Uova giganti, nozze fra titani e gelosia

Parte due - apprendimento tecnica personalizzata Low Kick

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  1. Belfagor90
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    Continua da qui.


    Mai buttare rocce lungo i pendii nei boschi, potresti beccare qualcuno senza volerlo. Tirare teste di manichino in aria segue lo stesso concetto e ora sembrava che avessi fatto male a qualcuno.
    Ero andato lì con le più sincere intenzioni di scusarmi dal più profondo del cuore. Chi se lo aspettava che le cose potessero evolversi in quel modo? Statisticamente impossibile, ma con l’introduzione della variante “Urahara Mouryou” tutto e ripeto tutto diventa improvvisamente fattibile.
    E poi io quella voce la conoscevo.
    - Chiedo scusa, non era mia intenzione – dissi non appena la mia testa spuntò oltre la sommità del muro. Beata ignoranza, se solo fossi scappato e basta…
    - Chi se non tu! – esclamò già irritata la mia vittima massaggiandosi l’esterno coscia con insistenza.
    - Falkner-sensei!? – esclamai sorpreso. Ecco perché pensavo di conoscere quella voce!
    - No, sono la fata madrina.
    - Mi mancava il tuo sarcasmo, maestro.
    - Ritornando all’argomento principale, perché lanci pezzi di legno in un luogo pubblico? Hai colpito il mio tratto ileo-tibiale sinistro e… non stai capendo una mazza, vero? – osservò l’uomo constatando la vacuità nel mio sguardo.
    -
    - E’ il tendine che dal gluteo maggiore scende nella coscia, porco giuda, ma sai quanto fa male!?
    E dillo subito allora!
    - Ahhhh, capisco. Beh, questo posto non è mica tanto pubblico. Qui è la zona di allenamento per gli ufficiali di alto grado – specificai non senza un pizzico di auto-compiacimento.
    Con quell’ultima promozione ero solo ad un passo dal raggiungere il mio maestro nella scala gerarchica dei Gotei 13. Come non potevo essere contento? Doverci parlare da pari a pari era come un piccolo sogno diventato realtà! Ora non dovevo fare altro che attendere la prossima frecciatina…
    - Ufficiali di alto grado? Allora mi stupisco che tu sia qui.
    Bingo! Puntuale come l’orologio atomico di Francoforte.
    - Uhuhuh, ma io ora sono un quarto seggio e ho tutto il diritto di allenarmi qui.
    Ora ci sarà il solito “oh poveri noi, come siamo caduti in basso” seguito da una sbrigativa serie di complimenti di circostanza prima di essere mandato per i fatti miei. Una scena assolutamente normale e indolore… tutta rovinata da un mio breve quanto raro attacco di pignoleria.
    - Oh poveri noi, come siamo caduti in basso. Oh beh, ti faccio i miei migliori complimenti per la promozione, bla bla bla, e ora lasciami fare il mio lavoro. Devo fare il censimento dei nuovi arrivati e la fila per l’archivio è da segarsi le ginocchia.

    Fu in quel momento, mentre ignoravo completamente ciò che diceva per paura di un altro tecnicismo come la torta villo-vattelapesca, che vidi la fonte delle mie sfortune future: una placca di legno legata al braccio sinistro di Falkner con sopra incisi il simbolo e il numero dell’Ottava Brigata.
    Mi colse un orribile sospetto.
    - Sensei… cos’è quella placca legata al suo braccio?
    Lui la guardò con fare casuale, come se vi fosse già abituato.
    - Questa? Ah, questo è il mio distintivo da Tenente.
    - Tenente… ente… ente… – continuò a riecheggiare la sua voce all’interno del mio cranio in modalità stand by.
    Mi fiondai su di lui afferrando l’oggetto incriminante.
    - Non va bene sensei, rubare è male! La renda subito al Tenente Ise o si beccherà una faccina triste sul curriculum!!
    Lui mi scostò stizzito.
    - Ma che rubato, per chi mi hai preso!? Questo distintivo è mio, me l’ha dato il mio Capitano. E sicuramente non si mettono faccine tristi sui curriculum, ma note di demerito!
    Non ci volle molto perché realizzassi le implicazioni dell’ultima frase, ma il silenzio che passò fra la ricezione dell’informazione alla sua elaborazione fu molto imbarazzante per entrambi.
    - AAAAAAAAAAAAAAAAARRRRGGHH!!! – urlai puntandolo con fare accusatore e sguardo omicida prima di cominciare a ruotare su me stesso in chiaro conflitto mentale con una notizia troppo brutta da digerire.
    - Ecco, lo sapevo. Reagisci sempre male a certe notizie – commentò con un sospiro il neo-Tenente dell’Ottava Brigata guardando il suo pupillo numero uno (disonore che temeva di non riuscire mai a lavare) che cominciava a battere testate contro il pavimento al ritmo di “non-è-giusto” diviso in tre testate alla volta.
    - Senti, ho veramente poco tempo e non posso passarlo a subire uno dei tuoi attacchi di follia. Ora, se vuoi scusarmi…
    Fece per voltarsi e lasciarsi quello spettacolo pietoso alle spalle, quando un colpo dove prima lo aveva reso la testa di legno lo costrinse a voltarsi nuovamente.

    Sdonk!

    - Ahia, ho detto che fa male accidenti!
    Ma Urahara Mouryou sembrava avere la rabbia! Sbavava e gli occhi erano iniettati di sangue mentre cercava di calciare ripetutamente il trotto oleo-tropicale (era così, giusto?) del suo sensei con una lunga serie di calci bassi. Dal suo canto Falkner aveva capito che se non l’avrebbe fatto sfogare ora si sarebbe ritrovato addosso quella specie di cagnolino sclerato per tutta la giornata. Meglio far finta di essere colpito dai suoi attacchi per dargli un po’ di soddisfazione.
    Cominciò quindi a fare tanti piccoli spostamenti nella direzione verso la quale si muoveva la gamba del suo ex-allievo per ammortizzare i colpi. In pratica non si faceva quasi nulla e il biondo avrebbe comunque sentito l’impatto. Un buon compromesso dal suo punto di vista.

    - NON PUOI ESSERE DIVENTATO TENENTE, NON LO ACCETTO!! VOI VECCHI DOVETE SOLO ANDARE IN PENSIONE E LASCIARE SPAZIO AI GIOVANI!! – urlavo da totale invasato mentre colpivo a raffica su tutte e due le gambe del mio sensei.
    - Ho solo sei o sette anni più di te – notò giustamente lo Shinigami con la voce della ragione.
    - APPUNTO!! SEI SOLO UN VECCHIO CHE OTTIENE PROMOZIONI SU PROMOZIONI, E’ MALEDETTAMENTE INGIUSTO CHE TU SIA SEMPRE SOPRA DI ME!!
    - Me le sono guadagnate – ribatté con un pizzico d’irritazione.
    - NON E’ VERO, TU TI FAI IL TUO CAPITANO!!!
    Oddio, quella era stata così grossa che per un piccolo istante ci fermammo entrambi ancora stupiti dalla bestialità che era uscita dalla mia bocca.
    - Cosa hai detto? – sibilò con gli occhi ridotti a fessure.
    Ma come capita in certi litigi dopo un po’ il buonsenso va a farsi benedire e una delle parti comincia a dare di matto sparando tutte le stupidaggini che gli vengono in mente. E io di stupidaggini ne dico molte anche quando sono lucido, quindi potete ben immaginare che un simile filone di castronerie non sarebbe stato abbandonato facilmente.
    - HAI CAPITO BENE!! TU METTI LE MANI SULLA SCRIVANIA MENTRE IL CAPITANO RILASCIA IL SUO MISTERIOSO BANKAI E FATE IL GIOCHINO EROTICO DOVE TU TI VESTI DA CONIGLIO E LUI DA CAROTA…
    Nei secondi che seguirono ne dissi tante altre, molte anche peggiori, sempre senza smettere di colpire e Falkner di ammortizzare. Fu quando tirai in mezzo (o meglio “misi nel mezzo a loro due”) Star, il cane lupo del neo-Tenente, che oltrepassai la sottile linea rossa che divide la coscienza di Falkner dall’area “non dire nulla, sai com’è fatto” a quella “chissenefrega, questa è la volta buona che l’ammazzo”.
    Veloce come il pensiero estrasse la sua Zampakutou e la caricò sopra la testa preparandosi a dividere il suo allievo per la linea che andava dalla testa ai piedi. Con il suo nuovo livello di forza lo avrebbe tagliato come burro, poco ma sicuro, ma lui avrebbe messo anche un bel po’ di potenza spostandosi in avanti.
    - Crep-!!

    STOMPF!!

    La facciata sul terreno che prese non appena poggiò il piede in avanti fu qualcosa al contempo epico e patetico. Senza capire com’era stato possibile le sue gambe si fossero afflosciate non appena terminato il movimento, non poté far altro che trascorrere qualche secondo a meravigliarsi di tutto ciò. Non riusciva neanche a muoverle! Ma quel che era peggio era che Urahara lo fissava dall’alto ancora più incredulo di lui.
    Cos’era successo?
    - Il tratto ileo-tibiale!! – realizzò improvvisamente.
    Nonostante avesse ammortizzato i colpi lo shock dell’impatto aveva praticamente trasformato in burro fuso il suo muscolo rendendogli impossibile l’utilizzo delle gambe per rimanere in equilibrio. Quel minchione l’aveva azzoppato ad entrambe le gambe per puro culo!! Fortuna che era troppo scemo per capire cosa fosse successo o per lui sarebbe stato un vero problema…
    - Che c’è sensei? Fa male il tratto ileo-tibiale? – dissi con voce da super-cattivo che ha appena catturato l’eroe della situazione.
    - !?!?
    - Ma certo, è chiaro come l’acqua chiara. Il ripetuto shock da contusione ricevuto direttamente sul tendine deve aver causato un progressivo intorpidimento del muscolo con effetti empiricamente facili da osservare. Elementare, assolutamente elementare – continuai implacabile.
    Falkner era a bocca aperta. Più per l’improvviso picco nel QI dell’allievo, solitamente al livello di un comodino, che per la situazione in sé.
    - Essendo un tendine estremamente lungo prende quasi tutto il lato esterno della coscia ed è specialmente vulnerabile poco sopra il livello del ginocchio dove le fibre elastiche raggiungono un maggiore grado di compattezza rima di attaccarsi alla tibia. Invero un punto assai vantaggioso da colpire.
    Il neo-Tenente era ancora a bocca aperta.
    - La ringrazio per la collaborazione sensei. Ora scusi, ma ho qualcosa di cui occuparmi con una certa urgenza – e sparii con un rapido Shunpo lasciando il mio maestro per terra come un sacco di patate.
    Fu dopo diverso tempo che riuscì a porsi la domanda che lo attanagliava.
    - Che cazz-? Ma mi ha preso in giro o cosa!?
    Probabilmente non l’avrebbe mai scoperto. I picchi di serietà e intelligenza di Urahara erano così rari e strani a vedersi che non potevi fare a meno di chiederti se la sua essenza scema fosse tutta una finta e in realtà fossi stato preso in giro fino a quel momento. Per chiunque potrebbe essere una possibilità, solo che Mouryou era sempre così… così poco innaturalmente idiota! Insomma, nessuno si ficcherebbe in simili guai solo per una copertura!


    Oppure sì?

    >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

    Zaraki Kenpachi era nel cortile della Fattoria con l’immancabile Yachiru sulle chilometriche spalle. Dopo un pomeriggio speso a ricordare vecchi scontri e combattimenti avvincenti era venuto il momento di tornare ai suoi doveri di Capitano: picchiare i suoi soldati affinché diventino più forti per poi picchiarli con maggiore gusto dopo.
    La Padrona se ne stava sulla porta della casa con le braccia incrociate e l’aria soddisfatta. Era sempre bello soddisfare un cliente affezionato e intascare un ordine valido per quarant’anni di rifornimenti personali ad un costo scucibile solo ad un uomo senza il senso del denaro. E poi aveva ricordato alcuni vecchi pestaggi davvero soddisfacenti e quindi il suo umore era decisamente alto.
    - Alla prossima Ken-chan. Vedi di non farti battere mentre non ti tengo d’occhio – lo salutò cameratescamente.
    - E tu vedi di non rammollirti troppo – fu la micidiale frecciatina del Capitano dell’Undicesima.
    - NON DIRE CRETINATE! LUI E’ SOLO IL GUARDIANO DEI GALLI!!
    Peccato che nel dirlo arrossì violentemente.
    - Mai parlato del biondino.
    Un commento da Mouryou se avesse assistito alla scena come terzo elemento non coinvolto personalmente: “OWNED!”.
    - Fuori dalla mia proprietà prima che ti tagli quella testaccia puntuta – ringhiò la donna fra i denti.
    - Tsk!
    - Bye bye, onee-san!! – salutò la piccola Tenente agitando la manina.
    - Onee-CHAN!!! – la riprese prontamente la giovane donna punta nel vivo.
    I due più forti rappresentanti della Brigata d’Assalto del Seireitei erano finalmente sul punto di andarsene che una specie di tempesta di polvere piombò su di loro dalla strada. Un tempesta di polvere che parlava con un tono decisamente sovreccitato.

    - A-AH!! Pensavate che vi avrei risparmiato, illusi!! Ora sarete preda della mia collera!!!
    Gli vennero rivolte tre paia di sguardi parecchio perplessi. Comprensibile se qualcuno riappare con una frase del genere dopo essere fuggito via piangente diverse ore prima. Questo caso però era particolarmente particolare. Qui un misero quarto seggio stava minacciando un Capitano e un Tenente riconosciuti per la loro enorme forza come se niente fosse. Abbastanza per etichettare Urahara Mouryou come pazzo suicida e magari ispirare un pizzico di misericordia e pietà.
    Magari con un altro avversario sarebbe stato così…
    - Oy! – fece il gigantesco Kenpachi guardandomi dalla sua altezza spropositata - Vuoi combattere, guardiano dei galli?
    …ma certe reazioni sono fuori dalla capacità di comprensione di un Kenpachi, per loro una sfida è sempre da accettare con gioia e da affrontare al massimo della loro forza così ingiustamente smisurata.
    - Puoi scommetterci, sottospecie di armadio monocolo! – e rieccola la mia lingua che partiva per conto suo - Sia ben chiaro che non permetterò una cosa simile!
    Zaraki non chiese nessuna spiegazione. Lui non chiedeva MAI spiegazioni. Col ghigno che si allargava sempre di più aprì i lembi del suo haori mettendo in bella vista i muscoli del petto tesi come corde di violino sotto la pelle dura come il ferro.
    - Molto bene, ti do un piccolo vantaggio: un intero minuto per colpirmi tutte le volte che ti pare. Puoi anche mirare a degli organi vitali se preferisci.
    - Hey Ken-chan, non credi di esagerare? – chiese la Padrona con tono… apprensivo? Per me!?
    - Fa silenzio. Mi ha sfidato sapendo bene chi sono, non osare interferire se non vuoi che ammazzi anche te – sbottò il Capitano continuando a fissare il suo nuovo avversario con un ghigno lupesco sulla faccia.
    Io ero shockato. Ma come osava dire una cosa del genere alla donna che doveva sposare in matrimonio riparatore? Certe cose non dovrebbero neanche passargli per l’anticamera del cervello!!
    - Hai passato il segno Kenpachi, come osi rivolgerti a lei in questo modo!? SHOHI, ALUCARD!! – esclamai improvvisamente arrabbiato liberando la forza della mia Zampakutou.
    Non avrei mai pensato di dirlo, ma… un attimo fu addosso a Zaraki Kenpachi!
    - SUBISCI L’IRA DIVINA! TI SPIEZZO IN DUE!! MIO TESSSSSSOOOOROOO!!!
    E gliene diedi tante, ma davvero tante. Così tante che persi completamente il conto. Non risparmiai nulla e continuai ad infierire usando lo Shikai e tutte le tecniche più letali che conoscessi, con mani, coi piedi, con la testa, i morsi e le parolacce. In quel breve minuto divenni la perfetta macchina da guerra sbaraglia-Hollow che avrebbe reso qualsiasi Capitano, sensei o sempai che dir si voglia, vorrebbe. E nessuno di quelli che avrei voluto fossero a guardare era entro dieci chilometri di raggio. Destino Infame.
    Durai un minuto esatto alla fine del quale mi dovetti fermare ansimante per l’enorme quantità di reiatsu che avevo speso nell’usare tutte quelle tecniche. Cavolo, forse avevo esagerato. Dovevo averlo ridotto ad un mezzo colabrodo con tutti quei colpi perforanti, i neo-imparati low kick, gli spacca-fiato, e le tecniche dello Shikai. No, rimanendo nell’ambito del reale forse gli avevo fatto un paio di ferite di lieve entità. Cosa potevo aspettarmi d’altronde? Sfidare un Capitano, ma quanto sarò stato deficiente! Certo che in quel momento mi ero arrabbiato davvero tanto, ma per quale motivo poi? Non ricordavo più cos’avevo detto prima di partire all’attacco.
    - Tempo scaduto. Tocca a me… – lo sentii dire da sopra, molto sopra, di me.
    Era fatta. Morto giovane e prima di combinare qualcosa di decente in quell’aldilà così problematico. Verrò ricordato solo come “quel tipo strano che per un chissà quale colpo di fortuna divenne quarto seggio visto che faceva sempre una marea di cazzate” invece del “meraviglioso, potentissimo e saggissimo Capitano-Comandante dal vivace passato che aveva un poggiapiedi di nome Falkner Chase” al quale segretamente ambivo. Peccato, avevo già preparato la casa-fortezza dei miei sogni. Tenevo il progetto nel cassetto chiuso a chiave della mia scrivania e sembrava proprio che vi sarebbe rimasto finché non avessero rivenduto casa mia e avessero ripulito i mobili dai miei averi mentre i miei atomi frantumati volteggiavano tristemente per mezza Soul Society.


    No, non devo mettermi a piangere…
    - Ora… tocca me – disse sollevando il pugno.
    …sniff.

    SKKAAATTOOOOOOOOOOOMMMM!!!!
    o.83987


    Fu un mese molto rilassante quello che passai in terapia intensiva. Non facevi altro che dormire e quelli della Quarta si affaccendavano attorno a me come tante formiche intorno alla loro regina: portando cibo, controllando le funzioni vitali, ripulendo gli scarti… sì, posso affermare con sicurezza che mi riposai davvero tanto durante il coma. Sarebbe bello passare così qualche weekend feriale, ma ottenere il diritto di stare lì era davvero troppo, troppo doloroso.
    Al mio risveglio ritrovai tutto come l’avevo lasciato (fortunato a vivere in una società millenaria dove ogni cosa viene naturalmente rallentata dall’enorme quantità di tempo che ognuno si ritrova dopo aver guadagnato centinaia di anni di vita extra) e non sembravo aver problemi latenti se non una leggera, ma comprensibile, paura delle mani alzate in aria.
    Bilancio totale: due tecniche apprese, sopravvissuto ad un incontro/scontro col Capitano più violento dei 13 Gotei (e ciò mi varrà il titolo di “uomo del miracolo” una volta tornato al mio plotone) e riposato alla grande! Più che positivo direi.
    Ma… ancora non avevo visto tutto!
    La mattina del secondo giorno dopo il mio risveglio sentii qualcuno bussare alla mia porta. Mi pietrificai: era la Padrona! Un mese di inattività sul lavoro mi avrebbe provocato problemi col mio Capitano (ormai non ero più nella posizione di potermi prendere una vacanza e pretendere che non fosse successo nulla), ma con lei potevo guadagnarmi un altro mese di degenza!!
    - Buongiorno – ringhiò lei cominciando a scrocchiare le nocche.
    - AAAAAAAARRRGGHH!!! NON MI PICCHI, SONO INFERMO!! – urlai rannicchiandomi sotto le coperte in una vano tentativo di difesa. Non ero un problema per lei quando ero sano, figuriamoci dopo un coma di un mese!!
    Un attimo dopo e mi fu addosso!
    - Addio mondo crudele, aldilà bastardo e Destino Infame – pregai silenziosamente mentre l’elettrocardiogramma impazziva per la fifa che provavo.
    Ma la padrona rimase immobile, le braccia che mi circondavano con la rude gentilezza di una ragazza abituata al duro lavoro di una fattoria. Mi stava… ABBRACCIANDO!?!?
    - Non fare più una cosa così stupida...
    La mia mente era talmente shockata da quello che stava succedendo che persi la presa sulla coperta lasciandola cadere. Ora la vedevo bene: mi aveva afferrato senza possibilità di scampo e aveva sepolto la faccia sul mio petto impedendomi di guardarla in faccia. Era vicina, troppo vicina! Oh, ma i suoi capelli erano sempre stati di un castano così bel- MENO STRONZATE PER QUESTA TESTA BACATA!!
    - Err… uhm… ek… – balbettai.
    Accanto a me l’elettrocardiogramma cominciò a mostrare numeri crescenti: 120… 160… 190… 210!
    La Padrona sollevò di qualche centimetro la testa. Oddio, gli occhi lucidi col leggero rossore no...
    - Promettimi che certe cose non le farai più, va bene? – mormorò incurante del “bibibibibibibibibibiibibibi” dell’apparecchio che aveva cominciato ad emettere fumo come una pentola a pressione.
    - Gnurgh… – annuii rigido come un blocco di Sekkiseki appena modellato. Avrebbero potuto usarmi come pietra portante di una nuova torre tanto ero diventato “solido”.
    Si staccò da me lasciando una sensazione di vuoto come potrebbe lasciarla l’esplosione della luna nel cielo notturno, si ricompose e ritrovò in un lampo il vecchio sguardo di superiorità sprezzante con cui l’avevo sempre vista.
    - Se sembri così scocciato dalla mia presenza allora io me ne vado. Tanto non ero venuta mica a vedere te o altro. Qui è ricoverato anche un mio vecchio amico, sono venuta qui solo perché visto che c’ero… comunque non montarti la testa!
    L’elettroencefalogramma divenne improvvisamente piatto quando nella mia testa apparve la parola “tsundere”, vocabolo imparato da Gintoki Sakata, mio amico patito dei manga. Essa descriveva quelle persone, soprattutto donne, che mostrano un lato duro all’esterno ma che in fondo sono dolci e premurose. La loro apparente durezza di spirito è solo una maschera per proteggere il lato più debole della loro personalità che percepiscono come una debolezza e tentano quindi di nascondere per salvare le apparenze. In quel preciso momento io capii qualcosa che mi avrebbe cambiato la vita per sempre.
    - Tsu-tsutsu-tsuu… – provai a dire con un fortissimo principio di tic all’occhio sinistro.
    Si rialzò con un movimento che ai miei occhi apparve volteggiante e si diresse verso la porta senza neanche voltarsi. Sapevo che dovevo fermarla. Sapevo di volere che lei restasse con me. Sapevo che lei era stata preoccupata per me e volevo bearmi di questa situazione ancora un po’… ma non avevo il coraggio o la forza di fermarla. Lei era fatta così, sempre dritta per la sua strada in barba a qualsiasi essere che tentasse di deviarla. Forte come una roccia e inflessibile come una sfera d’acciaio, quella donna, ne ero sicuro, poteva piegare una Zampakutou solo con la forza della sua risolutezza.
    E io la stavo facendo andare via. L’elettrocardiogramma diminuì la frequenza in segno di delusione.
    - Comunque… – le mie orecchie scattarono speranzose - Cerca di tornare presto… stupido.
    Furono le sue ultime parole, ma per me bastarono. Io avevo visto. Ne ero sicurissimamente certissimo. Per un attimo, proprio mentre lei stava per uscire, era stato lì: il broncio! Ora capivo cosa significava quell’arcana parola, conosciuta solo da una ristretta cerchia di uomini nel mondo che abbracciano la fede dell’amore per innalzare la propria anima e il proprio spirito fino a ricevere l’illuminazione. Sakata me l’aveva detta una volta e io, povero sciocco, non ero stato capace di capirne il profondo e assoluto significato. Ma ora i miei occhi si erano aperti e il mondo… il mondo non sarebbe stato più lo stesso.
    La macchina cominciò a mostrare numeri in terrificante ascesa. Era inarrestabile e sempre più veloce. Le viti si staccavano con la forza di una raffica di proiettili, il supporto gemeva spaventosamente e il pavimento stesso cominciava a tremare sollevando le piastrelle. La lampada esplose quando i miei battiti superarono i settecentonovanta al minuto!
    Con volto deformato dall’intensità del momento e gli occhi che brillavano della luce sacra che illuminò il Buddha all’apice del suo percorso spirituale i battiti superarono infine le mille unità al minuto.
    Un urlo di disumana illuminazione proruppe dalla mia bocca.
    - THIS-IS-MOOOOEEEEEEEEEEEEEEEE!!!

    Edited by Belfagor90 - 5/2/2012, 12:59
     
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    Ho adorato la parte del “meraviglioso, potentissimo e saggissimo Capitano-Comandante dal vivace passato che aveva un poggiapiedi di nome Falkner Chase” :'D

     
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