Classe C [I]

Presentazione + Controllo del Corpo Lv.1

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  1. °LoxaS
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    Non si poteva certo dire che avesse passato un sonno tranquillo, ma almeno il sonno, se non la notte, era andato. Le sue palpebre chiuse avevano sbarrato l'accesso a nuovi pensieri e avevano rinchiuso nella sua mente quelli più vecchi e rancidi, sconvolgendoli e rivoluzionandoli. Aveva quindi sognato di quella volta in cui uomini senza volto e senza anima l'avevano appesa con del filo sottile e tagliente lungo tutta la circonferenza dei suoi morbidi polsi. Facevano evidentemente il tutto, loro, solo per stupirsi di vedere bucata e lercia una pelle che agli occhi di nessuno, visto che gli interlocutori di lei erano senza volto così come senza occhi o sguardo, mancava d' agognata purezza.
    Lei si svegliò solo dopo che l'ebbero scarnificata viva, contenta di poter finalmente urlare.
    Era sudata, spaventata e, cosa peggiore di tutte, ricordava l'incubo da cui si era fisicamente svegliata in modo troppo vivido e reale. Come non fosse infondato, come se qualcosa in lei fosse fuori posto ed estraneo a sé. Solo per coincidenza, forse, la casacca che sempre indossava divinamente era aperta... non poteva accettarlo! La sua mente non resse e lei scattò in aria, cadendo dal suo giaciglio, ritrovandosi sul duro e freddo terreno vicino ad un pacco che non riconosceva come suo. Lo aprì, prima di tornare alle violenze fisiche ricevute. Era intenta a rinviare il duro colpo infertole dall'ingannevole vista il più a lungo possibile. Scartò quindi con lentezza finchè non vi fu più nulla intorno all'abito rosso, che inizialmente non riconobbe come avrebbe dovuto: pensò le fosse capitato il più malato degli uomini. Pensò che quest'ultimo non solo l'avesse visitata nella notte, ma avesse anche avuto la cortesia d'informarla di essere una rossa vergine e vittima sacrificale e che, prima o poi, sarebbe venuto a prendere ciò che di diritto era suo. Ma di diritto tua un corno! Si ritrovò sorpresa ad urlare in risposta ai suoi stessi pensieri e capì: capì che doveva calmarsi e stare al gioco. Perché solo così avrebbe potuto incontrare questo malato patologico e recapitargli la sua cortese risposta, adattandola ovviamente al proprio carattere. Si gasò al solo pensiero di ciò che gli avrebbe fatto dopo averlo acciuffato. Bastardo... Ti riempio di buchi, faccio di te una groviera e ti do in pasto ai topi. Ma, prima, avveleno la tua carne così che essi muoiano al tuo fianco e predatori più grandi e vermi, vi raggiungano e facciano di te dimora, spogliandoti di ciò che dimenticherò di toglierti. Fu solo con questa nuova forza e rabbia, che riuscì a togliersi il tessuto di dosso e a guardarsi il petto che quel maniaco aveva adocchiato, offrendole ora conati di vomito. Tatuata sulla sua pelle vi era una scritta indecifrabile, forse era latino o, greco. Si ricordò che un suo amico le narrò una volta di una storia greca, davvero strana e deviata: quelle incisioni sulla sua carne non potevano che essere greche.
    Ciò che vide fu:
    "ɯn '00˙9 ǝllɐ ıuɐɯop ıɯɐƃıuıɥs ɐıɯǝpɐɔɔɐ,llǝp ǝuoʇɹod lɐ ıuǝıʌ".
    Non capì niente, se non il nove, che dopo lo 0 doveva star a significare i minuti, forse novanta. "Ma certo! L'una e mezza! Vuole vedermi all'una e mezza!" Pensò, ancora con la mente contaminata dall'accaduto.
    Ora, quindi, aveva un orario, ma le mancava ancora il dove e forse, anche di più. Ma d'altronde era così scuro, quella notte, che non sapeva nemmeno che ore fossero: poteva persino essere in ritardo! E per certo non si sarebbe potuta permettere di mancare nell'essere un giustiziere: ora che ci pensava, quello, poteva anche essere un modo per farsi notare dai piani alti, cui ambiva. Poteva essere un modo per farsi notare dagli shinigami! Non tutti i mali vengono per nuocere, forse. E so che non ne sarò in grado, ma... E con queste parole in mente afferrò convulsamente un pezzo di legno che usava come katana ... non mi importa! Ti farò a fette!
    Con la nuova e fresca consapevolezza di fare a fette un pazzo malato, che molto probabilmente aveva mietuto molte più vittime di lei -che, puntualizziamo, era a quota zero- con un grezzo pezzo di legno, si vestì del rosso appena ricevuto e si avviò!
    Passò tutta la nottata con quel solo bastone e abito rosso, a cercare la sua destinazione con frenesia: alla vista sembrava la versione pazza di cappuccetto rosso cui venuto a mancare il cacciatore, aveva dovuto farsi giustizia da sola con quel simbolo affettivo che poteva essere divenuto il bastone.
    Probabilmente fu solo perchè si allontanò tanto dalle persone che conosceva, dal suo quartiere, che i nuovi estranei riconoscendo di lei solo l'abito, la portarono a destinazione. Alla vera, destinazione.
    E lei, stranamente, non si oppose. Sapeva di dover giustiziare un criminale, ma non si oppose all'essere trascinata da tutt'altra parte: delle normali persone non potevano mica sapere dove un maniaco si nascondesse, o l'avrebbero già fatto sparire coi forconi! Lei stessa si chiese come mai fosse stata così... comprensiva, ma questo solo dopo che si fu svegliata. Quegli incoscienti l'avevano rimpacchettata e spedita, timorosa degli shinigami, senza neppure svegliarla!
    Che fossero dannati. Ora, quasi alle nove, alle soglie dell'accademia shinigami, Faei si rendeva finalmente conto che non conoscere il greco le era stato fatale: aveva sbagliato tutto, quella notte. E col venire del giorno, col mancare a quel sinistro appuntamento, aveva perso anche la sua probabilmente ultima possibilità, di ritrovarsi dove ironicamente era adesso. Nell'unico posto in cui sarebbe voluta essere. Con la stanchezza fin dentro la pelle, le ossa e la mente, sosprirò. E si lasciò a terra con lo sguardo libero, a vagare per il cielo. Non erano le nove, ma avrebbe assolutamente prolungato la sua permanenza.

    Scusate il ritardo, ma mi ero rassegnata al fatto che non apriste e ho visto solo ora...
     
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12 replies since 29/11/2012, 19:04   244 views
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