Classe J [I]

Presentazione + Controllo del Corpo Lv. 1

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  1. Nelinho™
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    Per puro caso, è il caso di dirlo, lo studente a cui il giovane celestino si è rivolto conosce bene la persona ricercata, indicandola senza problemi, in mezzo ad una stanza.

    -“Oh, grazie mille.”

    Giusto il tempo di rivolgere un sorrisetto al ragazzo che, cortesemente, l’ha aiutato, prima di girare la testa e posare i propri occhi blu, blu scuro come l’acqua in profondità, su quella che pare quasi una bimba. Piccola, molto piccola. Ma se deve essere la loro sensei, qualcosa ci sarà.

    -"Ebbene sì, sono io Matsumoto Eleanor. E sì, chiamatemi Onee-chan. Tutti lo fanno, non vedo perché anche voi, sfigati studentelli dovreste evitare di farlo!"

    Nemmeno il tempo di avvicinarsi, e la ragazza da uno spettacolo pirotecnico verbale, un misto di rabbia repressa, avvilimento e quant’altro possa rendere realistica la descrizione di questo sfogo. Fate voi. A tale reazione, il ragazzo sgrana gli occhi, sorpreso da tale reazione, che non si aspettava minimamente. Nonostante cerchi di riprendersi, asciugandosi rapidamente lacrime e quant’altro, il ragazzo ne rimane impressionato, volendo fare qualcosa. Il problema è: che cosa?

    -“Dai…non fare così..S-sensei…” Non sa cosa dire, è difficile provare a consolare in momenti come questi, soprattutto perché non sai mai come potrebbe reagire una persona. La cosa diventa ben più difficile quando tale persona, così come Eleanor in questo caso, non si conosce. Un miracolo ci vorrebbe, per rassicurarla. Non tenta di avvicinarsi troppo, non bisognerebbe prendersi troppa confidenza con i superiori, neanche chi pare – e certamente non è – più piccolo.

    -“Se non…vuole” non sa se darle del tu o del lei. Potrebbe essere una sua sorellina, addirittura. A momenti è più in imbarazzo lui di lei, che non sa come fare. Alza lo sguardo ad intermittenza sui due probabili compagni, allievi anche loro. Sono riconoscibili dal fatto che cercavano la Matsumoto anche loro. Forse si sbaglia, forse sono per motivazioni differenti, ma a primo impatto sembrano così.

    -“..ci dica come chiamarla..ecco, si!”

    Che non è un grande oratore si capisce facilmente. Non è molto sicuro di ciò che dice. Non tanto nei contenuti, quanto nell’applicazione pratica, nel tono e nell’esposizione. La voce vibra, tremula come l’acqua nella quale è caduto un’oggetto. Si sbalza, alti, bassi, momenti in cui è più sicuro. Le incerte giostre dell’arte del discorso. Ammutolisce, tuttavia, quando la ragazza prende a camminare verso un luogo ben preciso, di cui, nel gruppo, solo lei ne è a conoscenza. Rimane leggermente contrariato, scrutandola dalle retrovie in cui rimane, essendo rimasto un po’ imbambolato. Strana, questa è la prima impressione. E la sensazione si rafforza man mano che si cammina, vedendo come riprende colore, nei modi e nel tono. Ed anche questo lascia perplesso il giovanotto, che ad ogni modo la segue. E la domanda che pone gli rimbomba nella testa, spiazzandolo ulteriormente. Non può dire che non se lo aspettava, certo, tuttavia quell’interrogativo lo coglie impreparato, non sapendo dare una risposta.

    -“Mh…” Ci pensa, abbassando il capo, fin quasi a far congiungere il mento ed il collo, socchiudendo gli occhi. Si siede sull’erba, usando come sostegno per la discesa le sua braccia, come indicato dalla ragazza, alzando per un momento lo sguardo, fissandola in volto, come a voler trovare un qualche indizio, forse un cenno, un tic, una reazione, un sussurro, un labiale…qualcosa che possa aiutarlo in questa risposta, che comincia a sembrargli un onere gravoso. Ottimo, il primo ostacolo di questa carriera da Shinigami è una frase, una domanda. Corrugando le ciglia, fa segno a sé stesso che cercare scorciatoie primo, non aiuta, secondo non serve a nulla, poiché la sensei, anche volendo, non darebbe appositamente sostegni, per permettere allo studente, al Denshi, di arrivarci da solo. E’ solo e deve cavarsela da solo. Nemmeno lo sfiora il pensiero di comunicare con i suoi nuovi compagni, anche perché a malapena lo sanno loro, figuriamoci aiutarlo. Ed allora la mente, dal momento che il corpo si è chiuso in un immobilismo totale, si apre, e vola tra i ricordi di questo poco tempo passato nella Soul Society. Il pensiero va alla gente nel suo comprensorio, nel 14° Distretto del Rukongai, ed a quella nelle vicinanze, le persone che conosce meglio. I bambini che giocano, sorridenti. Le madri che sgridanoi figli, oppure i marini che lavorano sodo ed i fratelli maggiori, che giocano con i loro fratellini, i loro onii-chan e onee-chan – per ritornare in tema – facendoli sentire felici. Si, forse è per questo che vuole diventare uno Shinigami.
    -“Sensei, forse lo so.” Afferma, con voce molto più ferma e sicura della precedente, segno che ha fiducia nella risposta che va a dare. Incrocia le gambe, si sistema per bene, raddrizza la schiena, e con un solo respiro butta giù la sua motivazione, il suo pezzo da novanta. Un sorriso semplice, effimero, balena sulle labbra del giovane, illuminandone il volto, prima di sparire, lasciando spazio ad una rinnovata serietà e determinazione.

    -“Il fatto è che, malgrado io sia solo nel Rukongai, sono stato accolto da tanta gente, che mi ha aiutato. Ed insieme a loro sono cresciuto. Sono entrato nella loro “famiglia allargata”, legando con i bimbi, i loro figli, con le madri, i padri ed i fratelli maggiori, che mi hanno fatto sentire a casa. Ora, non mi piacerebbe per nulla che un giorno dovessero perire per mano di…” com’è che si chiamano? “Quelli.”

    -“Lei viene chiamata Onee-chan chissà per quale motivo. E mi pare non le piaccia. Bene, io, invece, voglio diventare un Onii-chan, per tutte quante le famiglie che mi hanno accolto, e non solo. Un fratellone per la Soul Society, che ne tuteli la pace e l’armonia. Si, ne sono convinto.”

    Nonostante le preoccupazioni iniziali, il macigno dell’incertezza viene fatto volare via come un fuscello dalla sua determinazione e dalla sua semplicità, a contrasto con la sua apparente “stravaganza”. Dopo queste parole, si sente addirittura accaldato, tanta era la concentrazione. Il venticello leggero che spira tra i rami di quell’albero è senz’altro ben voluto dal ragazzo, che ora tace, lasciando agli altri la loro risposta, ed alla sensei giudicare la validità della sua.
     
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