Una gita al cimitero?

Bankai [Eisuke Yamada]

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  1. Tamaki-kun
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    La pioggia cadeva sottile oltre il vetro della mia finestra, era passato appena un mese dalla mia promozione tra i ranghi della I Divisione ed io non ero mai uscito da quell’appartamento in cui mi avevano sistemato. Seduto sul pavimento polveroso, con le gambe incrociate, rimiravo la zampakutou che tenevo in grembo con aria pensierosa, alternando momenti di vaga consapevolezza ad altri in cui, invece, facevo capolino nel mondo interiore in cui risiedeva lo spirito di quella spada. Non avevo mai amato particolarmente discorrere con le parole che, pallide, apparivano sull’unica lapide rimasta intatta di quel cimitero che, a conti fatti, costituiva la mia anima. Troppo spesso i suoi enigmi mi avevano irritato, posto sulla strada sbagliata, un paio di volte erano perfino riusciti a farmi rischiare seriamente la vita durante uno scontro. Altre volte, tuttavia, essi si erano rivelati risolvibili e mi avevano aiutato, un po’ per merito individuale e un po’ perché, in fondo, quello spirito non si professava come mio nemico. Era una creatura… Neutrale, per così dire. Spesso non gli interessava la mia sopravvivenza, la nostra vittoria, ma si limitava ad osservare incuriosita quanto accadeva intorno a me e giudicava con un sorriso invisibile le mie reazioni, come se lei, in fondo, non fosse che una semplice spettatrice della rapida scalata gerarchica che mi aveva permesso di diventare 3° Seggio della I Brigata. A volte mi ero ritrovato a pensare che lei, la creatura più vicina ad incarnare la stessa concezione di “oblio”, conservasse probabilmente molti dei ricordi della mia infanzia, ricordi dimenticati come i nomi a malapena visibili sui frammenti di marmo sparsi tra le erbacce di quel cimitero. Sembrava spesso volermeli suggerire, divertita, per poi ritrarsi prima ch’io potessi raggiungerli.
    Avete presente quella fastidiosa sensazione di stupidità che coglie ognuno di noi nel momento in cui, leggendo un brano, giungiamo alla fine di esso e ci accorgiamo di non riuscire a coglierne il significato, i nessi logici che ne costituiscono l’imprescindibile trama? Ecco, quella era la sensazione che mi coglieva ogni volta che mi trovavo a confrontarmi con la mia zampakutou. Volevo capire, ma contemporaneamente ero consapevole di quanto non fossero le sue parole a potermi fornire la verità. Se anche lei avesse voluto dirmela, non avrei potuto capirla fino a quando non fossi stato in grado di capire lei. Capire l’oblio… Una bella grana, vero? Specie sé, accanto ad esso, si dimena una belva ostile, il cui suono prodotto da spesse catene accompagna ogni vostro incontro. Nell’ultima settimana, esasperato da ciò, avevo provato a far tacere quella creatura con un gesto violento. Sebbene fossi sicuro di averla colpita, l’unico effetto che potei trarne fu il vederla sfruttare la nostra momentanea vicinanza per tentare di azzannarmi il braccio, cosa che riuscii ad evitare a malapena. Sembrava che non comprendesse cosa potesse significare il dolore e, di conseguenza, non fosse in grado di chinarsi alle sue regole. “Il più forte comanda…” era un pensiero che avevo spesso applicato nella mia vita all’interno della Soul Society, una filosofia che aveva avuto ottimi risultati nonostante la sua semplicità. Dentro di me, invece, queste parole sembravano perdere di significato. Tutto sembrava essere gestito dal caso. Se così fosse effettivamente, o questa impressione fosse solo frutto della mia immaginazione, ancora oggi non saprei dirlo.
    -E’ arrivato il momento…- dissi ad alta voce, alzandomi e uscendo finalmente da quell’appartamento, con la zampakutou stretta al mio fianco. Se esiste un modo per mettere ordine in un luogo in cui regna l’anarchia, è il sostituirla con l’ordine. L’ordine imposto, in questo caso.

    -Chōjirō Sasakibe-dono!- esclamai una volta giunto alla porta di un ampio ufficio, quello in cui il Tenente della mia brigata era solito svolgere i suoi compiti burocratici e facendogli sollevare lo sguardo, a cui risposi con un educato inchino -Sono qui per richiederle ufficialmente un colloquio con il Comandante Generale… Intendo, con il vostro permesso, provare a sviluppare il bankai.-.

     
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  2. InTheMaze
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    Molti pensano che appartenere alla Prima Divisione sia più che altro una posizione di prestigio. Di onore. Persino di forza. Ma Chōjirō sa che non è così. Chino sul suo tavolo, situato nella parte centrale posteriore del suo ufficio, si massaggia con intensità la fronte, dopo aver finito di compilare l'ennesimo rapporto su alcune attività irregolari dell'Undicesima Divisione.

    Appartenere alla Prima Divisione significa avere costanza e pazienza, e lui lo sa. È vero, in tempi di crisi si è sempre in prima linea, ma la verità è che per la maggior parte delle loro vite non sono altro che burocrati. Organizzatori. Coordinatori.

    Chōjirō sta per appoggiare la penna sull'ennesimo pezzo di carta, quando le parole arrivano, diritte dalla porta, inevitabilmente distraendolo dal suo lavoro.

    -Chōjirō Sasakibe-dono!-

    Alza la testa, il Vice-Capitano della prima divisione, guardando con occhi intensi il suo promettente terzo seggio. Un ragazzo gentile ma ambizioso. Esattamente come è sempre stato Aizen.
    Pazzesco come questo tipo di similitudini facciano fatica ad uscire dalla tua testa, una volta che ci si sono infilate.


    nc53


    -Sono qui per richiederle ufficialmente un colloquio con il Comandante Generale… Intendo, con il vostro permesso, provare a sviluppare il bankai.-

    Chōjirō lo guarda, attento. Gli occhi, penetranti, si fissano in quelli del giovane ufficiale. Le mani vanno a giungersi sotto il mento, mentre lui riflette attentamente sulla risposta da dare.
    Bankai.
    Un'ombra attraversa appena i suoi occhi, e se ne va in un'istante. Un'ombra che non ha nulla a che vedere con l'ufficiale, ma molto con un lontano, lontanissimo passato.
    Bankai.

    "Benvenuto, Yamada-san. Il Capitano è molto impegnato in questo momento. E comunque, non è mai stato necessario un permesso ufficiale per sviluppare il proprio Bankai."

    Sospira, lentamente, senza staccare gli occhi da quelli dell'ufficiale di rango immediatamente inferiore al suo. Sbattendo a malapena le palpebre, quasi a non voler rischiare di perdere, nemmeno per un istante, quel contatto.

    "Se lo desideri, posso comunque passargli l'informazione. Nel frattempo, posso darti licenza di comportarti come ritieni opportuno, per il raggiungimento del tuo obiettivo, sempre nel rispetto delle regole della Soul Society, naturalmente."

    Non sorride, Chōjirō. Il suo tono di voce, piuttosto, è quasi piatto. Il motivo, tuttavia, ha davvero poco a vedere con quella discussione.

    Bankai.



    Notes

    Here we are!
    Lo scambio con il tuo vice-capitano è molto semplice, e lui si limita a consigliarti di procedere per conto tuo. Naturalmente, puoi insistere per parlare con il capitano o con lui della faccenda, oppure limitarti a seguire il suo consiglio. A te la scelta.

    Sappi che come QM tendo, in generale, a lasciare molta libertà nell'interpretare il proprio PG, dando, anzi, davvero poche indicazioni su cosa si debba fare, preferendo, appunto, che sia tu a decidere come comportarti in ogni circostanza. Di conseguenza, mi aspetto un'interpretazione davvero di alto livello da parte tua!
    D'altra parte, del resto, ogni tua azione avrà delle conseguenze nello svilupparsi della quest, quindi presta particolare attenzione e concentrati molto su ciò che potrebbe succedere comportandoti in un dato modo.

     
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  3. Tamaki-kun
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    -Se lei trovasse il tempo di comunicare la mia decisione anche al Comandante Generale, gliene sarei davvero grato. Sebbene io sia consapevole di come la scelta di provare a sviluppare il proprio bankai sia essenzialmente individuale, ritenevo opportuno e corretto avvisare di ciò i miei diretti superiori. Come pura formalità, se non altro.-
    La mia risposta, pacata, nascondeva tuttavia una sottile nota di soddisfazione. Non essendo in grado di prevedere pienamente in che modo si sarebbero potuti sviluppare gli esiti di quel tentativo, ritenevo troppo pericoloso espormi alla presenza e all’eventuale supporto di qualche shinigami, a causa della creatura che da alcuni mesi aveva iniziato a prendere possesso dei miei incubi. Lui. Sembrava volermi privare del sonno, mettendo duramente alla prova il mio già fragile equilibrio mentale. Dovevo riuscire a piegarlo al pari di come desideravo fare con la mia zampakutou, ma un leggero campanello di allarme mi metteva in agitazione. Del resto, lo spirito che permeava quel cimitero e che era solito parlarmi non si professava apertamente come mio nemico. Lui invece sì. O meglio, così i suoi atteggiamenti e i continui tentativi di staccarmi la testa a morsi mi avevano fatto intuire. Non era un tipo di molte parole, preferiva piuttosto i lamenti e gli ululati.
    -La ringrazio per il tempo dedicatomi.- conclusi rivolgendomi per l’ultima volta al mio Tenente, per poi scomparire alla vista grazie ad un rapido shunpo. Avevo già in mente dove dirigermi, un luogo isolato e lontano dal Seireitei che avevo avuto modo di scoprire durante alcune mie missioni di sorveglianza. Lì non sarebbe stato facile riuscire a percepire la mia presenza, nemmeno per i più abili shinigami specializzati nella ricerca. Non potevo permettermi che eventuali sbalzi dell’umore e dell’intensità dell’energia spirituale che mi permeava potessero finire col mettere in agitazione qualche ufficiale.

    Le case della numerosa popolazione che era solita risiedere nel Rukongai parevano sfrecciare veloci sotto i miei piedi, rivelando una maggiore decadenza a mano a mano che la mia strada mi portava verso la periferia, dove bande di ridicoli criminali erano soliti mettere in discussione le leggi degli shinigami semplicemente approfittando della nostra lontananza. Piccoli stolti che mi sarebbe stato facile rimettere in riga, ma farlo non era tra le mie priorità e mentre continuavo a correre, veloce come un fulmine a ciel sereno, ebbi anche modo di assistere ad un paio di furti. Cose di poco conto, se ne sarebbero occupati gli shinigami da poco diplomati all’Accademia.

    Nel giro di qualche ora mi ritrovai nei pressi di una grotta situata alle pendici di una montagna rocciosa, sui cui versanti crescevano le erbacce più disparate. Quel posto, ben riparato e isolato da tutti, era stato per un certo tempo il covo di qualche ladruncolo che mi ero personalmente occupato di consegnare ai membri della Polizia Interna, un organo di sorveglianza diretto da una mia vecchia conoscenza, Hanae Haru. All’interno di quella grotta erano ancora presenti gli scomodi giacigli, fatti di qualche straccio e poco più, utilizzati un tempo dalle persone che ora giacevano all’interno di qualche cella. A ben vedere, avrebbero dovuto ringraziarmi per l’aumento del proprio tenore di vita!
    Con occhi curiosi valutai ogni angolo di quella grotta, riuscendo a scovare anche qualche scatoletta di cibo probabilmente scaduto che avrei forse avuto bisogno di utilizzare, nel caso in cui la mia permanenza lì si fosse protratta più di quanto potessi immaginare.
    -Beh, sembra che sia finalmente giunto il momento… A noi due!- pensai con un moto di soddisfazione misto a curiosità, consapevole che probabilmente quell’impresa avrebbe richiesto tutte le notevoli abilità di cui ero stato generosamente fornito. La semplice ammissione alla prima brigata non sarebbe stata niente, in confronto a quello che stavo per fare.
    Un piccolo sospiro scandì il momento in cui estrassi la mia spada dal suo fodero e mi sedetti al suolo, a gambe incrociate, nel punto più profondo che quella umida grotta mi permetteva di raggiungere. Posi la zampakutou sulle mie ginocchia, chiudendo gli occhi, e nel giro di pochi istanti mi ritrovai immerso nel cimitero che già varie volte avevo avuto modo di visitare.

    -Sono qui per averti definitivamente al mio servizio, Yūrei.- dissi a bassa voce rivolgendo il mio viso verso l’unica lapide rimasta intatta in quel luogo, conscio che quella creatura così eterea era probabilmente già a conoscenza di tutte le mie intenzioni.

     
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  4. InTheMaze
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    L'aria nel Cimitero è ferma. Pesante. L'umidità satura l'aria, rendendo quasi difficile un'azione altrimenti naturale, come quella di respirare. Tutto, in questo luogo dimenticato dalla Morte stessa, sembra sospeso in un incessante respiro che sembra anticipare una parola e invece resta solo un silenzio trascinato all'infinito come il momento prima di un'alba che non sembra arrivare mai.

    "GhahAHahUhohuHaH!"

    La risata lacera l'aria, o forse è solo un moto di ribrezzo, o un ruggito disperato. Difficile capirlo nel silenzio che schiaccia contro le orecchie. Nel freddo umido che attanaglia il cuore.
    Nel Cimitero, nulla sembra voler cambiare.


    0z9q


    -Sono qui per averti definitivamente al mio servizio, Yūrei.-

    Le parole spezzano il senso di soffocamento. Come se fossero anticipazione di una brezza che però non arriva, ripiombando il luogo nell'apatia. Perché il Cimitero lo sa, lì non v'è più nulla. Solo ciò che resta di un animo tormentato e straziato da se stesso.
    Il sogno riflesso in uno specchio di una sensazione che non esiste.

    Nessun uomo sano di mente cerca il potere

    Se il Cimitero potesse sorridere lo farebbe? L'unico modo che ha per comunicare, in fin dei conti, è quello. Una scritta su una lapide. Un ricordo che serve ai vivi per consolarsi più che ai morti per trovare pace, perché la pace, in quel luogo dimenticato, non ha ragione di esistere.



    Notes

    Here we go. Scrivere questo post è stato particolarmente complesso, ma ci ho messo grande attenzione, e spero che il risultato finale sia di tuo gradimento.
    Siamo ufficialmente entrati nella parte viva della quest. Da ora fino alla fine dovrai prestare un'attenzione smisurata ai dettagli che seminerò per te, perché ti aiuteranno.

    Il modus operandi è molto semplice. Nei miei post darò tutte le informazioni che ti servono per proseguire. Tu potrai interagire come meglio credi, ma mai in maniera autoconclusiva, a meno che non te ne dia esplicita licenza. Nel post successivo stabilirò l'effetto delle tue azioni, e le loro conseguenze. Fai molta attenzione, perché le conseguenze di cose apparentemente irrilevanti ora potrebbero avere notevole effetto in un secondo momento.

    Detto questo, non ho che da lasciarti, metaforicamente, la penna!

     
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3 replies since 21/6/2013, 17:23   77 views
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