
    L'albero si sdradica, ma cade supino, senza quel volo che Eiko avrebbe apprezzato di vedergli fare, dopo tutta quella fatica. Ma non importava, davvero.
    Il sensei le confermo' che ce l'aveva fatta, ma che la sua tecnica andava perfezionata. Su quello non aveva dubbi, assolutamente. E, mentre si fasciava le mani con cura quasi maniacale, non tralasciando nemmeno la più piccola sbucciatura, la mano del sensei si poso' sulla sua testa, carezzandole i capelli fradici.
    Eiko arrossì di rimando, abbozzando un timido sorriso mentre alzava la testa, in tempo per sentirlo parlare nuovamente. Le stava proponendo di andare in un posto sconosciuto, accompagnandolo.
    Non dovette starci a riflettere molto. Lui era il suo sensei, la persona in cui riponeva un istintiva fiducia e verso cui provava una forte attrazione... Non avrebbe avuto motivo per non fidarsi di lui.
    Così, con pochi istanti di esitazione, causati comunque dall'imbarazzo, rispose con un. «Si, sensei!» squillante, mentre sorrideva.
    Ora, lei era attratta sia fisicamente, sia spiritualmente dal sensei stesso: ma sul suo, di aspetto, aveva seri dubbi.
    Innanzitutto, aveva poco seno. Quasi assente, diciamo, appena una seconda accennata, che non veniva fatta certo risaltare dall'uniforme scolastica. Poi, i capelli. Tenuti lunghi, coi due fiocchetti ai lati della testa, di certo non erano il massimo dell'originalita'.
    E poi era un po' più bassa di lui, di alcune spanne.
    Diciamo che lui era l'unico uomo per cui, una mattina in cui non aveva ricevuto sue lettere, aveva ardemente desiderato di diventare più bella.
    ... E poi aveva pensato alla ragazza che l'aveva soccorso nella missione.
    Ecco, avrebbe voluto essere come lei. Bella, formosa, col viso a volpetta furba. E ne provava forte gelosia. E contate che per Eiko l'aspetto non contava, prima di conoscere Gintoki.
    Ma ora basta con le riflessioni: ora davanti a lei c'era la schiena del suo sensei che usciva dalla radura, mentre ancora pioveva forte, e lei non tardo' a seguirlo, trotterellandogli dietro.
    La loro camminata, che si estese per un tempo abbastanza lungo, seguiva giu' per una discesa, in cui Eiko non era mai stata. La curiosita' è donna, dicono, e la ragazza ebbe più volte la tentazione di domandargli dove stessero andando, sempre frenandosi prima di aprir bocca. Ma era forte.
    E resistette, finchè non salirono su' per una collinetta verde, costellata di fiori bianchi, che attirarono subito l'attenzione di Eiko. Le erano sempre piaciuti, i fiori, quando era viva passava molto tempo nel giardino dietro casa a curarsene.
    E noto' anche un'altra pianta, esattamente al centro della collinetta, che si ereggeva rigoglioso e ancora in salute, che proiettava un'ombra lunga su un bel pezzo di terreno.
    ... Sbagliava, o tutto questo era /romantico/?
    Probabilmente... Molto. Quasi fin troppo. Anche se pioveva sempre, ed alcuni tuoni stavano lì in sottofondo, prepotentemente esigenti di sobbalzi ogni qual volta si manifestavano. Perchè, beh, Eiko sotto sotto aveva paura dei tuoni.
    Ma ascolto' ugualmente la domanda del sensei, che era ben udibile anche sotto la pioggia scrosciante.
    «Sai dove ci troviamo, qui?»
    «Non lo so... Dove siamo?»
    Chiese, arrossendo appena. E trattenendo uno sternuto. Decisamente, dopo tutto questo minimo avrebbe avuto una polmonite.
     
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    Durante il tragitto per giungere fino a quel luogo, Gintoki aveva forzatamente evitato sia di guardarla, che qualsivoglia tipo di contatto fisico, anche il più banale. Era rossissimo, in imbarazzo e, soprattutto, agitato.
    Ora che però si trovava lì, era stranamente più tranquillo, in pace con sé stesso e ben conscio della pazzia che stava facendo, pronto ad accettare qualsivoglia conseguenza delle sue azioni.
    Principalmente, c'erano due grosse possibilità. La prima era che Eiko non provasse i suoi stessi sentimenti, il che era anche probabile. Era più grande di lei, forse non provava quel tipo di interesse in lui. L'avrebbe capita, ma l'avrebbe accettato molto a rilento. Il colpo sarebbe comunque molto brutto. La seconda, invece, era che lei corrispondesse i suoi stessi sentimenti. E lì non ci sarebbero neanche bisogno di grosse spiegazioni, sappiamo tutti cosa accadrebbe in quel remoto caso.
    Come si aspettava, Eiko non conosceva quel posto.
    “Scontato...” pensò il sesto seggio, sorridendo tra sé e sé. Quello era il /suo/ luogo. Nessuno a parte lui lo conosceva. «Già, lo immaginavo.» commentò, facendo seguire una breve pausa a quella frase. «Siamo nel Rukongai. Primo distretto, Junrinan. Questa è una collinetta poco distante da quella che un tempo era casa mia che io ho 'scoperto' e sgombrato dalla fitta vegetazione che la infestava.» Un'altra piccola pausa. «… Sai, anni fa, prima di iscrivermi in Accademia, passavo le mie giornate in questo luogo. Prima a curare questa piccola zona di paradiso, poi ad allenarmici prima di tentare l'ammissione.» Il perché le stesse dicendo quelle cose, non lo sapeva nemmeno lui, ma non gli importava. «È un luogo molto importante per me. Tu dove abiti, Eiko-chan?» Chiese, rimanendo piuttosto tranquillo. In realtà anche se le mandava delle lettere, era l'Accademia a spedirle agli studenti, quindi non sapeva dove realmente abitasse. Chissà cosa avrebbe pensato in quel momento, a quella domanda stramba.
     
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  4. Makenshi Chrona
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    Decisamente, quello le parve un bellissimo luogo in cui stare assieme. Istintivamente, si avvicino' di qualche passo al sensei, scrutando pero' i fiori: e per fortuna che la pioggia mascherava il suo rossore, come il velo di una sposa.
    ... Che strano esempio a cui pensare in un momento come questo, eh, Eiko?
    Aspetto' che lui parlasse, iniziando a raccontare la storia di quel posticino.
    «Siamo nel Rukongai. Primo distretto, Junrinan. Questa è una collinetta poco distante da quella che un tempo era casa mia che io ho 'scoperto' e sgombrato dalla fitta vegetazione che la infestava.»
    La ragazza venne così finalmente a sapere che erano arrivati in una zona del Junrinan. Eiko non aveva mai sentito fare quel nome, ne' all'accademia, ne' tra le persone che passavano di lì. Ma smise di pensarci, per continuare ad ascoltarlo.
    «… Sai, anni fa, prima di iscrivermi in Accademia, passavo le mie giornate in questo luogo. Prima a curare questa piccola zona di paradiso, poi ad allenarmici prima di tentare l'ammissione.» Si riferiva di certo alla sua vita precedente, quella prima di morire, dato che non aveva visto case attorno a loro.
    Lo lascio' parlare, annuendo quando le fu' possibile, con aria attenta. Il rossore si era un po' dileguato dal suo visetto, ma le guanciotte almeno su una sfumatura più scura di rosa restavano. Quando disse che per lui era un luogo speciale si sentì in qualche modo lusingata dal fatto che ce l'avesse portata. ''Forse'', penso' rapidamente, ''sono io la prima che ha portato qua...''
    ... E, senza aver nemmeno tempo di frenare la bocca, disse «Sensei, ha fatto un bellissimo lavoro... Questo posto è stupendo...»
    Ecco, e se ora aveva detto qualcosa fuori luogo? Che avrebbe fatto? Come avrebbe rimediato?
    Infine, prima di star zitto ed aspettare la risposta, le domando' dove abitasse. Eiko tentenno' un po', corrucciando le sopracciglia e sforzandosi di ricordare. Abitava in una casetta a due piani, dotata di vari comfort, ma non avrebbe saputo dirgli il nome del distretto...
    ... Che le torno' in mente in un istante. L'aveva sentito da un passante, il nome. «Ah... Credo di vivere nel distretto Hokutan...» Disse, piano, sorridendo timidamente. Pero' immaginava che, dato che era lui stesso a mandare le lettere, sapesse dove Eiko stessa abitasse. Pero' non fece domande, se non quella più ovvia.
    «Questo è un posto bellissimo, ma perchè siamo venuti qui... ?» Perchè lei vedeva un secondo fine (ovviamente positivo o negativo a seconda della persona) in tutto. E c'era qualcosa di prepotente, in lei, che le diceva che non erano venuti qui soltanto per ammirare i fiori. Si limito' ad aspettare lei, stavolta, la risposta, senza mettergli fretta, inclinando leggermente la testa da una parte.
    No, seriamente, era curiosa. E poi, aveva anche lei qualcosa da dire a lui. Ci aveva ponderato seriamente, e probabilmente era il momento ed il luogo perfetto per dirglielo.
    ... Dopo che avesse sentito cio' che lui aveva da dire, ovvio.
     
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    Come immaginava, Eiko era una ragazza davvero intelligente. Aveva subito intuito che c'era qualcosa sotto dietro la loro visita al luogo segreto di Gintoki. Il dio della morte non poté trattenere un sorriso quando la ragazza le fece quella particolare domanda.
    Tuttavia, non credeva davvero che quel posto le sarebbe davvero piaciuto.
    «Perché...? Mah, a dire il vero, volevo solo allontanarmi il più possibile dal Seiretei, per venire nel posto più sicuro che io conosca. Seguimi ancora, per favore.» E, così dicendo, sotto la pioggia costantemente presente, aggirò l'albero portandosi dietro di esso, nella parte che dalla posizione di prima non era visibile. Mentre camminava, subito dopo aver terminato la frase precedente, domandò a bruciapelo: «Eiko-chan, sei fidanzata, per caso?» Nel chiederglielo, però, non si era tradito. Sembrava totalmente disinteressato, la classica domanda che si farebbe per conoscersi meglio, no? Una volta terminato il breve spostamento, si fermarono dinnanzi all'albero. Alla base di esso, stazionava una piccola lastra di pietra tondeggiante sulla parte superiore, con un nome inciso su di essa.
    Una lapide.
    Questa recitava semplicemente il nome della persona che vi era sepolta; vale a dire “Kato Kagura”. Tra le varie gocce di pioggia, qualche lacrima del sesto seggio si mischiò ad esse mentre rileggeva quelle lettere grottescamente incise sulla fredda superficie grigia e bagnata di quel blocco di pietra.
    «Sai, ammiravo molto la persona che giace qui sotto.» Una lunga pausa di silenzio. «Era una ragazza tutto d'un pezzo, aveva molti sogni, molti dei quali forse troppo complicati per lei. E il più grande provò ad avverarlo fino all'ultimo.» Un'altra pausa, durante la quale si voltò per guardarla negli occhi; magenta contro blu oceano. «Ovvero sostenermi in tutto e per tutto. Diceva che tutto ciò che le bastava per essere felice era la mia felicità.» Silenzio. «Era la mia sorellina adottiva qui nel Rukongai, vivevamo assieme quando non ero uno shinigami. È stata uccisa per sbaglio. Non doveva finire così.» Continuò, imperterrito. «Ad essere onesto, non so nemmeno perché ti ho portato qui. Né perché ti stia dicendo queste cose. Tuttavia, so una cosa per certo. Lei mi ha insegnato che bisogna credere nelle proprie convinzioni. Portarle avanti, anche a costo di sbagliare e di ferirsi per averci provato.» E, successivamente, ciò che non pensava di avere mai il coraggio di fare. Le afferrò le spalle con le mani, fissandola intensamente. «Tu sei una studentessa. Io il tuo insegnante. È una follia, ma... credo di essermi innamorato di te.» Nel dirlo, si sentì improvvisamente libero di un peso opprimente nel petto. Ormai era fatta; come sarebbe dovuta andare sarebbe andata.
     
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  6. Makenshi Chrona
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    'Il posto più sicuro che io conosca', aveva detto lui. Eiko sulle prime non capì cosa ci fosse di tanto segreto da dirle. Ma, comunque stessero le cose, lei lo seguì fino ad aggirare il pesco, mentre lo ascoltava di nuovo: le domando' se era fidanzata.
    Come poteva esserlo, considerando che era stata per poco tempo in una classe di zoticoni che godevano nel metterla in imbarazzo? Quindi, alla luce di questo, Eiko gli rispose con un «No...» che non lasciava molto all'immaginazione. Non lo era, punto, dato che c'era gia' lui nel suo cuore.
    Ad ogni modo, dopo quella domanda, il giro dell'albero fu' completo, ed Eiko pote' vedere il risultato di cio' che prima si era celato davanti ai suoi occhi.
    Una tomba.
    Una morsa ghiacciata, che non aveva niente a che vedere con la pioggia, le strinse la bocca dello stomaco, costringendola a mozzarsi il respiro. Immediatamente, con uno scatto della testa, porto i suoi occhi spaventati a posarsi sul viso del sensei. Nulla tradiva quel che probailmente lei considero' tristezza, mentre riportava a fatica il suo sguardo sulla lastra di pietra.
    'Kato Kagura', recitava, con lettere scritte rozzamente, e senza data ne' di nascita, ne' di morte. «Sai, ammiravo molto la persona che giace qui sotto.» Ascolto' il sensei in totale e rispettoso silenzio, come le suggeriva di fare il cervello, ed anche il cuore. «Era una ragazza tutto d'un pezzo, aveva molti sogni, molti dei quali forse troppo complicati per lei. E il più grande provò ad avverarlo fino all'ultimo.»
    Rimase pietrificata sul posto, voltando solo la testa a guardarlo mentre lui faceva lo stesso. «Ovvero sostenermi in tutto e per tutto. Diceva che tutto ciò che le bastava per essere felice era la mia felicità.» Lo fisso' a lungo negli occhi, con un misto di emozioni contrastanti. «Era la mia sorellina adottiva qui nel Rukongai, vivevamo assieme quando non ero uno shinigami. È stata uccisa per sbaglio. Non doveva finire così.» E scoprì, come quella volta dell'allenamento, che aveva un irrefrenabile voglia di abbracciarlo.
    Non sapeva perchè... Forse voleva tranquillizzarlo. Avrebbe voluto stringerlo a se', carezzargli piano quei capelli tanto disordinati, i capelli che amava, il suo sensei che amava.
    «Ad essere onesto, non so nemmeno perché ti ho portato qui. Né perché ti stia dicendo queste cose. Tuttavia, so una cosa per certo. Lei mi ha insegnato che bisogna credere nelle proprie convinzioni. Portarle avanti, anche a costo di sbagliare e di ferirsi per averci provato.»
    Ma non poteva, dato che ora era stato proprio lui ad afferrarla per le spalle, con decisione, aumentando l'insensita' dello sguardo. Eiko rimase di pietra, e riuscì solo a dire, in merito al discorso precedente, un «Io... Mi dispiace...» appena appena pigolato, perchè davvero, non c'era nulla di più intelligente da dire. Ed aveva gli occhi lucidi.
    Quella storia aveva avuto il potere di toccarla a fondo, ma non tanto a fondo quanto le parole del sensei, non appena questi le pronuncio'.
    «Credo di essermi innamorato di te.»
    Per istanti pressoche' infiniti le sembro' di galleggiare nel vuoto più assoluto. La morsa che aveva sullo stomaco si allento'. Anzi, a pensarci bene le sembrava di non avercelo nemmeno più, lo stomaco.
    Si riprese, e da bianco latte che era il suo viso, si coloro' immediatamente di un rosso accesissimo, mentre spalancava gli occhi. Poi, alla fine, prese il coraggio a due mani, perchè, riflettendoci, se avesse mandato a fare in culo una situazione del genere, non sarebbe più ricapitata l'occasione di farlo. Ne' di dirlo. «... Sensei... Ho... Cioè avrei... Anche io una cosa da dirle...»
    Non era più tesa come prima. Vai, Eiko, vai!
    «... L-la amo anche io!»
    E, detto questo, la piccola Eiko divento' color peperone, mordendosi il labbro inferiore con media forza. L'aveva detto davvero.
     
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    «… Eh?» Quando sentì quella frase uscire dalla bocca della ragazza, il mondo sembrò crollargli addosso. Come aveva previsto. Sì, ma per il motivo diametralmente opposto!
    Calma, calma, calma. Rianalizziamo il tutto. Gintoki si è appena dichiarato. Eiko è sbiancata, diventando pallida come un cencio. Poi è avvampata, cominciando a balbettare. E ha detto che anche lei lo amava.
    No, aspetta, wtf? Cos'erano questi sviluppi da storia romantica?
    Lui si aspettava che gli desse del pedofilo, altroché!
    Al contrario, invece, era andato tutto talmente bene, che addirittura stentava a crederci. Il cuore prese a battergli fortissimo, come un martello pneumatico, mentre il suo colorito diventava sempre più tendente al rosso fuoco, mentre arrossiva omogeneamente dal basso verso l'alto, in perfetto stile gag manga.
    Le farfalle che aveva nello stomaco avevano cominciato a ballargli la macarena dall'interno, si sentiva agitatissimo.
    “Q-quindi è andata...?” pensò, mentre la fissava incredulo, constatando quanto fosse bella quando arrossiva. «P-per te... per te non è 'sensei'... per te è 'Gintoki'. ♥» Poi, senza rifletterci, di scatto, si china per baciarla. Un bacio assolutamente casto, dolce. Nel momento in cui le sue labbra vennero a contatto con quelle morbide della ragazza, sentì quasi come un obbligo da seguire assolutamente quello di chiudere gli occhi, lasciandosi trasportare dall'enfasi del momento.
    La pioggia continuava a battere ribelle su di loro, ma a lui non importava minimamente. Era bagnato fradicio, così come lei, e probabilmente si sarebbe ammalato.
    Ma ora aveva lei, aveva un nuovo motivo per vivere. Quella che sarebbe diventata la sua unica e determinante ragione di vita.
     
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  8. Makenshi Chrona
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    Anche sentendo il suo «… Eh?» perplesso, quasi scioccato, Eiko non gli rispose. Non per maleducazione, ma perchè non poteva rispondergli affatto, dato che l'imbarazzo l'aveva bloccata.
    E se ve lo state chiedendo si, era una tsundere paurosa.
    Alzo' appena lo sguardo, unica cosa che riuscì a fare, per vederlo arrossire del tutto, diventando quasi della sua stessa tonalita'. Lì Eiko ebbe un moto di tenerezza. E, forse, capiva anche quello che stava provando... Dato che forse corrispondeva al suo stesso stato d'animo.
    Lo rifisso', quasi incredula, dritto negli occhi.
    ... Per lei lo era ancora, ma andava benissimo! Ed infatti si sbrigo' ad annuire, avvampando, se possibile, ancora di più. «P-per te... per te non è 'sensei'... per te è 'Gintoki'. ♥»
    «S-s-si, G-Gin-... !!»
    Stava appunto per chiamarcelo, quando le sue labbra, umide e morbide, si posarono su quelle della ragazza. Eiko venne percorsa da varie scariche elettriche, mentre diventava color rosso fuoco e chiudeva d'istinto gli occhi, rimanendo pero' immobile.
    E si ricordo' distintamente che tutte le sue coetanee desideravano ardentemente un bacio sotto la pioggia. Dicevano che era il massimo del romantico, e che solo il principe azzurro sarebbe venuto a darlo a loro.
    Allora il sensei era il suo principe azzurro... ?
    Si, non ne aveva alcun dubbio. Ma non pote' comunque fare a meno di avvampare violentemente, mentre si godeva quel tanto desiderato bacio. Non riusciva a tremare, anche se aveva freddo, e anche se la pioggia continuava a riversarsi addosso a loro due. No, nemmeno madre natura avrebbe potuto rovinare quel momento.
    Che, ora Eiko lo sapeva, si sarebbe protratto quasi all'infinito.
     
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    Quanto durò quel bacio, Gintoki non sarebbe stato mai in grado di dirlo con certezza. Per lui, il tempo si era totalmente fermato.
    In quel momento per lui esistevano solo lui stesso; la sua amata Eiko, e il bacio che si stavano scambiando.
    Le labbra morbide e carnose che si incontravano più volte con le sue. Ne riusciva ad assaporare l'essenza. Ora che erano così incredibilmente vicini, sentiva distintamente il suo profumo. Il profumo di una ragazza semplice. Di una ragazza innamorata.
    In quel momento, forse, aveva capito tante cose dei suoi comportamenti nell'arco dei pochi mesi precedenti, a partire dal loro incontro, fino a pochi minuti prima di quel bacio.
    Ricordava lo sguardo atterrito e sofferente quando Yukari l'aveva trascinato vicino al Senkaimon dagli studenti. E lei lo aveva guardato in quel modo. Piena di terrore. Poi, in quella occasione, l'allora decimo seggio svenne.
    Quando tornarono a casa e lui si fu mezzo ristabilito, si allenarono da soli. Ricordava che non lo guardava. Ricordava le sue lacrime alla vista del suo sangue.
    Ricordava quando, quello stesso giorno, arrossì in quel modo al complimento sulla capigliatura.
    E ricordava anche quando sentiva che le batteva il cuore all'impazzata quando erano stretti sotto quell'ombrello.
    Ora capiva bene perché. Si amavano, ma nessuno aveva il coraggio di dirlo all'altra.
    Dopo diversi minuti, che sembrarono decenni, il sesto seggio interruppe il bacio, riaprendo gli occhi, e guardandola con dolcezza mentre ancora le sue labbra erano dischiuse. Era davvero bellissima. Inevitabilmente, la sua mano destra andò a carezzarle la guancia del suo lato opposto, il sinistro, mentre la osservava.
    «Sei così bella... ♥» Mormorò, mentre la pioggia battente sembrava imperversare ancora di più. «Non mi sembra nemmeno vero...» Continuò, abbracciandola, e stringendola a sé. Erano entrambi bagnati e con un malanno prenotato, ma forse il calore del suo corpo avrebbe potuto ristorarla un poco. Non moltissimo, ma beh, era qualcosa. La testa dai capelli corvini della ragazza aderiva sul suo petto, mentre lui le abbracciava la testa con fare protettivo.
    Ora che era con lui, non l'avrebbe mai più lasciata. Adesso, nessuno dei due avrebbe più sofferto la solitudine.
    Un futuro roseo e d'amore vero, si stagliava dritto sulla loro via.
     
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  10. Makenshi Chrona
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    Puo' risultare strano, ma in tutti questi diciannove anni di vita, ed anche dopo, fino ad ora Eiko non aveva mai baciato nessuno. Non conosceva le mille sensazioni che ne scaturivano, semplicemente perchè nessuno aveva mai attirato la sua attenzione. Non nel senso sentimentale, per lo meno.
    Nessuno, almeno, finchè non aveva incontrato il sensei. Forse l'unica persona buona (non avendo conosciuto praticamente nessun'altro) e disposta ad ascoltarla, con gli altri due nella classe precedente. E poi era carino. Molto, molto carino, con quei capelli spettinati, e con quel sorriso leggero che aleggiava sul suo volto.
    Pero' ora Eiko sapeva che, anche se avesse conosciuto altri uomini, nessuno sarebbe stato come lui. Era pronta a giurarlo sulla sua stessa testa, dove la bocca era occupata a ricambiare i dolcissimi baci proprio di lui, mentre Eiko era ormai diventata color cremisi scuro, imbarazzata, ma del tutto a suo agio. Non pensava a nulla, era così rilassata che aveva la testa vuota per la felicita' che sentiva.
    Un eternita', una piacevolissima eternita' dopo, si separarono. Eiko riaprì lentamente gli occhi, le labbra ancora umide e semi dischiuse, con le gote rosse e la faccia bagnata per la pioggia, con piccole gocce che scorrevano sulla fronte e giu', fino al mento, dai capelli bagnati ed appiccicati sulla fronte. «Sei così bella... ♥» Disse lui, portando una mano sulla sua guancia, con dolcezza infinita.
    E lei reagì alla sua carezza, sorridendo timidamente e piegando un poco il volto contro la sua mano. Si sentiva esplodere, quasi, non le sembrava vero.
    «Non mi sembra nemmeno vero...»
    «L-lo e'... ♥»
    *Disse, a voce bassa, quando il sensei espresse a voce il suo stesso pensiero. Si lascio' abbracciare, chiudendo gli occhi ed assaporando il suo calore, mentre le sue mani si andavano a stringere attorno alla sua vita. Poggio' la testa contro al suo petto, sorridendo felice. Era sparito tutto, attorno a loro, e la pioggia non sembrava pià così fredda. E, malgrado fosse troppo minuta, Eiko cercava di scaldarlo a sua volta:
    ... Cioè, ovviamente avrebbero preso la febbre tutti e due, ma si fa' quel che si puo' ♥
    Strofino' appena la guancia contro il suo petto, sentendosi al sicuro e al 'calduccio', forse per la prima volta dopo tutto quel che era successo. E, per dimostrarlo, amplio' il sorriso e si strinse di più a lui, ignorando la pioggia che ormai scrosciava loro addosso.
     
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    Quel che successe dopo, non è nulla di eclatante. Ciò che Gintoki doveva fare lo fece; tutto sommato, non poteva proprio lamentarsi di nulla. Tutto era andato nel migliore dei modi: chi se ne frega di un banale raffreddore?
    In ogni caso, non avrebbero potuto rimanere a lungo in quel modo sotto la pioggia, quindi, dopo aver preso per mano la ragazza, la riaccompagnò a casa, sorridendo come un ebete durante tutto il tragitto, incapace di parlare per via di quel rossore in volto e quell'imbarazzo che comunque stentavano ad andarsene. Una volta arrivati a casa della ragazza, le diede un altro bacio, davanti all'uscio dell'abitazione, prima di congedarsi, sussurrandole un 'Ti amo' all'orecchio, per poi allontanarsi con un sorriso compiaciuto sulle labbra.


    CITAZIONE
    La ruolata può considerarsi conclusa, e grazie ancora a chi, per caso, avesse voluto leggerla. c:

     
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  12. Belfagor90
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11 replies since 9/9/2011, 21:12   64 views
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