Fan Fiction

Esclusivamente Yaoi

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    Colpa Di Un Bacio" (Yaoi) di Saya, Fan Fiction [Saiyuki Gaiden]




    Kenren stava camminando per i corridoi del palazzo celeste, con la sua solita aria da duro, e la solita bottiglia di sake appesa sulla cinta del impermeabile che indossava. Mani in tasca ignorava completa mente la presenza di quelli che gli venivano incontro, senza nemmeno rendersi conto che ormai non era visto di buon occhio da maggior parte delle divinità. Finalmente notò che era di fronte al ufficio di Konzen, si fermò davanti alla porta pensando cosa fare, infondo che male sarebbe entrare e salutare il biondo e la scimmietta. Così come sempre senza bussare aprì quella porta, la porta massiccia di ebano di un colore d’orato, e una rappresentazione del sole… non sapeva contro cosa andava in contro, così aprì la porta per rimanere pietrificato, tanto ne Konzen ne Goku potevano notarlo.
    Goku stava seduto sulla scrivania del biondino dicendo qualcosa, mentre il suo sole sembrava al quanto irritato, al che la scimmia fece una cosa che nessuno se lo sarebbe immaginato, di sua spontanea volontà, e fu a questo punto che il povero Kenren aveva aperto la posta, poggiò le mani sulle guance di Konzen attirandolo a se, per poggiare delicatamente le sue labbra su quelle del biondino. La divinità che al posto dei capelli aveva dei raggi del sole, in un primo momento sgrano gli occhi non sapendo cosa fare o come muoversi, di certo non si aspettava che la scimmia fosse così audace da baciarlo. (perché riesco ad immaginarmi una scena del genere chiaramente? ndSaya O_O *_ancora_sotto_shock *ndKonzen_e_Kenren allora dicevo *girandosi verso kanzeon* che cavolo hai raccontanto a quel ingenuo?ndSaya UhUhUh *espresione da colpevole sodisfatto* ndKanzeon) Lo sguardo del biondino infine si addolcì, finche non chiuse gli occhi abbandonandosi per la prima volta completamente alla situazione senza irritazioni. Alzò le braccia e poggiò le mani sui fianchi della scimmia, passò la lingua sulle labbra morbidi e insistenti di Goku, per poi violare quella cavità calda che non è stata mai esplorata. Lentamente la sua lingua iniziò l’indagine dentro la bocca, cercando la lingua del ragazzino, per infine trovarla. Quando si sfiorarono Goku per un attimo aprì gli occhi sorpreso di come si stava evolvendo la cosa, poi gli richiuse, e le sue mani dal viso di konzen scivolarono sulle sue spalle ed infine a circondargli il collo, stringendosi di più a lui, assaporando ogni momento del bacio. Scivolo lentamente dalla scrivania finendo nel grembo di Konzen che lo strinse per la prima volta a se con dolcezza, senza mai rompere il bacio. Finalmente Kenren si rese contò che era di troppo e che se Konzen lo scoprisse li in quel momento l’avrebbe ammazzato senza pensarci su due volte. Infondo ha visto qualcosa che non si sarebbe mai immaginato. Dando fondo a tutta la sua forza di volontà costrinse il suo corpo a muoversi, e finalmente riuscì a scappare da quella stanza, assicurandosi prima di aver chiuso la porta bene e senza fare minimo rumore. Si passo la mano tra i capelli, ancora nello stato di shock, non riusciva a lasciare il posto di fronte alla porta chiusa del ufficio, poi qualcosa lo fece scattare e corse verso il giardino per poi fermarsi sotto il suo albero e salirci sopra. La sua mente era vuota, con le mani tremanti prese la sua bottiglia di sake e il bicchierino che teneva in tasca lo riempì fino al orlo per bersi il liquido senza fermarsi. Sospirò fissando la bottiglia che teneva nella mano sinistra, chiedendosi perché quelle immagini non lasciavano la sua mente, perché continuava a vedere anche cose che sicuramente non erano successe, e perché continuava a pensare a Tenpou nudo voglioso su un letto. Riempì di nuovo il suo bicchierino bevendo con facilità in un sorso. Poi mise quel bicchierino nella tasca e saltò dal albero mettendo a posto sulla cinta la bottiglia. Rimise le mani in tasca e con l’espressione seria si diresse verso l’ala dove c’era l’ufficio del suo superiore. Questa volta busso sulla porta, e dalla stanza dietro di essa si senti un avanti, che lo fece entrare, la sua parte razionale lo intimava di andarsene, mentre il cuore gli dettava tutt’altra cosa. Si avvicinò a Tenpou che lo guardava quasi perplesso, Kenren infatti non aveva salutato entrando, ma si avvicinava a passi lungi al uomo con gli occhiali. Tenpou lasciò il libro sulla scrivania cercando di capire cosa turbava Kenren, quando si ritrovo un suo braccio introno alla vita attirato a pochi millimetri dal generale dai capelli rosa e poi senti il respiro di quest’ultimo sulle proprie labbra incapace di muoversi. Infine si trovò avvolto in un bacio pieno di passione al quale non seppe resistere. Senza rendersene conto si strinse di più al uomo che lo stava abbracciando, circondando il suo collo con le proprie braccia approfondendo il bacio. Kenren spinse Tenpou verso il tavolo mentre cercava di liberare quella scrivania dalle tonelate di libri, alla fine quando capì che non era verso di liberarsi di quei libri,alzò dolcemente il suo generale appoggiandolo sul mucchi di libri rimasti ancora al loro posto. (fatemi capire… sesso sui libri? ndSaya *ignorando Saya* ndT&K) Le mani del rossino si alzarono togliendo freneticamente la camice da dottore che portava Tenpou, senza mai staccarsi da quelle labbra che lo avevano intossicato, si, si avevano baciato, ma mai con una disperazione del genere, mai con una voglia di possedersi a vicenda tale da fargli completamente andare in tilt il cervello. Finalmente anche le mani di Tenpou iniziarono a lavorare sul impermeabile di Kenren, levandoglielo senza troppi problemi facendolo scivolare ai suoi piedi, lasciandolo a petto nudo (e si, come dice Mikawa – pronto per l’uso ndSaya). Le dita esperte sciolsero il nodo della cravatta del moretto lanciandola chi sa dove nel ufficio del suo superiore, poi le sue mani fredde scivolarono sui bordi della camicia, infilandosi sotto di essa venendo finalmente in contatto con la pelle scottante del compagno. Tenpou sussultò per il contatto gelido gemendo leggermente nel bacio. (mazza manco respirano ndSaya) Le mani esperte salirono fino ai capezzoli per iniziare a giocarci dolcemente, ormai non c’era più possibilità di tornare indietro. Finalmente le loro labbra si staccarono e l’aria in ufficio divenne più pensate e piena di ansiti del generale Tenpou. Kenren spazientito strappò con irruenza via l’indumento che nascondeva il petto del suo amante, per potere vedere la pelle che stava toccando. Le sue labbra si posarono sul collo del compagno leccando dolcemente scendendo sempre di più fino a congiungersi con le dita del capezzolo sinistro e prendere il loro posto. La lingua passo dolcemente su aureola, ed infine prese tra i denti il capezzolo mordicchiandolo, facendo gemere a voce alta il suo superiore. Le mani di Tenpou affondarono nei capelli rosa della divinità che lo faceva impazzire di passione, già sentiva tutta l’energia che gli era scesa nelle parti basse svegliando la sua virilità. Intanto appena Kenren soddisfatto del capezzolo sinistro, passo al capezzolo destro retribuendo le stesse cure anche ad esso. Le sue mani continuavano ad accarezzare i fianchi del suo amante, scendendo fino ai pantaloni iniziando a trafficare con la cinta e i bottoni, voleva Tenpou nudo e lo voleva subito. Così mentre si occupava del petto del suo generale, liberò le parti basse da ben due inutili indumenti. Kenren si stacco dalla pelle che l’aveva drogato, e sentiva già l’astinenza ma la vista su quel corpo meraviglioso l’aveva ripagato. Le guance di Tenpou errano arrossate, quasi si vergognava di guardare il suo sottoposto nei occhi, le braccia erano tese in avanti, le dita ancora affondate tra i capelli del rosso. Kenren si lecco le labbra ri avvicinandosi e baciare delicatamente le labbra del compagno che presto avrebbe posseduto. La sua bocca scese dietro l’orecchio seguendo una scia perfettamente immaginata e tracciata nella sua mente, leccando lentamente il collo, per finire sul petto e lasciare un umida scia dietro i suoi baci bagnati. Si soffermò sul ombelico giocandoci per qualche momento, facendo rabbrividire il moretto, che chiude gli occhi e con una mano si tolse gli occhiali poggiandoli da una parte dimenticandosi subito dove li aveva appoggiati. Poi un sussulto e un gemito molto più vocale degli altri, Kenren era arrivato alla sua virilità. Infatti il generale dai capelli rosa aveva poggiato le sue labbra bollenti sulla punta baciandola, per poi passare dolcemente la lingua sopra assaggiandone il sapore. Decidendo che era anche meglio del sake che portava sempre con se lo prese completamente in bocca facendo urlare Tenpou che sgrano gli occhi stringendo di più i capelli del compagno, quasi a fargli male. Il che fece capire a Kenren che al generale dal perenne sorriso piaceva quello che gli faceva. Così senza farselo ripetere inizio a muovere la testa facendo uscire quasi completamente l’eccitazione dalla sua cavità orale e poi affondare riprendendolo completamente tra le sue pareti calde, facendo attenzione a non fargli male mentre per dargli più piacere strusciava sulla pelle tesa anche i suoi denti perfetti. Tenpou iniziò a ripetere come un mantra il nome del suo sottoposto lasciando finalmente liberi i capelli di esso appoggiandosi al tavolo per paura di cadere… La mano di Kenren salì fino al viso del suo compagno accarezzando dolcemente le sue labbra, il moretto capì le sue intenzioni e senza indugiare prese nella sua bocca le dita sottili del amante iniziando a mimare i movimenti del rosso. Tenpou aveva gli occhi semichiusi ed osservava Kenren mentre gli dava un piacere immenso, era una cosa che non osava sognarsi nemmeno la notte, di potere sentire quelle labbra calde su di lui e il suo sottoposto in ginocchio di fronte alla sua persona che succhiava con passione il suo membro. Il sangue nelle sue vene sembrava lava incandescente che scendeva da un vulcano e continuava ad riempire il suo ventre, la testa gli girava e non si accorse nemmeno quando Kenren tirò fuori le sue dita dalla sua bocca. Gemeva come una ragazzina alla sua prima esperienza sessuale. Non riusciva più a rendersi conto ne del tempo ne del luogo dov’era, riusciva solo a percepire quella bocca calda sulla sua virilità che lo faceva impazzire. Non senti una mano allargare i suoi glutei intrufolandosi tra di essi cercando la sua apertura vergine. L’indice accarezzo dolcemente l’anello muscolare per rilassarlo e non fargli troppo male alla penetrazione, quando fu sicuro che era abbastanza rilassato succhio con passione la punta dell’eccitazione del compagno per non fargli sentire nessun dolore, infilando il dito dentro, perdendosi nel calore del intero del corpo di Tenpou. Il moretto senti una leggera intrusione, ma si la lingua vivace distolse quasi subito la sua attenzione da quella sensazione strana. Ormai Tenpou era completamente annebbiato dalle sensazioni che provava, la lingua, calda e bagnata avvolgeva il suo membro facendolo diventare sempre più duro, i denti strusciavano sulla pelle di esso senza mai fargli male, ma mandando leggere scariche elettriche su per la sua spina dorsale ed infine senti, qualcosa dentro il suo corpo che stravolse tutti i suoi sensi, Kenren aveva trovato il punto magico della perdizione. Non sapeva che dentro di lui si muovevano gia ben tre dita, il suo corpo si tese, sgrano gli occhi inarcando la schiena svuotandosi completamente nella bocca del rosso che aspettava con impazienza di assaggiarlo. Un onda arrivo nella cavità orale di Kenren che senza indugiare oltre ingoio il succo d’amore proveniente dal suo compagno meravigliandosi del sapore agro dolce, sapendo già che non avrebbe più potuto farne di meno. Kenren si stacco da lui, estraendo le proprie dita dal suo corpo, leccandosi ancora le labbra cercando il sapore rimastogli di quella bevanda tanto prelibata. Guardando il suo superiore con sguardo malizioso inizio a togliersi con movimenti lenti i pantaloni, liberandosi dagli anfibi e boxer nello stesso momento. Sentiva addosso gli occhi pieni di passione di Tenpou, lo desiderava e sapeva che anche il suo amante lo voleva. Si avvicinò allargando le gambe del compagno, facendolo sdraiare sulla scrivania e libri rimasti su di essa. Poggiò le mani sotto le cosce magre ma muscolose del moretto, posizionando il suo membro alla porta in paradiso. Tenpou si passo la lingua sulle labbra invitando kenren a baciarlo, e mentre il rosso si sporgeva sopra di lui catturando le sue labbra in un altro bacio spinse con forza dentro di lui affondando completamente dentro a quel corpo caldo. Tenpou non si stacco dal bacio anche se il suo essere fu pervaso da un dolore che non sapeva esistere, il rosso si era fermato aspettando che il suo compagno si abituasse ad averlo dentro di se. Le loro lingue si accarezzavano dolcemente, mentre una mano furtiva si avvicinò al membro spento del moretto prendendolo tra le dita stringendo e iniziando a muoversi aritmicamente svegliandolo da quella semi coscienza. Tenpou senza farsi troppi problemi artiglio la schiena del compagno muovendo lentamente il bacino per fargli capire che era pronto per ricevere tutta la sua passione. Bastava solo quello a kenren che con lentezza unica sfilò il suo membro quasi completamente fino ad affondare di nuovo dentro di lui. Il moretto non resistette e si stacco dal bacio ansimando pesantemente con occhi chiusi. Non appena Kenren velocizzò il ritmo spingendo ancora più a fondo iniziò ad urlare, le sensazioni che provava erano sublime, la mano sulla sua eccitazione ormai eretta si muoveva nello stesso ritmo con cui il rosso lo possedeva, e poi successe di nuovo, la punta della virilità sfioro quel punto magico dentro il suo corpo e Tenpou inizio a urlare frasi incomprensibili, l’unica cosa che si capiva era il nome del amante. I loro corpi andavano a fuoco, avevano bisogno di più molto di più così senza rendersene conto entrambi iniziarono a muoversi come bestie selvagge in quella danza tanto primitiva quanto unica e bellissima. Nessuno dei due sarebbe resistito a lungo, Kenren strinse ancora di più il membro del compagno nella sua mano e spinse con ancora più forza affondando dentro di lui sollecitando il punto magico, che il cervello del moretto non seppe fare altro che andare in estasi svuotandosi sui loro ventri. Quando Tenpou venne, Kenren senti i muscoli contrarsi introno al suo membro stringendolo e costringendolo a venire dentro di lui, marchiandolo alla fine come sua proprietà. Sfinito senza sfilarsi fuori dal compagno si poggiò sul suo petto… nella stanza si sentiva l’odore di sesso e sudore, ma c’era anche un aria tranquilla piena di pace interiore dove l’unico rumore erano gli respiri dei due uomini che avevano appena finito di fare l’amore. Finalmente Kenren uscì delicatamente da tenpou, quando questo lo attirò a se baciandolo dolcemente, facendolo sdraiare vicino a lui sui libri sulla scrivania… con la mano sinistra cercò il suo camice e li coprì con esso. Kenren infilò la mano nella tasca del indumento tirando fuori le sigarette, prima ne accese una e la passò tra le labbra del suo superiore, poi se ne accese una da solo e guardò verso il compagno con un sorriso. Tenpou per un attimo lo fisso serio, poi anche le sue labbra si arricciarono in un sorriso tenero e pieno di promesse…
     
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    "My Best Friend" (Shonen Ai) di Light Sharingan, Fan Fiction [Naruto]



    -Non sei stato un po' troppo duro con lui, Neji?-
    Neji si girò appena a guardare TenTen.
    -Mi aveva stufato. Quando si esalta in quel modo è odioso. Gli ho solo dato una regolata.-
    -Gli hai dato del fallito!- esclamò TenTen. -E' ben più pesante di una regolata!-
    -Quando mai lo hai visto demoralizzarsi per una cosa del genere?!-
    -Mai... però...-
    -Appunto. Lascia che si faccia un giro e ci lasci respirare un po'.-
    TenTen tacque e Neji si mise a guardare la mappa. Stavano per partire alla volta del villaggio del Tè per una missione di livello C. Avrebbero semplicemente dovuto scortare una spedizione mercantile fino al confine. Sarebbe stato facile, dato che non ci sarebbe stata nessuna possibilità di scontrarsi con altri ninja. Non ci sarebbe stato bisogno di portarsi dietro Rock Lee e tutte le sue fastidiose manie. Correre come un matto, strillare sempre, agire senza mai riflettere e perdersi in un sacco di stupidi gesticolamenti ereditati direttamente da quell'idiota del Maestro Gai, fortunatamente assente anch'egli. Gli occhi di Neji si fermarono mentre percorrevano la linea tratteggiata che segnava l'itinerario dei mercanti. Fissava il puntino del ponte sul fiume ma la sua mente non stava più pensando alla missione, ma ripensava a quello che era accaduto poco prima.
    Lui e Lee si erano incontrati a metà strada verso le porte di Konoha. Come al solito Lee si era messo a fantasticare sugli avversari che avrebbero potuto incontrare, sulle tecniche che avrebbe usato su di loro, sul ritmo da tenere per arrivare al paese del Tè e di un sacco di cose assurde che avrebbe fatto per continuare i suoi allenamenti.
    -Lee, dopo questa missione non ci vedremo più, lo sai?-
    -Ma... ma cosa dici, Neji?-
    -Tu verrai eliminato dalla nostra squadra.-
    -Cosa?! Perchè?!-
    -Perchè sei uno zero assoluto, ecco perchè.-
    -Senti, lo so che non sono al tuo livello, ma posso allenarmi di più! Diventerò forte come...-
    -Quanto fa tre per zero?-
    -Eh?-
    -Quanto fa tre per zero?- ripetè Neji.
    -Fa... fa zero...-
    -Bravo, e quattro per zero?-
    -Zero.-
    -Ottimo. Dieci per zero?-
    -Oh, insomma, Neji! Ogni numero moltiplicato per zero fa per forza zero!-
    -Appunto, Lee. Per quanto tu possa moltiplicare i tuoi sforzi, resti sempre un fallito.- ribattè lui. -La perseveranza è utile solo se il destino ti dà un valore. Tu non hai nessun valore come ninja, e per quello che penso io, non ne hai nemmeno come amico.-
    -N-Neji... non... non puoi...-
    -Lasciami indovinare: stai per dirmi che non posso star dicendo sul serio. Sono serio, invece. Addio, Lee.-
    -Neji... Neji!-
    Neji si riscosse. TenTen lo stava chiamando.
    -Se Rock Lee non viene e il Maestro Gai sta aspettando una missione di grado S, chi stiamo aspettando qui impalati?-
    -Nessuno. Andiamo.-

    Rock Lee restò nascosto dietro gli alberi e guardò i suoi ormai ex compagni di squadra andarsene senza di lui. Non se la sentiva di partire con loro dopo quello che Neji gli aveva detto. Si lasciò ciondolare per la strada senza una meta precisa. Le ormai note offese di essere un incapace, un fallito, uno zero erano il meno. Era tutta la vita che si sentiva chiamare così e aveva imparato a reagire trasformando la rabbia e la frustrazione in pura energia per allenarsi. In questo senso, senza le ripetute offese non sarebbe mai stato forte di corpo e di spirito come lo era ora. Ma dopo quattro anni passati giorno dopo giorno spalla a spalla con Neji e TenTen, non avrebbe mai creduto possibile che fosse considerato uno zero anche come amico. Sentiva il bisogno di parlare con qualcuno, ma con chi?
    Certo, perchè non ci aveva pensato prima? Il maestro Gai stava aspettando i dettagli di una missione di grado S che sarebbe iniziata il giorno seguente. Quindi avrebbe potuto parlargli senza disturbarlo. Non sapeva bene dove trovarlo, ma forse Tsunade-sama glielo avrebbe saputo dire. Corse dritto agli uffici dell'Hokage e ci arrivò qualche minuto dopo. C'era una strana quiete. Non aveva visto quasi nessuno per la strada, non c'era il solito tran-tran di ninja che entravano e uscivano dall'edificio e mentre correva gli era presa una strana apprensione, una sorta di angoscia. Qualcosa non quadrava. Ma cosa poteva essere successo?
    -Che cosa?!- tuonò la voce di Tsunade dietro la porta. -Orochimaru sta cercando Sasuke Uchiha?!-
    -Sì, Tsunade-sama... sembra che non abbia ancora rinunciato ad ottenere lo Sharingan...-
    -Dobbiamo impedirglielo a qualunque costo!- gridò lei sbattendo i pugni sul tavolo. -Mandate qualunque Jonin disponibile, le squadre speciali, tutti!-
    -Sono tutti in missione al di fuori del villaggio, Tsunade... A parte Gai da qualche parte in giro... Kakashi e una squadra Anbu dovrebbero rientrare fra poco... ma non c'è nessun altro...-
    -Contattate Gai, affidategli il compito di rallentare Orochimaru, che si trova alla vecchia dimora degli Uchiha! Non appena tornerà qualcuno mandategli supporto, chiunque sia! Va', trova subito Gai, prima che sia tardi!-
    -...C'è qualcuno!-
    Shizune si precipitò fuori dall'ufficio, ma non vide altro che la porta d'ingresso sbattere violentemente.

    Rock Lee era corso fuori. Un tale di nome Orochimaru cercava Sasuke per usare lo sharingan. Sapeva che era uno dei tre Sennin, un avversario ben al di fuori della sua portata, ma doveva cercare di rallentarlo fino all'arrivo del maestro Gai e degli Anbu. Forse per Neji poteva essere un fallito e nient'altro, ma forse per una volta la sua presenza poteva fare la differenza, e non in negativo. Corse veloce come il vento attraverso la quasi deserta Konoha, e raggiunse il piccolo quartiere un tempo abitato esclusivamente dal clan Uchiha.
    Il luogo era spettrale. Somigliava più ad una città fantasma che alla vecchia dimora di un antico e nobile clan. C'erano insegne mezze rotte che cigolavano nel vento improvvisamente freddo. Le nuvole coprirono il sole e nella penombra i cigolii sembravano ancora più lugubri. Lee avanzò lentamente guardandosi intorno. Non percepiva nulla più della stessa ansia che lo aveva colto mentre correva dall'hokage. Nessuna presenza. D'un tratto sentì un rumore di passi leggeri sul legno. Si voltò di scatto ma non vide altro che un'ombra che scompariva dietro l'angolo.
    -Sasuke?- chiamò con voce non perfettamente ferma. -Sei tu, Sasuke?-
    Non ottenne nessuna risposta. Deglutì più silenziosamente possibile e mosse verso l'ombra. Gettò uno sguardo dietro l'angolo, ma non vide nulla. Sentì di nuovo un rumore di passi leggerissimi. Strisciò lungo la parete grigia che delimitava il cortile fino ad un simbolo del clan che recava una crepa. A quel punto la misteriosa creatura che cercava di raggiungere saltò fuori dall'albero. Era solo un gatto nero e bianco che correva dietro ad una libellula.
    -Sasuke Uchiha...-
    Rock Lee si voltò di scatto. La voce sibilante che aveva sentito apparteneva ad un uomo alto, con lunghi capelli neri, dal viso pallido e scavato, con un terrificante ghigno e degli occhi serpentini. Il ragazzo arretrò fino a trovarsi spalle al muro sotto lo stemma danneggiato degli Uchiha.
    -Chi sei?-
    -Il mio nome è Orochimaru... tu sei Sasuke Uchiha, dico bene?-
    -Sì.- disse Lee senza rendersi perfettamente conto di cosa gli sarebbe potuto succedere. -Che cosa sei venuto a fare qui?-
    -Cercavo te, mio giovane Uchiha. Volevo che mi mostrassi il tuo sharingan.-
    Senza alcun preavviso Orochimaru attaccò. Fortunatamente Lee aveva degli ottimi riflessi e schivò il colpo. Quello purtroppo era solo il colpo d'apertura di una lunga serie. Dovette arrivare a togliersi i pesi quasi subito per riuscire a schivare la velocissima spada di Orochimaru, e non sempre ci riuscì. Subì un taglio piuttosto profondo nell'interno della coscia che gli limitò i movimenti. Cadde all'indietro contro il tronco di un albero e scivolò a terra ansimando. Come previsto, era troppo forte per lui. Possibile che non potesse fare altro per rallentarlo? Valeva davvero così poco come diceva Neji, da non riuscire non solo a sconfiggere un nemico, ma nemmeno a sfiorarlo?
    -Perchè non mi mostri nulla di te?- fece Orochimaru con un falso tono di dolcezza. -Mostrami il potere dei tuoi occhi...-
    Rock Lee non aveva idea di cosa volesse vedere quel mostro. Sapeva che il clan Uchiha possedeva un'abilità innata, lo sharingan, ma non era possibile per lui fingere di averlo, poichè non era in grado di prevederne i movimenti e sapeva che quando veniva attivato gli occhi cambiavano colore. Voleva vedere se Sasuke Uchiha possedeva quegli occhi, o voleva accertarsi che lui fosse un Uchiha come aveva detto?
    -Mostrami qualche tua tecnica, non essere timido... so che gli Uchiha padroneggiano perfettamente l'arte del fuoco...-
    "Certo, gli Uchiha! Io invece non ne padroneggio proprio nessuna!" pensò disperato Rock Lee pensando che si sarebbe messo a piangere. Se non si inventava qualcosa l'avrebbe ucciso, e non era nelle condizioni di impedirglielo.
    -Oh, forse ti senti a disagio con uno sconosciuto che ti piomba in casa tra capo e collo? Bene, vorrà dire che verrai con me, così possiamo conoscerci meglio. E a quel punto magari mi mostrerai il tuo sharingan, vuoi?-
    Prima che Rock Lee potesse pensare a cosa dire o fare, Orochimaru scomparve dalla sua vista. Il cortile si rabbuiò ancora di più, il vento sembrava essersi messo a vorticare intorno a lui, alzando tutte le foglie. Si sentì confuso e non ricordava più dove fosse e cosa stesse facendo. Quando il vento si placò, la gamba non gli faceva più male. Si guardò, ma la ferita era scomparsa. Si alzò in piedi e vide che non si trovava più -ma dov'era prima? Non lo ricordava- ma era in mezzo alla foresta, nel terzo campo di addestramento. Vide poco lontano il maestro Gai, ma poi anche Neji sbucò da dietro uno dei tronchi e si guardò attorno. Poi guardò lui e gli fece segno di avvicinarsi con la mano. Lee gli andò vicino finchè non scomparve dietro il tronco che gli precluse la vista del maestro.
    -Cosa c'è, Neji?-
    -Scusami.-
    Neji gli porse uno stranissimo fiore rosso e bianco. Non appena ne percepì il profumo, l'aria ricominciò a vorticare, riempiendosi di petali bianchi. Solo allora Rock Lee capì di essere nell'occhio del ciclone. Qualcuno stava cercando di intrappolarlo in un'illusione. Forse Orochimaru?
    -Neji! Neji, è un genjutsu!-
    Lee conosceva la teoria per spezzare un genjutsu, ma non era mai stato capace di riuscirci. Sperò che Neji riuscisse ad annullarla completamente, ma quando si voltò gli si incollò alle labbra in un bacio mozzafiato. Per quanto si dimenasse, non riusciva a staccarsi da lui e lentamente gli occhi gli si chiudevano. Stramazzò a terra quasi addormentato.
    -Sogni d'oro, Sasuke...-
    "Ma cosa dici, Neji? Io... non sono..."
    Chiuse gli occhi sopraffatto dal sonno. Il Genjutsu si impadronì di lui, e fu buio e silenzio.

    La settimana che seguì fu per Rock Lee la peggiore della sua vita. Era come vivere in un perpetuo incubo, sempre uguale. Ogni volta che si svegliava si ritrovava a dover combattere con Orochimaru, ma non era mai in grado di prevedere i suoi colpi, nè di colpirlo. Quando alla fine stramazzava esausto a terra, l'aria si riempiva di piume e l'arte illusoria lo addormentava. Non sentiva più nulla fino al momento in cui Orochimaru scioglieva l'illusione svegliandolo per poter combattere di nuovo.
    Quel mattino invece si svegliò da solo. Aprì gli occhi e con suo enorme sollievo constatò che non c'era nessuno nella stanza. Non era nemmeno il buio dojo dove di solito affrontava il ninja leggendario. Si trovava in una piccola stanzetta illuminata dalla luce del sole che si insinuava fra le tende tirate della finestrella. Si mise a sedere fra le coperte del suo letto e osò sperare di aver sognato tutto, che fosse solo il frutto dell'arte illusoria, o un incubo terribilmente lungo.
    -Buongiorno, Sasuke...- sibilò la voce di Orochimaru. -Hai dormito bene?-
    Lee capì subito che non era stato nè un incubo nè un'illusione. Era prigioniero di Orochimaru da tempo, anche se non aveva idea di quanto, e probabilmente non lo sapeva nessuno. Al Villaggio avrebbero pensato che Orochimaru se ne fosse andato senza Sasuke, senza contare che risultava che fosse in missione nel paese del Tè. Solo al ritorno di Neji e TenTen avrebbero cominciato a cercarlo. Ma se il sennin cercava delle abilità innate e delle tecniche nuove, sicuramente nessuno avrebbe mai pensato che Rock Lee, il ninja che non sa usare una sola tecnica, fosse suo prigioniero. In più, se Orochimaru continuava a sfidarlo, avrebbe capito che non solo non possedeva lo Sharingan, ma non padroneggiava alcun Ninjutsu. E a quel punto l'avrebbe ucciso.
    -Allora, ragazzo...- disse lui afferrandolo per la spalla e sbattendolo contro il muro. -Mi dici chi sei davvero, o devo distruggerti senza sapere che nome scrivere sulla tua tomba? Perchè tu non sei Sasuke, e non sei nemmeno un Uchiha... io conosco l'aspetto di Sasuke... e non sei lui. Ringrazia che gli effetti di un piccolo incidente mi abbiano impedito di accorgermene subito, o a quest'ora saresti già morto e sepolto insieme a tutti i ragazzi morti per essere nel posto sbagliato al momento sbagliato!-
    -I-io...-
    -Se confessi forse non ti ucciderò.-
    -Io... n-non sono Sasuke... e non sono un Uchiha... ho... ho saputo che eri alla vecchia dimora del Clan, e che cercavi Sasuke... Tsunade ha mandato qualcuno a fermarti, ma ci voleva tempo... e io ho cercato di guadagnarne quanto più potevo...- spiegò con la voce strozzata dalla mano di Orochimaru sulla gola. -Il mio... nome... è Rock Lee...-
    -Sei...-
    Orochimaru scoppiò in un'acutissima e stridula risata, indecisa fra la sorpresa e la rabbia. Doveva essere furioso per quel contrattempo. Serrò ancora di più la mano al collo del ragazzo che aveva sequestrato per errore e si passò l'inumana lingua sulle labbra pallide. Lo fissò con talmente tanto odio che sembrò che volesse incenerirlo. Lee tentò di aprire le dita gelide alla gola senza riuscirci. Aveva appena creduto di morire, quando la mano lo lasciò andare e lui scivolò senza fiato lungo il muro fino a terra, respirando avidamente e tossendo. Orochimaru era talmente infuriato che le pieghe del volto lo deformavano in una maschera diabolica.
    -Sei quel miserabile che non è capace di usare nemmeno una tecnica base... tu... tu non hai niente per me!-
    -T-ti prego... non... uccidermi... ti prego...-
    -STA' ZITTO, SCARAFAGGIO!-
    Mentre Orochimaru camminava nervosamente avanti e indietro per la stanzetta, borbottando fra sè e sè, Lee non mosse un muscolo. L'unica cosa che si muoveva, che non poteva fermare, era il tremolio delle ginocchia e delle mani, il doloroso pulsare terrorizzato del cuore, lo sgorgare delle lacrime dagli occhi. Schemi di allenamento, anni di studio, centinaia di ripetizioni all'Accademia Ninja, quattro anni di missioni... niente poteva tornargli utile. Pensò che Neji aveva ragione. Per quanto si fosse sforzato di moltiplicare i suoi sforzi era comunque uno zero...
    -Vuoi vivere, miserabile?- tuonò Orochimaru intercettando un leggero singhiozzo. -Vuoi vivere?-
    -Sì...sì!-
    -Allora dammi l'unica cosa che possiedi! Dammi il tuo corpo!-
    Prima che Lee potesse comprendere il senso di quelle parole, Orochimaru cominciò a strappargli la tuta già ridotta a brandelli. Cercò disperatamente di allontanarlo, ma non ci riuscì. L'uomo gli premette sulla ferita alla coscia facendolo gridare di dolore e gli spalancò le gambe, insinuandosi fra di esse con tutta la sua ferocia.
    -Dai un valore al tempo che ho perso con te e io ti darò una possibilità di sopravvivere!-
    A quel punto Lee avrebbe preferito morire, piuttosto che conservarsi la vita in quel modo, ma ormai era tardi ed era impossibile impedirgli fisicamente di abusare di lui. Furono appena dieci minuti, ma a Lee sembrarono più lunghi delle sessioni di combattimento in cui finiva stagliuzzato e pestato. Le spinte erano veloci e terribilmente dolorose, ma le lacrime erano dovute soprattutto al suo orgoglio ferito e alla vergogna. Per tutta la durata di quella tortura non proferì fonema, restò appoggiato contro il muro, a subire, immobile, mentre Orochimaru cercava di provocare in lui una qualche reazione con frasi beffarde che Lee ignorava con sforzo.
    Alla fine Orochimaru parve soddisfatto e abbandonò il corpo del ragazzo lasciandolo appoggiato alla parete. Gli afferrò il mento e gli sollevò la testa per costringerlo a guardarlo. Gli asciugò le lacrime con un falso gesto di dolcezza, mentre esibiva lo stesso orrendo ghigno malefico sulla faccia.
    -Sei un po' freddo, vedo... riservi questo trattamento a me o sei così con tutti?-
    -...-
    -Oh, sei arrabbiato con me e non vuoi rispondere?-
    -...-
    -Pensavo che fossi abituato a fare queste cose... ho visto la tua faccia quando la mia arte illusoria ha incarnato l'immagine di quel ragazzo coi capelli lunghi... e quando ti ha baciato per addormentarti... quello non è un ragazzo qualunque... pensavo fosse il tuo ragazzo... non fai mai sesso con lui, Rock Lee?- lo provocò Orochimaru ghignando. -Magari preferisce qualche bella signorina a te... oh, dev'essere frustrante... chissà quante sono in fila per quel bel ragazzo, tutte prima di te... a te non rimane niente, vero? Magari lo sogni, di notte, tutto nudo davanti a te... cosa gli fai, nei tuoi sogni?-
    -Chiudi quella boccaccia!- tuonò Lee afferrandolo per il kimono. -Neji è il mio migliore amico!-
    -Il tuo migliore amico?!- ribattè lui afferrandolo per i capelli. -Se è il tuo migliore amico, dov'è adesso? Dov'è adesso che tu sei prigioniero, che stai soffrendo? Dov'è mentre io faccio di te quello che voglio?-
    -Neji mi sta cercando!- esclamò lui, non troppo sicuro di quello che stava dicendo. -Neji e TenTen sono tornati e ora mi staranno cercando! E quando mi troveranno, ti faremo a pezzi!-
    Orochimaru rise, con quell'odiosa risata stridula intrisa di cattiveria. Strappò un ciuffo di capelli al ragazzo sulla cui fronte cominciò a colare del sangue. Si allontanò e scomparve all'improvviso in una barriera che delimitava la stanza come una parete. Lee gemette per il dolore alla testa e si toccò sporcandosi la mano di sangue. Si chiese quanto ancora avrebbe dovuto sopportare prima che qualcuno lo venisse a salvare.
    "Neji... dove sei?" si chiese mentre guardava l'improvviso buio fuori dalla finestra. "Mi state cercando?"

    -Neji... Neji, aspetta!- farfugliò TenTen fermandosi su un ramo. -Sono senza fiato...!-
    -TenTen, non è il momento di riposare!- sbottò Neji. -Siamo anche troppo lenti!-
    -Parli come Lee adesso...- ansimò lei.
    -Capisco che tu sia in ansia per il tuo amico, Neji...- disse Pakkun. -Ma TenTen ha bisogno di riposare...-
    -Io vado avanti.- disse lui. -Raggiungici appena puoi. Segui le orme di Pakkun.-
    -Sperando che la pioggia non le cancelli...- disse la ragazza guardando il cielo.
    Neji alzò lo sguardo al cielo e lo vice ingombrarsi di nuvole portatrici di pioggia. Se non si sbrigava, la pioggia avrebbe cancellato l'odore di Rock Lee e non sarebbero più stati in grado di trovarlo. Doveva arrivare almeno abbastanza vicino da poterlo vedere con il byakugan, e per farlo non aveva tempo da perdere!
    -Pakkun, segui il suo odore! Portami più vicino che puoi finchè riuscirai a sentirlo!-
    TenTen si sedette e bevve un sorso d'acqua, mentre Neji scompariva in un attimo fra le fronde verdi della foresta. La missione nel paese del Tè era durata meno del previsto. Neji si era svegliato nel cuore della prima notte completamente sudato. TenTen aveva seguito i suoi spostamenti dalla cima della carovana, preoccupata. Non era mai successo che si allontanasse dal posto di guardia senza un motivo più che ovvio, e pareva non averlo, questa volta. Lo aveva visto raggiungere il fiume, spogliarsi e restare immerso immobile nell'acqua per ore, fino al sorgere del sole. Da quel momento, per tutta la durata della missione, era sempre stato pensieroso, distratto; aveva messo fretta all'intera spedizione, ipotizzando assurdi piani di attacco da parte di banditi che nemmeno un idiota avrebbe potuto pianificare. Aveva messo un sacrosanto terrore a tutti i mercanti, cosa non da lui, ma almeno non avevano subito nessun attacco e nessun rallentamento, al punto che la spedizione arrivò con ventisette ore di anticipo sulla tabella di marcia. Era tornato a casa ad un'andatura quasi insostenibile e una volta arrivato a Konoha non si era minimamente preoccupato di consegnare il rapporto della missione. A dire il vero, TenTen non lo aveva nemmeno visto scriverla, e dato che avrebbe dovuto firmarla anche lei in quanto partecipe alla missione, poteva dedurne che non aveva scritto il rapporto. Chiedendogli spiegazioni aveva soltanto ottenuto una serie di giustificazioni ridicole e alla fine Neji era andato via dicendo che tornava a casa e invece era andato dritto al campo di addestramento, al dojo e a casa di Lee, senza trovarlo da nessuna parte. Aveva mandato all'aria il Villaggio per cercarlo fino a che Sasuke non aveva portato dall'hokage un brandello della tuta di Lee, insanguinata, che aveva trovato nel cortile di casa sua. A quel punto Tsunade aveva permesso -dietro sue pressanti insistenze- a Neji di prendere Pakkun e seguire le tracce di Rock Lee.
    TenTen sorrise, pensando che probabilmente il motivo per cui Neji ci teneva tanto a tornare a casa dalla missione era chiedere scusa a Lee per quello che gli aveva detto. Riavvitò la borraccia e riprese il cammino seguendo le orme di Pakkun. Anche lei era altrettanto preoccupata per la sorte di Lee e voleva ritrovarlo quanto prima.

    Neji stava proseguendo più veloce di prima attraverso una radura. L'erba era così alta che non riusciva a vedere nulla. Pakkun lo precedeva annusando il terreno quando iniziò a piovere. L'acquazzone si intensificò fino ad inzuppare il terreno e l'erba che si piegò sotto le gocce. Sapeva cosa voleva dire. Avevano perso la traccia. Pakkun si girò verso il ninja.
    -Mi dispiace, ragazzo. L'odore è scomparso.-
    -Maledizione... maledizione!-
    -Non siamo molto lontani. Forse col tuo byakugan sarai in grado di trovarlo.-
    Pakkun scomparve. Non era più necessario che stesse lì, se non aveva più una traccia da seguire. Neji alzò gli occhi a quel cielo grigio scuro e a quelle gocce che cadevano gelide. Le maledisse una per una. Ormai quelle gli avevano inzuppato i capelli e il kimono bianco si era sporcato di terra e di erba, e con l'acqua diventò pesante. Insopportabilmente pesante. O forse pensava illusoriamente che fosse il vestito e non il senso di colpa a pesargli così tanto. Se non gli avesse detto quelle bugie sulla sua eliminazione dalla squadra Lee sarebbe partito in missione con loro. Invece adesso chissà dov'era, come stava. Dalle tracce nel cortile della vecchia dimora Uchiha, sembrava fosse rimasto ferito, e abbastanza profondamente. Se fosse morto per dimostrare che valeva, spinto unicamente dalle sue parole, non se lo sarebbe mai perdonato.
    -Io non ti lascio morire!- esclamò Neji. -Byakugan!-
    Le condizioni erano favorevoli. La pioggia era un aiuto per il suo byakugan: abbassando la temperatura ambientale gli consentiva di rintracciare più facilmente le fonti di chakra e di calore, tipiche degli esseri umani. Scrutò attentamente il chilometro di distanza che riusciva a coprire con i suoi occhi, ma non trovò nulla. Si focalizzò sul suo lato destro e vide qualcosa. Seicento metri più avanti, in direzione sud ovest, scorgeva una casa parzialmente interrata. Percepiva una presenza al suo interno, ma una barriera gli impediva di vedere oltre una delle pareti non interrate.
    -Ti ho trovato!- fece Neji tirando un sorriso. -Sei là, non è vero?-
    Senza perdere altro tempo corse fino alla casa. Era nascosta fra i più intricati alberi e cespugli della foresta, e protetta da innumerevoli trappole che Neji evitò grazie al suo Byakugan. Osservò l'edificio, ma sembrava non esserci nessuno. Eppure c'era quella barriera che nascondeva qualcosa e una presenza minacciosa proveniva dall'interno. Non poteva tornare al villaggio a chiedere rinforzi e TenTen non avrebbe potuto raggiungerlo, dato che la pioggia aveva cancellato i suoi passi verso la casa. Era quasi un suicidio, ma doveva irrompere da solo, ignaro di chi poteva attenderlo all'interno.
    "Tieni duro... sto venendo a salvarti!"

    Rock Lee, dentro la sua stanza sigillata, attendeva. Non sapeva nemmeno cosa o chi. Probabilmente la missione di Neji e TenTen non era ancora finita e non sapevano nemmeno che era scomparso. Qualcun altro se ne era accorto? Ne dubitava. Passava le giornate ad allenarsi nella foresta quando non aveva missioni: con il maestro Gai in missione di grado S e il resto della squadra lontano, nessuno si sarebbe accorto della sua scomparsa e tantomeno avrebbe pensato che Orochimaru aveva preso lui al posto di Sasuke. Aveva pensato a lui ed eccolo arrivare.
    -Immagino che tu abbia fame, ma non posso permetterti di mangiare ora.- disse Orochimaru attraversando la barriera. -E' arrivato il momento che tu scelga, e se sceglierai di provare a sopravvivere, è possibile che vomiterai.-
    -Dovrò subire la tua disgustosa lingua, per caso? Allora è più che probabile.- ribattè lui torvo.
    -Trovo che sia sorprendente che un handicappato come te sia potuto divenire un ninja senza alcuna arte.- proseguì il Sennin senza badare alla risposta. -Mi chiedevo come tu abbia trovato la forza di allenarti al punto di essere il genio del taijutsu...-
    -Si chiama "forza di volontà". Tu sei nato genio, come Neji e Sasuke, non è vero? A te non è mai servito allenarti ogni giorno per anni e anni. Eri l'orgoglio della tua squadra e del tuo maestro.-
    -Da cosa lo deduci?-
    -Se non sai cosa mi ha spinto ad allenarmi con tanta costanza, vuol dire che non ne hai mai avuto bisogno.-
    -Uh uh. Capisco. Hai ragione, comunque. Sono sempre stato dotato di abilità notevoli.-
    -...-
    -In questo momento ti stai torturando di nuovo come durante tutta la tua vita.- osservò Orochimaru con un ghigno. -Ti stai chiedendo perchè non sei come Neji, che è l'orgoglio del suo clan anche se non ne è l'erede... o come Sasuke, così forte, intelligente e popolare... o come me, un Ninja Leggendario dall'incredibile potere... non ho indovinato?-
    -... Sì.-
    -Dimmi, ragazzo...- sussurrò Orochimaru afferrando il mento a Rock Lee. -Non saresti disposto a rischiare la tua vita per poter essere forte come me? Per padroneggiare le tecniche ninja, e persino le arti illusorie?-
    Il viso di Rock Lee si illuminò all'improvviso e i suoi occhi incontrarono quelli serpentini del suo rapitore. La sua mente vorticava di pensieri e ricordi. Gli passò davanti tutta la sua vita. L'accademia e tutte le volte in cui non era abbastanza bravo. Tutte le verifiche di tecniche in cui falliva miseramente. Tutte le prese in giro dei suoi compagni di scuola. Il suo sforzo immane per ottenere un diploma che quasi nessuno considerava tale. Crescendo aveva udito voci terribili riguardo a quello che gli avrebbero chiesto agli esami. Dalla bocca dei suoi stessi ex compagni uscivano storie ignominiose. Le mille fatiche che aveva affrontato per migliorare il suo taijutsu, le lacrime che aveva versato quando sentiva di non farcela più, le insistenti prediche sul destino da parte di Neji...
    Neji... Neji lo aveva umiliato un'infinità di volte dall'alto della sua abilità innata e delle tecniche del suo clan. Padroneggiava tecniche potentissime che dovevano essere beneficio della casata principale, e lui le aveva imparate da solo. Aveva una conoscenza approfondita dell'anatomia e un controllo del chakra che avrebbero potuto rendergli semplice persino l'apprendimento delle arti mediche. Il suo intelletto era superato solo da pochi jonin del calibro di Kakashi e della squadra Anbu, e dal talento particolare di Shikamaru. In un arco di quasi quattro anni, aveva ottenuto il diploma, era diventato Genin, poi Chunin ed infine Jonin.
    -Non vorresti essere abbastanza potente da far ingoiare al tuo migliore amico tutte le sue offese?-
    Orochimaru alzò il viso di Lee che si era abbassato a guardare il suo passato. Il ragazzo lo guardò sopraffatto dalla tristezza e da un profondo senso di inettitudine. Non si era mai sentito così miserabile ed inutile come in quel momento.
    -Non c'è bisogno di piangere...- disse l'uomo asciugandogli il viso con uno strano sorriso. -Se tu lo vuoi, io ti posso aiutare... posso insegnarti tutto quello che so... se mi dimostri di meritarti il mio tempo...-
    -Cosa vuoi che faccia?-
    -Mi sembri deciso a migliorare te stesso... vuoi dimostrare a tutti che vali davvero?-
    -Sì!- esclamò Lee. -Sì, voglio diventare il più forte!-
    -Sei pronto a rischiare la tua vita?-
    -Dimmi cosa devo fare, e io lo farò!- esclamò saltando giù dal letto e inginocchiandosi. -Non ho paura di rischiare la vita!-
    -Ma bene... molto bene... mi piace la tua decisione... ora ti farò un regalo, un piccolo apprezzamento per il tuo coraggio!-
    -Un...-
    Orochimaru lo afferrò per le spalle sollevandolo e prima che potesse finire la frase lo morse violentemente al centro del petto, lacerandogli la pelle e facendolo sanguinare. Lee lanciò un grido mentre un senso di bruciore intenso si intensificava appena al di sopra del morso. Le mani che lo stringevano lo lasciarono all'improvviso e crollò a terra con delle fitte atroci. Vide emergere da sotto la pelle delle strane macchie nere, che diedero origine ad uno strano segno. Tre virgole nere che sembravano un piccolo vortice. Aveva un aspetto familiare. Lo ricordò all'improvviso. Aveva incontrato un uomo che aveva lo stesso segno, anche lui sul petto.
    -Io... ho visto questo segno sul petto di un altro uomo...- ansimò Lee stringendosi con la mano il sigillo. -Poco più di due anni fa, ho affrontato un ninja che lo aveva... aveva la capacità di utilizzare le proprie ossa... quel segno, sei stato tu...?-
    -Ohoh, hai incontrato Kimimaro... sei stato tu a sconfiggerlo? No, sicuramente non da solo...-
    -Ho combattuto con lui al fianco di Gaara... il ninja della sabbia...-
    Orochimaru si alzò nel momento in cui un ragazzo con gli occhiali apparve attraverso la barriera. La vista di Lee cominciava a sfuocarsi e il bruciore si estendeva a tutto il corpo. Si raggomitolò in sè stesso ansimando. Il dolore di quel segno era lacerante. Non assomigliava a nessuna ferita che avesse mai riportato prima e non sapeva nemmeno quando sarebbe durato e se si sarebbe intensificato ulteriormente. Si sentì torcere lo stomaco ed ebbe un conato. Fortunatamente era a digiuno.
    -Lee, hai delle visite, ma non sei in condizioni di riceverne.- disse il ragazzo con gli occhiali sollevandolo.
    -Chi... chi sei, tu...?-
    -Mi chiamo Kabuto Yakushi.- disse il ragazzo. -Sono un ninja medico che avrà cura di te finchè il sigillo non si stabilizzerà.-
    -P-posso... fidarmi... di te...?-
    -Orochimaru-sama si fida di me. Ti basta come risposta?-
    -Sì... mi basta...-
    Rock Lee si lasciò andare e perse i sensi. Almeno per un po' non avrebbe più sopportato le fitte tremende del sigillo, non avrebbe patito la fame, la stanchezza, il tremendo pulsare delle ferite e il peso dei ricordi.

    Neji riuscì ad entrare nella casa senza alcuna difficoltà, cosa che lo insospettì ancora di più. Si ritrovò faccia a faccia col sigillo applicato sulla parete. Era del tipo più semplice che ci fosse. Sarebbe bastato strapparlo dal muro e romperlo per annullare la barriera. Si chiese se non ci fosse una trappola al di là della parete. Decise di prendersi anche questo rischio e strappò il sigillo. La parete giallo pallido scomparve e lasciò posto ad una parete distrutta di un grigio cupo, piena di buchi e senza più una porta. Al di là da quella, c'era una stanza vuota. Neji varcò l'architrave di legno che un tempo doveva essere della porta. Alla parete era affisso uno specchio crepato e completamente annerito. In un angolo c'era invece un futon disfatto. Gli si avvicinò e lo toccò. Era ancora caldo. Fino a poco prima c'era sicuramente qualcuno fra quelle lenzuola. Ritrasse la mano dalle coperte e si ritrovò sporco di sangue. Tolse i teli di cotone strappato e riportò alla luce macchie di sangue, alcune fresche ed altre invece seccate da tempo. La persona che dormiva in quel letto aveva una ferita, a giudicare dalla posizione delle macchie, all'altezza della coscia, che si era riaperta in differenti giorni. Poteva forse essere la ferita che aveva lasciato quel sangue nel cortile della casa di Sasuke? Poteva essere di Rock Lee? Si pentì di non poter richiamare Pakkun ed essere sicuro di essere sulle tracce del suo compagno di squadra.
    -Se stai cercando Rock Lee, non lo troverai più qui.-
    -Chi sei?-
    -Neji Hyuga... Lee mi ha parlato molto di te... e non con molto affetto, ultimamente... non fa che rievocare un sacco di cose brutte che gli hai detto... e dire che il giorno che ci siamo conosciuti si è arrabbiato con me, affermando che sei il suo migliore amico e che dicendomi a chiare lettere che per te non prova alcuna libidine...-
    -Chi sei?-
    -E' stata una fortuna incontrarlo alla vecchia dimora Uchiha... sarà un esperimento interessante vedere quanto durerà sotto le mie cure... ammetto che ha stuzzicato il mio interesse, molto più di quanto avrebbe potuto fare un genio come Sasuke...-
    -Sei... Orochimaru...-
    Gli occhi di Neji attivarono il loro potere speciale. Scrutarono l'uomo davanti a loro, il suo sistema circolatorio del chakra. Sembrava essere reale, non un'illusione, e nemmeno un clone. Forse un kage bunshin? Naruto era stato in grado di acceccare il byakugan dosando la stessa quantità di chakra in ogni copia. Ma Orochimaru non temeva certo il sue sessantaquattro chiusure. A cosa gli sarebbe servito un kage bunshin?
    -Voglio che tu sappia una cosa, Neji Hyuga.-
    -Che cosa?-
    -Rock Lee è venuto a rallentarmi a casa Uchiha per colpa tua. Sono state le tue parole a farlo sentire inutile e di peso per tutto il villaggio. Si è spacciato per Sasuke, ha combattuto con me al massimo delle sue possibilità. L'ho rapito credendolo davvero Sasuke, ma alla fine ha confessato tutto. Se Lee ha passato una settimana di ferite, combattimenti massacranti, continui genjutsu e cure mediche è unicamente per colpa tua.-
    -Dimmi qualcosa che non so...- "come se non mi sentissi già abbastanza in colpa!" pensò.
    -Qualcosa che non sai?- ripetè Orochimaru fingendo di pensarci. -Ero parecchio furioso quando ho scoperto che non era nè Sasuke, nè un Uchiha, nè un ninja nel vero senso del termine... avevo perso tanto tempo per niente... l'ho quasi strangolato sul momento, poi mi ha chiesto di lasciarlo vivere... una scena patetica... e poi, mi aveva dato così fastidio che piangesse mentre riflettevo su cosa fare di lui che l'ho sbattuto contro il muro, proprio lì, vedi, e l'ho violentato...-
    -Cosa... cosa gli hai fatto?!-
    -Bene, poi cos'altro c'è che non sai?-
    -Lurido bastardo...!-
    Per la seconda volta nella vita fu un sentimento violento ad accecare Neji, come quel giorno in cui aveva tentato di uccidere Hinata al primo esame di selezione dei chunin. Stavolta però non era orgoglio, era puro furore. Davanti a sè vide rosso come se avesse avuto sangue sugli occhi. Scattò in avanti concentrando una quantità enorme di chakra nella mano destra, puntandolo dritto contro il cuore -se mai lo aveva- di quel mostro inumano.
    -Juken!-
    Si ritrovò davanti alla parete scrostata. Di Orochimaru non c'era traccia. Prima che potesse voltarsi, uno spiedo si piantò nella parete fino a metà. Possibile che fosse stato tanto veloce da scomparire, schivando il suo Juken, ricomparire alle sue spalle e lanciare uno spiedo con quella potenza e con una mira infallibile?
    -Quel colpo poteva essere letale, se mi avessi colpito.- disse Orochimaru alle sue spalle. -Perchè sei così ostile? Ho appena regalato al tuo ex compagno di squadra la cosa per la cui mancanza ha sofferto tutta la vita.-
    -Di cosa stai parlando?-
    -Del potere. Gli ho applicato il mio marchio.-
    Neji fissò Orochimaru incredulo. Perchè aveva impresso il marchio a Rock Lee? Tutti quelli a cui aveva impresso il marchio erano ninja con particolari abilità. Ricordava Jirobo, un ninja esperto nell'arte della terra e di eccezionale potenza. Kidomaru era una fusione perfetta di animale e uomo, le sue ragnatele intrise di chakra che manteneva in flusso a distanza senza contatto erano armi impareggiabili. Sakon e Ukon avevano un'abilità innata che dava loro un valore molto particolare, consentendogli di spiazzare gli avversari o fondersi con il corpo del nemico e distruggerlo. Tayuya era un'esperta di genjutsu. Anko Mitarashi, seppure avesse abbandonato Orochimaru molto tempo prima, era comunque la migliore jonin di Konoha. E poi c'era Sasuke Uchiha, che possedeva l'abilità innata che lui desiderava di più, anche se anche lui era tornato. Ma Rock Lee, che non sapeva nemmeno padroneggiare una tecnica di base, che valore poteva avere?
    -So cosa stai pensando. Ti stai chiedendo perchè ho applicato il sigillo ad un imbranato che non è capace di usare tecniche che persino i bambini sanno utilizzare. Perchè secondo te lui non vale niente, marchio o meno, vero?-
    -Ti prenderò a calci nel culo!-
    -Mi dispiace, ragazzo, ma il mio allievo mi sta aspettando. Sarà felice di sapere delle tue lacrime.-
    Orochimaru respinse violentemente il nuovo attacco di Neji, che finì dritto contro il muro. Lo stesso punto in cui, secondo le parole del Sennin, il suo compagno e amico era stato violentato. Il suo avversario se ne stava andando. Non poteva permetterlo. Accecato dalla furia, lanciò un nuovo assalto, aggrappandosi alla sua gamba. Non riusciva a vedere niente, offuscato dalle lacrime.
    -Non te ne andrai, maledetto!- gridò Neji con rabbia. -Dimmi dove hai nascosto il mio compagno! DIMMELO!!!-
    -Non posso credere che Lee si desse tanto da fare per ottenere un riconoscimento da un essere patetico come te...-
    -Ti spacco...-
    Orochimaru afferrò la spada e la piantò nel braccio sinistro di Neji, che gridò di dolore lasciando la presa. Si mise in ginocchio afferrandosi la spalla sanguinante, ma il suo avversario era già scomparso. Rimase solo con il vento che ululava fra le rovine della casa e la pioggia che picchiettava insistentemente sul tetto e sugli alberi della foresta circostante. Non si era mai sentito così dannatamente inutile come in quel momento. Per la prima volta da quando era un bambino si lasciò andare alle lacrime. Non era riuscito a trovare Rock Lee, non sapeva nemmeno dove cercarlo, e ancora peggio, il marchio avrebbe potuto ucciderlo. Da quello che sapeva, solo uno su dieci sopravviveva. Tutto per colpa sua...
    -Neji!- lo chiamò una voce femminile. -Neji, sei qui?-
    -TenTen, sei tu?-
    -Neji!- disse TenTen gettandosi in ginocchio accanto a lui a tamponargli la ferita. -Chi ti ha ferito?-
    -Orochimaru... era qui fino ad un momento fa...-
    -Hai combattuto con Orochimaru?! Dov'è Rock Lee? Lo hai visto?-
    -L'hanno portato via appena prima che arrivassi... dobbiamo salvarlo, subito, non abbiamo tempo da perdere! Quel figlio di puttana lo sta usando come un giocattolo!-
    -Giocattolo? Cosa vuoi dire?-
    -Mi ha detto che lo ha...-
    Si bloccò di colpo. Forse raccontarle questo particolare non era una buona idea. Era una cosa umiliante e probabilmente Rock Lee non voleva che lo sapessero nemmeno le pietre. Se era un'esperienza pesante per una donna, figurarsi che ferita all'orgoglio che doveva essere per un uomo.
    -...Marchiato.-
    -Marchiato...? Ah! Vuoi dire un marchio come quello di Sasuke e della Maestra Anko?!-
    -Sì... dobbiamo tornare a Konoha a prendere dei rinforzi e cercarlo!-
    TenTen aiutò Neji ad alzarsi in piedi non appena finì di stringere il bendaggio sulla ferita alla spalla. Il ragazzo ne approfittò per asciugare i segni delle lacrime. Non desiderava far sapere alla sua compagna che si era messo a piangere e a combattere come un perfetto idiota contro il Sennin, finendo con la spalla trapassata.
    -Neji! Guarda! E'...-

    -Un messaggio?-
    Neji prese in mano il foglio che lui e TenTen avevano trovato nella casa diroccata dove Rock Lee doveva essere stato rinchiuso per una settimana. Tsunade osservò anche da lontano che la calligrafia sembrava quella di una persona abituata a scrivere, uno shinobi che non si limitava a studiare le pergamene ma anche a scriverle. E da alcuni tratti caratteristici, doveva essere un uomo. Con il dito indicò la fessura in cima al foglio.
    -Era attaccato all'architrave con un kunai.- spiegò TenTen.
    -Capisco. Che cosa dice?-
    Neji aprì il foglio ancora ripiegato a metà e si schiarì la voce.
    -"All'attenzione dei Ninja di Konoha. Rock Lee è stato rapito da Orochimaru, come sapete. E' affidato alle mie cure in quanto ninja medico. Fisicamente stava bene, avendo solo ferite superficiali che ho subito curato. Ma il sigillo della terra, come quello del cielo, sono particolarmente potenti e hanno un potere di corrosione del corpo maggiore. Non posso sapere se Rock Lee sopravviverà, come non l'ho mai potuto prevedere prima, ma posso fornirvi informazioni utili per realizzare una sorta di antidoto."- fece una pausa. -Qui c'è un elenco di ingredienti e alcuni passaggi sul come mescolarli, con appunti sulla meccanica con cui Orochimaru trasferisce il marchio, poi prosegue.-
    -Va' avanti. Darò dopo un'occhiata alla lista.-
    -"L'antidoto ha un effetto limitato e temporaneo. Andrebbe iniettato sul morso, ma qualora esso sia rimarginato bisogna praticare almeno due fori in prossimità del sigillo prima di iniettare l'antidoto direttamente sul marchio. Ciò renderà il marchio instabile e parzialmente liquido come nel momento dell'applicazione e a quel punto va eliminato come il veleno di un serpente. L'antidoto non funzionerà due volte. Se il marchio non verrà eliminato subito, chi lo porta morirà per via del chakra nel marchio ormai instabile e le erbe tossiche contenute nello stesso antidoto."-
    -E' tutto?-
    -Sul retro della lettera, concentrandovi il chakra, appare una mappa piuttosto chiara.- disse TenTen.
    -Il ninja medico è Kabuto.- disse Kakashi. -Non so perchè, ma spesso intralcia i piani di Orochimaru sabotandoli dall'interno.- -Altre volte ancora invece gli salva la vita.- commentò Tsunade seccata. -Kakashi, prendi la lista e portala a Shikaku, digli di trovarti tutti gli ingredienti.-
    Kakashi prese la lista e uscì dalla stanza. Tsunade riflettè un po' in silenzio e corresse la pergamena delle missioni affidate.
    -Shizune, trovami i ninja liberi considerando che ho cancellato due missioni interne.-
    In meno di un'ora nell'ufficio dell'hokage furono convocati tre Jonin, sei Chunin e un Genin. Erano tutti i ninja senza altre missioni in corso che potevano essere mandati nella difficilissima missione di salvataggio.
    -Di cosa si tratta, Tsunade-baachan?- sbuffò Naruto. -Devo andare ad allenarmi!-
    -Taci, Naruto. Dovresti ringraziarmi, visto che sei l'unico Genin convocato per una missione di Grado S.-
    -Grado S?- sillabò lui a bocca aperta. -Oh, finalmente! Di che si tratta?-
    -Se chiudessi quella cazzo di bocca lo sapresti già!- ruggì Neji prendendolo per il colletto.
    Naruto tacque immediatamente. Non gli era mai capitato di sentire Neji dire parolacce, e nemmeno di vederlo tanto furioso, seppure non fosse il massimo della pazienza. Non fu il solo a notarlo. Anche Sasuke e Sakura lo stavano guardando.
    -Calmati, Neji...- sussurrò TenTen.
    Tsunade si schiarì la voce e scrutò i ninja uno per uno.
    -La missione è di grado S. E' una missione di salvataggio.-
    -Dobbiamo salvare Rock Lee, non è vero?- domandò Sasuke. -C'è davvero bisogno di tutti noi?-
    -Probabilmente il vostro avversario potrebbe essere Orochimaru in persona. Neji si è già scontrato con lui ieri sera.-
    -Orochimaru?- domandarono Sasuke, Naruto e Sakura all'unisono.
    -Ha impresso il marchio a Rock Lee. Dalle informazioni che abbiamo ottenuto, conosciamo esattamente il punto in cui dovrebbe essere tenuto prigioniero. Abbiamo la ricetta di un antidoto al marchio. La realizzerò prima possibile e subito dopo partirete. La mappa l'ha Neji. Potete andare.-
    -Agli ordini.-
    -Un'ultima cosa... i capi della missione sono Gai e Kakashi.-
    Lo sguardo che Neji lanciò all'Hokage e lasciava pochissime possibilità di errore. Nonostante fosse un Jonin come Gai e Kakashi, non aveva avuto il ruolo di capo. Il Neji che tutti conoscevano avrebbe annuito e si sarebbe tenuto dentro tutta la sua delusione. Ma quello non era più il ninja che conoscevano.
    -Hokage-sama, perchè...!-
    -Neji, lo sai meglio di me il perchè!- esclamò Tsunade con un tono che non ammetteva repliche.
    -Sono... coinvolto emotivamente.-
    -Puoi andare.-
    Neji consegnò la mappa in mano al Maestro Gai, che gli si era avvicinato solo per consolarlo, e lo schivò. Si trascinò fuori fissando il pavimento e scomparve in corridoio, seguito da TenTen. Gai e Kakashi rimasero nell'ufficio mentre gli altri giovani uscivano. In fondo al corridoio, Neji e TenTen erano abbracciati. Si sentivano singhiozzi repressi che scuotevano le due figure. Poi iniziarono a dondolare leggermente e la ragazza gli batteva dolcemente sulla spalla.
    -E' Neji che sta piangendo.- disse piano Hinata.
    -Che strano.- disse Sakura. -Non mi sembra il tipo.-
    -Se il tuo migliore amico fosse in pericolo di vita per colpa di un tuo insulto, piangeresti anche tu.- mormorò Choji, abbassando lo sguardo. -Rock Lee si è cacciato in questo guaio per colpa di qualcosa che gli ha detto.-
    Shikamaru lasciò uscire un profondo sospiro che esprimeva l'umore generale. Sakura e Hinata ebbero la medesima reazione e abbassarono lo sguardo, forse per nascondere che avevano le lacrime agli occhi. Sasuke e Naruto si scambiarono un'occhiata intensa. Immaginavano perfettamente cosa provava Neji. Una storia identica era capitata a loro.
    -Anche il ragazzo più freddo ha un cuore caldo.- disse Kakashi uscendo dall'ufficio e identificando in Neji l'oggetto del disagio generale. -Anche il ragazzo più forte sente dolore quando quel cuore si ferisce.-
    Hinata fu la prima a rompere il momento di immobilità. Si avvicinò con passo lento ma deciso al cugino e gli mise una mano sulla spalla. Lui si separò momentaneamente disorientato dall'abbraccio di TenTen e la guardò. Gli altri non riuscirono ad udire chiaramente le parole che Hinata gli stava dicendo asciugandogli le lacrime, ma ad un certo punto Naruto si mosse e camminò verso di loro. Lo seguì Sakura e poi Sasuke, ed infine Shikamaru e Choji.
    -...Siamo con te, Nii-san.- stava finendo di dire Hinata.
    -Neji, salveremo Rock Lee.- disse Sakura. -Faremo tutto ciò che sarà necessario.-
    Lo sguardo di Neji non si era del tutto ripreso dalla confusione. Sembrava vagamente infantile, ricordava lo sguardo di un bambino che piangeva terrorizzato e poi sentiva i genitori confortarlo assicurandogli che non c'era nessun mostro sotto il letto o nel ripostiglio e che era tutto un incubo. Si perse a guardare dall'uno alltro dei suoi compagni di missione prima che un'espressione di rabbia e frustrazione sostituisse la confusione.
    -Non basterà qualsiasi cosa che faremo! Non possiamo cambiare...-
    Un sonoro schiocco rieccheggiò nel corridoio. Tutti i ninja restarono a bocca aperta. TenTen aveva ancora la mano a mezz'aria e Neji restò con gli occhi spalancati e il viso girato. Kakashi emise un impercettibile verso di sorpresa.
    -Stai ancora pensando quelle puttanate sul destino, vero?!-
    -TenTen...- sillabò Neji tenendosi la guancia.
    -Forse tu non puoi cambiare il destino di Rock Lee, ma NOI sì!- gridò lei con le lacrime agli occhi mollandogli un altro schiaffone sull'altra guancia. -Non puoi metterti a sparare stronzate adesso che il tuo migliore amico ha bisogno di tutto il tuo coraggio!-
    -TenTen ha perfettamente ragione!- esclamò Naruto. -Lui ha bisogno di te più di chi chiunque di noi! Non puoi vacillare!-
    -Se fosse lui a dover salvare te, a quest'ora brucerebbe di determinazione!- aggiunse Sakura.
    -Tu invece te ne stai qui a piangere e a rassegnarti... come farebbe un fallito...- commentò acido Sasuke.
    -S-Sasuke... non ti sembra di esagerare...? Ragazzi...- farfugliò Kakashi.
    -Maestro Kakashi, Sasuke ha ragione!- esclamò Naruto. -Se Neji molla proprio ora dovrà sentirsi un verme non solo per aver spinto Mister Sopracciglia da Orochimaru, ma dovrà sentirsi un mostro anche per averlo umiliato tutta la vita mentre lui è un fallito più di chiunque altro!-
    Neji si asciugò gli occhi nella manica del kimono bianco e approfittò di quel momento per riflettere. Loro, tutti loro avevano ragione. Si stava comportando come un vero e proprio perdente, e non poteva permetterselo in virtù del fatto che era sempre stato considerato un genio da tutti. Rock Lee aveva sempre ricercato la forza per poter battere il suo avversario, amico, rivale numero uno, vale a dire lui stesso. Se si fosse dimostrato un fallito, lo avrebbe deluso enormemente, dopo tutto quello che Lee aveva fatto per essere apprezzato.
    "Non posso credere che Lee si desse tanto da fare per ottenere un riconoscimento da un essere patetico come te"... così Orochimaru aveva detto. Doveva assolutamente dimostrare a tutti che non era un essere patetico.
    -Diamoci una mossa.- disse guardando i suoi compagni. -Abbiamo qualche sedere da prendere a calci!-
    Il gruppo scoppiò in un urlo entusiasta sintomo di impazienza. Il disagio che li stava schiacciando andò in pezzi in un attimo e si ritrovarono con un sorriso sulle labbra, l'adrenalina che scorreva al posto del sangue e il fuoco che gli ardeva negli occhi. Gai andò incontro al gruppo fissandoli engimaticamente. Kakashi si allontanò di qualche passo quando Sasuke e Naruto cominciarono a mimare una scenetta in cui pestavano Orochimaru come un ragno sul pavimento.
    -Che gli prende?- domandò Gai.
    -Credo che sia... esuberanza giovanile al trecento per cento, Gai.-

    Una settimana dopo i Ninja di Konoha erano partiti per la missione. Gli ingredienti dell'antidoto al marchio erano rari e difficili da trattare. La loro corretta mescolanza fu ardua e richiese tutto l'impegno di Shikaku Nara, Shizune e Tsunade per cinque lunghi giorni e altrettante notti. L'attesa era stata pesante per tutti. Neji non dormiva da dieci giorni consecutivi e se per caso si appisolava si svegliava subito in preda agli incubi; tuttavia al momento di partire reggeva perfettamente l'andatura piuttosto sostenuta dell'intera squadra. L'energia sgorgava dai ragazzi come acqua pura da una fonte, perpetua e zampillante. Kakashi estrasse la mappa in prossimità dei confini della foresta. Secondo quella, si sarebbero dovuti dirigere ad ovest per un paio di chilometri, e avrebbero dovuto entrare in contatto visivo con il rifugio di Orochimaru. Diede l'indicazione ai ragazzi che lo seguivano in corsa e cambiò direzione. Aspettò di vedere la conformazione del rifugio e del circondario prima di mettere a punto un piano; questa sua decisione si rivelò la migliore. Il rifugio sembrava protetto da una barriera che lo camuffava da parete rocciosa, oppure vi era nascosto all'interno.
    -E' una barriera di livello sei.- annunciò Hinata dopo averla osservata con il Byakugan. -Ci sono sei sigilli che vanno strappati contemporaneamente. Ne ho già visti tre, nei paraggi. Anzi, quattro... cinque.... sei. Li ho trovati tutti.-
    -Ho già visto questo tipo di barriera. Ci divideremo e le strapperemo al segnale.-
    -Quale sarà il segnale, Maestro Kakashi?- domandò Sakura. -I sigilli saranno lontani fra loro.-
    -Useremo le radio. Non c'è altro sistema.-
    I ragazzi si appuntarono le radio e le sintonizzarono sulla stessa frequenza. Come era capitato a Lee tempo prima, il volume della radio di Naruto spaccava i timpani a tutti. Ci volle qualche minuto per riuscire a sistemarla ad un livello accettabile, ma lo strumento era difettoso. Raccomandarono a Naruto di parlare a bassa voce nel microfono o avrebbe assordato tutti, dopodichè Neji giudò Kakashi, Gai, Shikamaru, Choji, Sakura e Hinata ai sigilli sparsi nel raggio di un chilometro. Ci misero solo pochi minuti a raggiungere le posizioni, ma al momento in cui stavano per dare il segnale, le radio si ammutolirono.
    -Choji, sei in posizione?- domandò TenTen nel microfono. -Choji?-
    -Hinata? Sakura?- provò Sasuke. -... Non si sente niente... possibile che sia guasta?-
    -Non è un guasto.- disse la ragazza. -Neanche alla mia si sente nulla.-
    -Gai-Sensei?- chiamò Neji. -Kakashi-sensei? Mi sentite?-
    -Siamo caduti in una trappola!- esclamò Naruto indicando la parete rocciosa, che era in parte scomparsa e mostrava una caverna buia che scendeva nella montagna. -E' scomparsa senza che io strappassi il sigillo! Era solo un trucco per dividerci!-
    -Naruto ha ragione. Probabilmente era una falsa barriera, e nei luoghi degli altri sigilli ci saranno altre trappole.-
    -Sì.- disse Neji dopo aver osservato col Byakugan i loro compagni. -Stanno subendo aggressioni da parte di altri ninja.-
    -Hanno bisogno di aiuto?-
    -Non sembra. Sono uno contro uno.-
    -Ragazzi?!- esclamò la voce di Gai dalla radio. -Mi sentite?-
    -Sensei!- rispose TenTen. -Cosa succede, Sensei?-
    -Sono apparsi dei nemici al posto dei sigilli!-
    -La barriera era un fake.- lo informò Neji. -Si è annullata. Noi entriamo. Raggiungeteci quando avete finito.-
    -D'accordo!-
    -Fate attenzione, ragazzi.- gracchiò disturbata la voce di Kakashi nella radio.
    Neji strappò la radio dall'orecchio e la ripose distrattamente nello zaino. Senza aggiungere nulla, scambiò un intenso sguardo a TenTen, Sasuke e Naruto estraendo la siringa dove era contenuto il liquido verde brillante ottenuto dalla ricetta dell'antidoto di Kabuto. Non sapevano se fidarsi di Kabuto, ma sapevano che dovevano credere in Rock Lee e in quella cura fino in fondo. Senza esitare oltre, corsero nella caverna alla ricerca del loro compagno di Konoha.

    Orochimaru sedeva nell'oscurità del suo rifugio. Guardò Kabuto, in piedi accanto a lui, sorridendo soddisfatto. Non aveva mai ottenuto un risultato simile nemmeno da Kimimaro. I suoi studi non potevano vantare un esperimento tanto interessante come quello che aveva appena osservato. Stava per parlare quando percepì la presenza di alcuni shinobi nei dintorni del rifugio e dovette rimandare le sue osservazioni.
    -Sono arrivati i tuoi amici, Lee.- annunciò invece.
    Nella sala su cui si affacciava Orochimaru, come su un trono, Rock Lee lasciò la gola di un avversario, facendolo cadere sul pavimento schizzato di sangue. L'uomo si divincolò e strisciò il più lontano possibile dal ninja che gli aveva appena tagliato le gambe. Con le lacrime di disperazione agli occhi, scavalcò il corpo ripetutamente mutilato di un ninja che era del suo stesso villaggio, quello della Nuvola. Era impensabile che un ragazzino come quello fosse l'artefice del massacro che vedeva con i suoi stessi occhi. Si sentì afferrare per i capelli e la spada omicida strappò la sua vita in un attimo, tagliandogli la gola, nel momento in cui dei passi rieccheggiarono nella sala.
    Naruto fu il primo ad arrivare. Rischiò di perdere il contatto a terra scivolando su una larga pozza di sangue appartenente ad un corpo sventrato. Si aggrappò alla parete per evitare di caderci sopra nel momento in cui TenTen sopraggiunse e lanciò un grido. La sala illuminata dalle fiaccole era cosparsa di corpi morti e sanguinolenti, per non parlare di parti mozzate. Sasuke entrò nella sala e indirizzò la sua palla di fuoco ad un'enorme fiaccola ad olio, la quale rischiarò la stanza e portò alla luce l'orrendo spettacolo di un paio di dozzine di cadaveri. Neji non volle credere ai suoi occhi quando mise a fuoco la figura che si ergeva fra i morti. Quel ragazzo portava pantaloni a tre quarti, grigi, stivali da shinobi neri, maglia a rete e protezioni da polso e avambraccio; era sporco di sangue sulle mani e sui vestiti, teneva in mano la spada assassina e un marchio nero troneggiava al centro del petto.
    -Quel segno... è come quello di Kimimaro!- esclamò Naruto indicandolo a Sasuke.
    -Ma quello... non è Kimimaro...!-
    -E'...-
    -... Rock Lee...- esalò Neji con un filo di voce.
    Lee avanzò oltre il corpo che aveva appena decapitato e li fissò con una sorta di tristezza negli occhi. Rifoderò la spada nella guaina che aveva infilato nella cintura, dietro la sua schiena. Alzò lo sguardo e per un lungo momento lui e Neji si fissarono senza muoversi di un millimetro, con il fuoco che danzava energeticamente nella penombra.
    -Neji... sei venuto...- disse lui piano. -Al tuo appuntamento con la morte...-
    -La morte è una cosa comune ad ogni destino. Non posso sfuggirle.-
    -Hai ragione. Non puoi.-
    Neji spostò lo sguardo sul petto di Lee dove il sigillo nero si stagliava sulla pelle particolarmente chiara. Grazie al byakugan potè notare che le ferite del morso di Orochimaru erano rimarginate. Questo significa che avrebbero dovuto attuare il piano più difficile. Lo avevano messo a punto ipotizzando di dover combattere contro di lui: era necessario che ognuno facesse la sua parte. Naruto avrebbe dovuto iniziare il combattimento, riuscire ad immobilizzarlo grazie alla Kage Bunshin per permettere a TenTen di aprire i fori con gli spiedi. A quel punto Sasuke avrebbe dovuto affrontarlo e costringerlo ad attivare almeno parzialmente il marchio, e a quel punto era fondamentale che Neji riuscisse ad inniettare l'antidoto sul sigillo e ad espellerlo prima che esaurisse l'effetto e il chakra fuori controllo lo uccidesse. Era il piano più complicato che ci fosse, ma non potevano permettersi di fallire.
    -Naruto, TenTen. La prima fase dipende da voi.- disse Sasuke. -Sembra che debba partire il nostro piano C.-
    -Lasciate fare a me! Kage Bunshin no Jutsu!-
    -Il perdente che siete venuti a salvare non esiste più.- disse Lee. -Comunque, questi patetici cloni non fermerebbero nemmeno lui... Konoha Dai Senpuu!-
    Naruto e i suoi cloni vennero investiti da una raffica di chakra che distrusse i Kage Bunshin senza nemmeno che il colpo li sfiorasse direttamente. Dietro agli altri cloni, Naruto creò un nuovo Naruto che lo aiutò a concentrare il chakra sferico del Rasengan nella mano. Quello scomparve con tutti gli altri cloni e il ninja si lanciò contro il suo avversario. Lee non battè ciglio. Compose dei sigilli che Sasuke riuscì a cogliere solo con lo Sharingan e riconobbe quel gesto delle dita alla bocca.
    -Katon! Goukakyuu no Jutsu!-
    -I-impossibile...!-
    Naruto era solo a pochi metri e non potè fare nulla. La sfera di fuoco lo investì colpendolo in pieno. L'intervento provvidenziale di TenTen gli salvò probabilmente la vita. Lanciò due spiedi al petto, sotto marchio, avendo cura di non colpire troppo a fondo o in un punto vitale, ma comunque abbastanza forte da interrompere il respiro di Lee e togliendo forza alla palla di fuoco. Naruto volò all'indietro e avrebbe sbattuto contro la parete se Sasuke non lo avesse preso al volo. Gli strappò di dosso la giacca che stava ancora bruciando e lo adagiò sul pavimento proprio mentre perdeva i sensi.
    -Ora... tocca a te... vedi di non fallire... Sasuke...-
    -Non sai di che parli, Testa Quadra.- borbottò fra sè e sè, lasciando che Naruto riposasse. -Io non posso fallire.-
    -Sasuke Uchiha... è per causa tua, indirettamente, se io sono qui...- disse Lee guardandolo. -Ti devo ringraziare...-
    -Sei riuscito ad imparare il Ninjutsu grazie al segno maledetto, non è vero?-
    -Grazie a quello, all'impegno che nessuno di voi geni ha mai avuto, e al mio maestro.-
    Rock Lee sembrava non avere gradito l'insinuazione. Si strappò furiosamente gli spiedi dal corpo gettandoli a terra e scomparve. Sasuke cercò di individuarlo. Lo vide un secondo prima, col potere del suo Sharingan, ma non riuscì a parare il suo calcio. Strisciò per diversi metri a terra prima di arrestare la sua corsa e rimettersi in piedi. Si rese conto immediatamente che non sarebbe riuscito a combatterlo da solo. Proprio come nel loro primo scontro, lo sharingan gli permetteva di prevederlo, ma il suo corpo rimaneva troppo lento per seguirlo. Non aveva scelta, se voleva costringerlo ad attivare il segno maledetto. Avanzò piano mentre il bruciore del segno che portava sulla spalla si intensificava e si diffondeva in altre parti del corpo. Per combattere un segno maledetto dovevano usarne un altro.
    -Sasuke, no!- strillò TenTen. -Non usare quel segno!-
    -Non ti preoccupare. Posso controllarlo senza problemi, con il sigillo della maledizione.-
    -Capisco.- commentò Lee. -Devo uccidere te prima di arrivare alla mia vera preda.-
    -Se non te ne sei accorto, Rock Lee, noi siamo il branco e tu la preda.-
    -Mi piace questo gioco... allora, vieni, predatore...-
    -Come preferisci!-
    Attivato lo sharingan e il marchio insieme, il corpo bruciava come se fosse fra le fiamme. Il dolore era intenso e gli rallentava un po' i riflessi, lo notò subito quando ingaggiò il combattimento ravvicinato con Lee. Era tre volte più veloce di prima, più potente, faticava a schivarlo e a parare i suoi colpi, seppure potesse contare sullo sharingan, il marchio lo rendeva più forte seppure più distratto per il dolore. Subì alcuni colpi tanto violenti che faticò tremendamente a rimettersi in piedi. Non avevano possibilità, doveva riuscire a fargli attivare il marchio, o l'antidoto non sarebbe servito. Sasuke prese le distanze arrampicandosi sul muro e si preparò. Doveva usare il taglio del fulmine per costringere Lee ad usare il potere del marchio. TenTen in quel momento srotolò due pergamene in aria. Erano il suo attacco speciale, i Draghi Gemelli, che poteva fornire un ottimo diversivo che avrebbe fatto guadagnare il tempo necessario a Sasuke per prepararsi.
    -Cosa pensi di fare, TenTen?- fece Lee ridendo beffardo. -E' così semplice fermarti... Doton! Doroku Gaeshi!-
    -Conosce anche l'arte della terra?!- esclamò Neji. -Questo è impossibile!-
    Una barriera di terra si alzò da sotto la pavimentazione e protesse Lee da tutte le armi dei Draghi Gemelli della sua ex compagna di squadra. La terra si sgretolò e divenne sabbia che scivolò ai suoi piedi con tutte le armi. La sua mossa seguente lasciò sbalorditi tutti. La sabbia si alzò per aria e si avvolse intorno a TenTen intrappolandola.
    -Sabaku Kyuu.-
    -La tecnica di Gaara... ma come? Come ha fatto, in soli tre giorni?!- sbottò Naruto con voce stridula.
    Si rialzò a fatica appena in tempo per veder partire l'attacco di Sasuke, che fece rieccheggiare nella stanza scura quel suo classico suono di uccelli in volo che gli dava il soprannome di Millefalchi. Nello stesso istante Naruto creò un clone di se stesso e produsse un nuovo rasengan, lanciandosi all'attacco da un altro fianco. Dal terzo fianco Neji non fu da meno e si lanciò contro il compagno di squadra reggendo nella mano sinistra la siringa.
    -Chidori!-
    -Rasengan!-
    -Juken!-
    In quel momento sopraggiunsero Kakashi, Gai e gli altri chunin di Konoha. La scena che si presentò a loro fu scioccante. Un'enorme esplosione di luce li travolse, seguita da un'onda d'urto dovuta alla quantità di chakra che si era scontrata in quegli attacchi diretti. La sabbia che aveva intrappolato TenTen si sciolse e la ragazza precipitò a terra.
    -Bubun Baika no Jutsu!-
    Il braccio di Choji si ingrandì e raccolse la compagna di missione appena in tempo. La luce si intensificò accecando il gruppo e una corrente di vento spinse Hinata per terra. Quando lo shock si fu attenuato e gli occhi si furono riabituati alla luce scarsa della sala, una scena raccapricciante si presentò ai loro occhi. Naruto era stato scaraventato nella parete opposta e sembrava aver perso i sensi. Sasuke era riverso a terra svenuto in una pozza di sangue. Neji e Rock Lee erano in piedi, uno di fronte all'altro, immobili. Dalla loro posizione il gruppo non poteva vedere Lee se non le gambe e una parte del viso, ma potevano vedere chiaramente il kimono bianco di Neji dal quale fuoriusciva una spada e sul quale si allargava il sangue. Hinata lanciò un grido e si coprì gli occhi con entrambe le mani. Neji crollò in quel momento, quando il suo avversario gli tolse la spada dal corpo. Lee lasciò cadere la spada e crollò anch'egli.
    -Neji-san!-
    Sakura corse dritta verso di lui. Tastò delicatamente la ferita e attivò la funzione curativa che aveva studiato sotto la guida di Tsunade. In qualche secondo l'emorragia fu arrestata e la ferita richiusa completamente. Lo affidò al controllo di TenTen mentre correva da Sasuke e Naruto per il soccorso medico. Neji aprì gli occhi lentamente e si guardò intorno confuso. Vide la compagna di squadra che lo aiutò ad alzarsi a sedere.
    -Neji, stai bene?- domandò lei. -Cos'hai nella mano?-
    -Nella...?-
    Aprì la mano con uno sforzo che gli sembrò esagerato. Aveva in mano la siringa che aveva contenuto l'antidoto verde brillante. Non ce n'era più. Ricordò all'improvviso e si alzò di scatto correndo verso Lee. Mentre si difendeva dal Chidori e dal Rasengan, aveva per forza lasciato il petto indifeso ed era riuscito a piantargli la siringa sul marchio, inniettandogli la sostanza. Questo significava che l'antidoto era in circolo e che doveva essere rimosso subito.
    -Resisti, Lee!- esclamò Neji strappandogli freneticamente la maglia a rete. -Resisti!-
    -Nnh... ahh..!- gemette lui mentre il segno maledetto diventava rosso fuoco e iniziava a pulsare. -Nhh!-
    "A quel punto va eliminato come il veleno di un serpente", diceva la lettera di Kabuto. L'unico modo che Neji conosceva per eliminare il veleno da un morso di serpente era succhiare fuori il sangue infetto. Non aveva tempo di trovare un metodo più efficace, se ne esisteva uno. Si chinò sul petto di Rock Lee e succhiò forte la ferita degli spiedi. Dapprima sentì solo il sapore del sangue. Sputò e ripetè l'operazione. Stavolta la bocca gli si riempì di un amaro che gli diede la nausea. Sputò di nuovo e di nuovo succhiò fuori sangue amaro. Il marchio era tornato nero, seppure sempre liquido e pulsante. Si pulì la bocca nel tentativo di togliersi quel sapore che gli scatenava violenti conati che faticava a reprimere. Ne era rimasto poco, ormai. Cercò di farsi forza, quando fu TenTen a chinarsi sulle ferite e a succhiare via quel che restava del segno maledetto. Lo sputò e Lee smise di agitarsi. Prese a respirare forte e ci vollero alcuni minuti prima che aprisse gli occhi.
    -N-Neji...-
    -Lee, come ti senti?-
    -Neji...- sul suo viso si allargò un gran sorriso. -Finalmente sei venuto... temevo... che non venissi a salvarmi...-
    -Sta... bene...!- singhiozzò la ragazza trattenendo le lacrime.
    -Neji... TenTen... glielo dicevo... a quello stronzo... che sareste venuti...-
    Lee si raddrizzò con non poco sforzo e nonostante tutto l'impegno che ci mise Neji per non crollare davanti a tutti, non ci riuscì. Buttò le braccia al collo del suo compagno scoppiando a piangere. TenTen tirò su col naso e scoppiò a piangere di felicità, unendosi al loro abbraccio.
    -Mi... mi state stritolando...-
    -Bene, Gai.- disse Kakashi all'amico commosso. -Il tuo pupillo sta benone. Missione compiuta!-

    La missione di grado S fu ritenuta completata nel migliore dei modi. Nessuno aveva riportato ferite gravi. Era stata un vero successo e in tanti festeggiarono il ritorno di Rock Lee al villaggio. Il gruppo della missione decise di farlo nel modo più semplice e gustoso che ci fosse: una cena da Ichiraku Ramen.
    Un mese dopo era tutto tranquillo a Konoha. Naruto era passato davanti all'ospedale. C'era un suo caro amico che usciva proprio quel giorno. Attese poco più di venti minuti prima che Sasuke uscisse zoppicando con le stampelle.
    -Sasuke, ma come ti hanno ridotto?-
    -Oh, ciao, Naruto.-
    -Allora, come è andata?-
    -Bene. Mi hanno tolto il marchio, ma un po' dell'antidoto è scappato al controllo e mi ha intaccato le gambe. Niente di grave. Tsunade ha detto che mi dovrei riprendere entro qualche giorno, al massimo una settimana.-
    -Che bisogno hai delle stampelle?- mugugnò lui. -Potevo portarti in braccio in giro per Konoha, così tutti avrebbero finalmente saputo quanto ci vogliamo bene... e avrebbero capito che noi siamo fatti l'uno per l'altro...-
    -Sta' tranquillo, Naruto. Lo sanno già tutti.- scherzò Sasuke sorridendo. -Sai dov'è Rock Lee?-
    -Io ti parlo di noi e tu tiri fuori un altro?! Mi potrei ingelosire!-
    -Ma piantala, dai!- fece lui ridendo. -Allora, sai dov'è?-
    -Sì che lo so! L'ho visto con Neji vicino al negozio di Ino. Andavano da Ichiraku.-
    -Andiamo. Devo dirgli una cosa.-
    -Che cosa?-
    -Non l'ho ancora ringraziato. Quel giorno mi ha davvero salvato.-
    Naruto e Sasuke raggiunsero Ichiraku Ramen, ma Ayame gli disse che non si erano fermati. Non sapevano dove cercarli e decisero di rimandare al giorno seguente, al mattino li avrebbero senz'altro trovati nel campo di addestramento. Si dedicarono dunque al ramen con miso.
    Sul tetto dell'accademia ninja qualcun altro si godeva il ramen al miso davanti allo spettacolo del sole che tramontava segnando le sagome dei visi degli Hokage. Rock Lee risucchiò avidamente le tagliatelle dalla ciotola. Aveva una fame terribile. Neji si sedette vicino a lui assaggiando un pezzo della carne decorativa del ramen.
    -Mi spieghi perchè non hai voluto fermarti da Ichiraku a mangiare?-
    -Ah, così.-
    -E mi spieghi perchè mi hai mandato qui ad aspettarti?-
    -Mi sono trasformato in una ragazza e ho ordinato il ramen da portar via.-
    -Ti sei... cosa?- fece Lee scoppiando a ridere. -Questo volevo vederlo! Ma perchè?-
    -Non volevo che qualcuno ci rompesse le scatole.-
    -Oh. Capisco.-
    -Lee, è vero che non sai più usare il ninjutsu?-
    -Sì, purtroppo... evidentemente era solo per merito del sigillo che li avevo imparati...-
    -Mh.-
    Continuarono a mangiare il ramen in silenzio. Il sole era già calato e il cielo era di un azzurro intenso che si andava scurendo in un blu profondo punteggiato di decine e decine di stelle quando Neji finì di mangiare. Rock Lee aveva finito poco prima di lui e si era sdraiato a guardare le stelle.
    -Neji, lo sai che è il periodo delle stelle cadenti?-
    -Non lo sapevo.-
    -Sdraiati qui... col tuo byakugan magari le vedi meglio.-
    Neji fece una smorfia indecisa tra una sbuffata e una risata e si lasciò scivolare disteso. Scrutarono a lungo il cielo, in cui le stelle si moltiplicavano col farsi della notte. Erano passate ore quando finalmente videro una stella cadente. La indicarono contemporaneamente mentre la scia svaniva.
    -Eccola! L'hai vista?-
    -Che fortuna averne vista una.-
    -Non hai detto che è il periodo?-
    -L'ho detto, ma non era vero.-
    -E perchè l'hai detto, allora?-
    -Non volevo che te ne andassi.-
    -E chi ti ha detto che volevo andarmene?-
    I due ragazzi si fissarono per un lungo momento prima di ritornare alle stelle. Ancora calò il silenzio. Rock Lee era rilassato e quasi addormentato quando si sentì toccare la mano. Aprì gli occhi sussultando. Si accorse che Neji gli stava tenendo la mano.
    -Lo sai che non dicevo sul serio, quando dicevo che eri uno zero, vero?-
    -Certo che lo sapevo... o forse l'ho scoperto dopo. Ma ora lo so.-
    -E volevo dirti... che sei il mio migliore amico.-
    -E tu sei il mio.-
    Le loro mani restarono per un po' a giocherellare fra di loro, intrecciando e separando le dita. Si fermarono nello stesso momento, durante il quale si guardarono. Si avvicinarono un po' e si baciarono. Si lasciarono la mano e per un istante si fissarono sbigottiti.
    -Questo non rientra nella definizione di migliore amico!!- sbottò Neji.
    -Già... questo è un fidanzato...- considerò Lee. -Uhm.-
    Seguì ancora una lunga pausa di silenzio.
    -Neji?-
    -Cosa?-
    -Resteremo migliori amici per sempre?-
    -Essere il mio migliore amico è il tuo destino.-
    -...Ma il destino si può cambiare...-
    -Sì, a volte. Ma solo in meglio.-
    Lee si alzò e si diresse verso il muretto e cominciò a colpire il muro con il kunai. Chiese all'amico di non guardare finchè non avesse finito e lui decise di accontentarlo. Ci mise parecchio a finire quello che stava facendo.
    -In attesa di sapere se devo aggiungere qualcosa, questa dovrebbe andare bene.-
    Neji si voltò e nella luce lunare lesse la scritta. Sorrise ma non disse niente. Non sapeva ancora se avrebbero dovuto aggiungere un disegno. Solo il Destino poteva dirglielo.
    Il mattino seguente alcuni studenti dell'accademia che pranzavano sul tetto non poterono fare a meno di notare la scritta incisa a grandi caratteri nel muretto: Neji e Lee 4Ever.

     
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    "Perchè sono rimasto?" (Yaoi) di julia_fernandez, Fan Fiction [Yu-Gi-Oh]



    Era una notte di luna piena, il cielo era limpidissimo, neanche una piccola nuvola a oscurare il nero manto puntellato di miriadi di stelle luminose. Raggi lattei entravano dalla finestra della stanza del ragazzo. Forse era per l’insolita luminosità di quella sera, o per i suoi assidui pensieri, ma quella notte proprio non riusciva a prendere sonno.
    -A-atem…-
    Il ragazzo voltò la testa verso il letto accanto al suo, in cui si poteva nitidamente vedere l’esile figura di un ragazzino.
    -Ciao Yugi!-
    - Perché non dormi? È per la luce? Possiamo chiudere le tende se vuoi!!-
    Tipico di Yugi: agitarsi per nulla. Da quando erano tornati dall’Egitto non faceva altro se non chiedergli se stava bene o se aveva bisogno di qualcosa. Se fosse stata qualunque altra persona a comportarsi in quel modo con lui, gli avrebbe dato fastidio. Ma lui no…
    Atem adorava quel ragazzino, così piccolo per la sua età, tanto timido da rendirsi addiritura ridicolo a volte, impacciato pasticcione. Per lui era ancora come un cucciolo a cui bisogna ancora insegnare molte cose. Forse era per quello che era rimasto; dentro di se sentiva che Yugi non era ancora pronto a camminare con le sue gambe, che aveva ancora bisogno di lui…
    “Ma chi voglio prendere in giro? Lo so benissimo che è cambiato molto da quando mi ha risvegliato; da timido e e ingenuo è diventato forte e determinato, sorprendendo anche me. Nonostante vivessi nella sua mente non mi ero mai accorto di quanto fosse cambiato, fino a che non me lo sono trovato di fronte, con quell’aria soddisfatta per aver battuto da solo i mostri più potenti del Duel Monsters. Poteva, e può, farcela da solo. Allora perché sono rimasto?” Era la domanda che lo assillava ormai da due giorni. Perché sono rimasto? Non lo sapeva neppure lui. Poteva lascirsi battere, ma non l’aveva fatto. Non aveva deciso di vincere per orgoglio, no, questa volta non c’entrava nulla. Poteva riposare, finalmente, dopo 5000 anni, ma non l’aveva fatto. Perché? Poteva far finta di nulla, ignorare la pecca nella strategia di Yugi, lascire che i suoi life points si azzerassero e raggiungere i suoi vecchi compagni. Ma non l’aveva fatto. E di nuovo quella domanda: Perché? Non riusciva a capire… eppure avrebbe potuto rischiare molto rimanendo. Altri 5000 anni da passare sotto forma di spirito, nel corpo di qualcun altro non era una cosa su cui riderci sopra. Eppure aveva rischiato… ed era stato ripagato. Ora aveva un corpo, una vita. Era felice, ma c’era quella dannata domanda che non lo faceva dormire. Perchè?
    -Ehi Atem! Mi senti?- Il ragazzo si riscosse dai suoi pensieri e fisso il più piccolo con occhi sgranati –Che c’è?-
    -Che c’è tu! Sei strano. Non sei contento di essere rimasto con noi?- chiese Yugi senza fare nessno sforzo per nascondre l’apprensione.
    -Certo che sono contento! Come potrei non esserlo? Però… c’è una domanda a cui non riesco a rispondere….- fece il Faraone fissando le lenzuola azzure che ricoprivano il suo letto. –Perché sono rimansto? Che motivo mi ha spinto a stere qui, rischiando di rimanre prigioniero del puzzle per alrti millenni? Non riesco a trovare una risposta plausibile.-
    Sentendo quelle parole, Yugi non potè fare a meno di provare un senso di sconforto per il suo amico. Il corpo agì al posto della mente. Si alzò dal letto e andò a sedersi su quello di Atem, prendendogli le mani tra le sue. –Non lo so perché. Come posso saperlo io, se non ti sai rispondere nemmeno tu? So che per te questo è un momento difficile, ma io ti starò accanto e non ti permetterò di rimpiangere le tue scelte.- Detto questo alzò gli occhi verso quelli di Atem, che sembravano scrutarlo fin dentro l’anima, cercando di scovare un piccolo indizio per capire se stava dicendo la verità. Al contrario Yugi aveva tenuto la testa chine, principalmente per nascondare il rossore sul suo volto, ma anche per non incontrare quei stupendi occhi d’ametista, in grado di metterlo a disagio, anche solo con una fugace occhiata.
    -Ho capito Yugi. Ho capito perché sono rimasto. Sono qui per te… e non per proteggerti o aiutarti. È stato un gesto puramente egoistico, se così si può definire. Volevo rimanerti accanto perché mi sono innamorato di te!- Tutto ciò venne detto senza lasciar trasparire nessuna traccia di vergogna; lo disse in un modo così naturale che lasciò Yugi sconcertato per qualche istante. Anche Atem era sorpreso da quelle parole. Le aveva pronunciate lui? Se si, era stata una parte della sua mente che agiva autonomamente dal rasto del corpo, perché non erano state minimamente progammate. Però doveva ammettere che aver trovato finalmente la risposta alla sua domanda e aver capito i veri sentimenti che li legavano l’uno con l’altro, gli dava una strana sensazione di leggerezza e di libertà. In quel momento avrebbe potuto fare qualsiasi cosa, non se ne sarebbe nemmeno accorto. Quando fialmente Yugi si riprese shock, disse: –Non è stato per niente un gesto egoistico. Quando c’è in ballo l’amore non si è in grado di gestire i propri sentimenti. Sei stato con me, rischiando tutto perché sapevi che era la cosa giusta da fare. Non è per niente egoismo… io avrei fatto lo stesso. Perché anch’io provo esattamente ciò che provi tu… ti amo mio faraone.-
    A quelle parole Atem non seppe più resistere. Senza pensarci un secondo lasciò le mani dei Yugi, per portarle al volto, lo guidò vicino al suo. Le distanze si azzerarono e le loro labbra si unirono in un timido bacio, che ben presto mutò in una più profonda ricerca e conoscenza dell’altro. Come era successo per il bacio, senza che nessuno dei se ne accorgesse pienamente, i pigiami caddero ai piedi del letto e ciò che ne seguì fu per entrambi un momento di felicità, di piena coscienza di se stessi e di ciò che stavano contribuendo a creare: un legame profondo, più prondo di quanto avessero mai ardito sperare, che supera i limiti del tempo e azzera le distanza tra passato e presente. Prima erano due anime in solo corpo, ora si erano trasformate in due corpi che condividevano una sola anima e un solo sentimento.

    Luce abbagliante perforò gli occhi di Atem. Che sogno strano aveva fatto: finalmente capiva perché aveva deciso di restare nel regno dei vivi e nel contempo capiva di provare un profondo amore per Yugi, cose che poi erano strettamente correlate, anzi, proprio la stessa cosa. Tentò di alzarsi, ma qualcosa lo ostacolava; abbassò gli occhi al livello del suo torace e ci tovò un ragazzino addormentato su di esso. “Allora non era un sogno!” pensò como di felicità.
    Come aveva potuto non accorgersene prima: era rimansto solo per lui, perché lo amava. Ora vedeva davanti a se una nuova vita, avrebbe dovuto ricominciare da zero, ma ce l’avrebbe fatta. Con Yugi al suo fianco poteva anche fare l’inpossibile.
    -Ti amo, mio piccolo Re dei Giochi- gli sussurò mentre lo guardava aprire lentamente i grandi occhi viola. Fu il momento più bello della sua vita: la consapevolezza che finalmete viveva di nuovo… con la persona a cui teneva di più al mondo.

    -FINE-
     
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    "Margarita Party" (Yaoi) di Kailah, Fan Fiction [Beyblade]




    Tutti i bladebreakers erano stati invitati, come tutti gli altri beyblader dei mondiali, alla festa di conclusione che si svolgeva nella casa sulla spiaggia privata del presidente DaiTenji. Una volta che la commissione e lo stesso padrone di casa furono spariti dalla circolazione, non sembrava nemmeno più la stessa festa. Tutti si impegnavano a svuotare l'armadietto degli alcolici, altri sbancavano il buffet, annaffiandolo con la birra. L'esempio più palese di questo era senz'altro Boris. Max, dal canto suo, stava comodamente seduto sul divano, ma l'atmosfera generale si faceva turbolenta e piuttosto calda. Come se non bastasse, sia Hilary che MingMing continuavano a chiedergli cose di cui probabilmente nemmeno si rendevano conto, da quanti cocktail avevano trangugiato. Max uscì dalla casa, passeggiando sulla riva del mare. Si allontanò abbastanza per non essere visto e si sedette guardando il mare sotto la luna quasi piena. Si accorse solo dopo di un bicchiere di Margarita in mezzo alla sabbia vicino a lui.
    -Chi l'avrà lasciato qui?- si chiese. Poi notò anche dei vestiti. -Forse sono nel posto sbagliato al momento sbagliato...-
    In quel momento vide una figura che nuotava al largo della spiaggia, ma al buio non riuscì a riconoscerla. La figura lo notò e si avvicinò alla riva nuotando sott'acqua.
    -Ah, sei tu, Max.- gli fece il ragazzo in acqua.
    -Kai,- esclamò riconosciutolo. -Cosa fai in acqua a quest'ora di notte?-
    -Il bagno di mezzanotte, che domande!- gli disse lui. -E tu invece cosa fai fuori dall'acqua?-
    -Beh, guardavo il mare e mi godevo il silenzio.- sospirò Max. -In casa c'è un caos inimmaginabile.-
    -Lo so,- concordò Kai. -Dai, vieni in acqua. Si sta benissimo.-
    -Ma...ma io non...- balbettò imbarazzato.
    -Ehi, guarda che nemmeno io sono nudo,- precisò Kai.
    -Ah beh... allora...- riflettè Max. -Perchè no?-
    I due ragazzi decisero di fare una gara di nuoto fino agli scogli, ben lontani da quel punto. Tra schizzi e sguazzi la gara terminò con indiscusso vincitore Max.
    -Nuoti come un pesce,- commentò Kai ansimando.
    -Mi è sempre piaciuto il nuoto.- raccontò Max. -Prima di cominciare a giocare a beyblade, desideravo diventare un nuotatore professionista e partecipare alle olimpiadi.-
    -Era un bel desiderio.- concordò. -Perchè hai scelto il beyblade, allora?-
    -Non lo so, è stato il mio istinto a guidarmi sul campo delle trottole da combattimento.-
    -Dai, uomo-pesce, dammi la rivincita.- scherzò Kai.
    -Okay! Ma non mi batterai!-
    I due amici tornarono indietro a nuoto, ma Max ebbe ancora la meglio su Kai. Quando tornarono in casa, si accorsero che quasi tutti avevano già vomitato almeno una volta. Alcuni erano andati a dormire nelle stanze ai piani superiori. La musica era rock e tutti i rimasti svegli ballavano. Takao invece era scomparso insieme a Mathilda della Barthez Squadra, svanendo nel nulla. Bah, non c'era molto da immaginare. Hilary si sedette vicino a Max e Kai, arrabbiata.
    -Quell'idiota di Takao mi ha scaricata per quella stronzetta di Mathilda!- sbottò lei mollando un pugno sulla gamba a Max.
    -Non parlare male di Mathilda, non è colpa sua.- fece Max massaggiandosi la gamba. "E non è nemmeno colpa mia!"
    -Dai, Hilary!- le disse Kai. -Lo sai che Takao non riconosce mai i buoni affari!-
    -Ben detto!- concordò Hilary chiaramente ubriaca. Si alzò e se ne andò a corteggiare Yuri, bevuto come una spugna anche lui. -Ciao, Yuri, vuoi un po' di compagnia?-
    Kai porse un bicchiere a Max. -Tieni, bevi.-
    -Cos'è?- chiese lui prendendo il bicchiere di liquido giallo.
    -Margarita. E' buono, bevi.- Kai prese il suo drink e lo scolò fino a metà in un colpo solo. -In fondo, è un Margarita party, se non lo bevi che figura ci fai?-
    -E' alcolico.- fece Max. -Io non bevo gli alcolici, non li reggo per niente.-
    -Dai, Max...- lo dissuase lui. -Un bicchiere non ti ucciderà. Ti terrò d'occhio io.-
    Erano ormai le quattro del mattino quando Kai e Max entrarono in una delle camere vuote al piano superiore. Ormai dormivano già tutti. Max era completamente ubriaco, dopo quattro bicchieri di Margarita. Kai aprì la porta del salottino e spinse letteralmente l'amico sul divano bianco. Gli si distese sopra e lo baciò, senza trovare alcuna resistenza. Le sue mani gli esploravano il corpo, ma Max era troppo fuori di sè per focalizzare quello che stava accadendo. Kai non si faceva scrupoli per l'incoscienza del suo compagno, nemmeno quando lui rispose con una risata inconsapevole alla sua intenzione di spogliarlo. Quando Kai ebbe terminato, Max non era nemmeno completamente sveglio. Ma niente lo fermò.

    Il mattino seguente, Max si svegliò sul divanetto, tornato in sè. Kai dormiva ancora al suo fianco completamente svestito. Arrossì violentemente, vergognandosi e allo stesso tempo arrabbiandosi. Meno male che Kai avrebbe dovuto tenerlo d'occhio per impedirgli di fare sciocchezze! Lo scosse per la spalla svegliandolo.
    -E' così che mi controlli?- gli fece arrabbiato.
    -Oh... scusami...- si scusò poco convincente Kai. -Ero un po' brillo anch'io...-
    -Non mentire!- sbraitò lui. -Avevi programmato tutto dall'inizio, vero?-
    -Ti assicuro di no!- cercò di convincerlo Kai, mentre Max si alzava e si rivestiva infuriato.
    -Sei proprio un bastardo!- gli disse con rabbia. -E io che mi sono anche fidato di te!- uscì dalla stanza sbattendo la porta.
    -Max, aspetta!- protestò. -Accidenti...!-

    -Ciao, Max!- lo salutò a bassa voce Takao uscendo dalla stanza di fianco.
    -Ciao, Takao.- sbirciò nella stanza. Vide Mathilda che dormiva serena nel letto.
    -Eheh...- ridacchiò Takao. -Non so come sia successo.-
    -Sì, certo...- commentò Max per nulla convinto.
    -Ma che hai combinato stanotte?- domandò. -Verso le quattro ho sentito dei rumori...!-
    In quel momento Kai uscì dalla stanza.
    -Lascia perdere!- rispose Max seccato e fece per andarsene. Kai lo raggiunse, trattenendolo per il braccio.
    -Max, aspetta!- disse Kai, incurante di Takao.
    -Lasciami,- gli rispose furioso, divincolandosi dalla stretta. -Porco!-
    -Lascia che ti spieghi!- lo supplicò Kai.
    -Non c'è niente da spiegare,- fece lui. -Sei un maledetto lurido schifoso maniaco traditore!-
    -Ma cosa succede?- chiese Takao confuso.
    -Ragazzi, c'è qualche problema?- domandò Rei raggiungendoli.
    -Visto che vuoi spiegarti, racconta tutto a loro!- sibilò Max, andandosene.
    Kai si morse un labbro tanto forte da ferirsi. Rei e Takao guardavano Kai in attesa di spiegazioni.
    -Kai, che hai combinato?- gli fece Rei, intuendo che aveva combinato qualche guaio.
    -Sono stato stupido,- ammise Kai senza alzare gli occhi da terra.
    -Cos'hai fatto?- domandò Takao curioso.
    -L'ho fatto ubriacare,- mormorò Kai. -E poi... l'ho costretto a... beh, lo sapete.-
    -Ma Kai, sei impazzito??- lo rimproverò Rei. -Hai fatto una cosa orribile!-
    -Dovresti saperlo che Max è etero.- disse Takao. -E anche se non lo fosse stato, non avresti dovuto obbligarlo!-
    -Lo so... ma lui non mi perdonerà mai!Avete visto quanto era infuriato?-
    -Te la sei cercata!- rispose Takao.
    -Aspetta qualche tempo.- suggerì Rei. -Nel frattempo sbollirà un po', e magari poi ti ascolterà.-

    Qualche ora dopo, Max era tornato dalla sua passeggiata di rilassamento. Entrò in casa a bere del succo di frutta.
    -Ehi, Max.- disse a mo' di buongiorno Yuri. -Volevo chiederti una cosa.-
    -Sono a tua disposizione,- gli sorrise. -Cosa posso fare per te?-
    -Senti, è vero che hai fatto sesso con Kai, stanotte?-
    -Chi...chi te l'ha detto?- chiese Max con un filo di voce. Il suo sorriso scomparve.
    -Beh, Kai, naturalmente.- disse lui. -E' vero o mi prendeva in giro?-
    -In pratica,- rispose Max cupo. -Sì.-
    -Ah. E com'è?-
    -Molto volgare e maleducato.- disse. -Poteva almeno chiedermi il consenso.-
    -Ti ha obbligato?- fece Yuri ridendo. -Che porco!-
    -Preferirei non parlarne più.-
    Max corse via dalla casa costeggiando la spiaggia. Yuri lo guardò dalla finestra finchè non scomparve dietrola curva che la spiaggia prendeva verso destra, raggiungendo laggiù una piccola insenatura. Sospirò. Gli dispiaceva di aver fatto il bastardo, ma alla luce di quello che Kai gli aveva raccontato e di quello che sapeva di Max, fare questo era l'unica soluzione. Non era piaceva e se ne rendeva conto, ma gli era stato chiesto aiuto e stata facendo ciò che era in suo potere fare. Si voltò verso il tavolo. Boris gli fece cenno di approvazione. Anche lui riteneva che fosse l'unica strada per non far rovinare tutto a Kai e a Max.
    -Yuri,- disse Kai avvicinandosi a lui e a Boris. -Hai visto Max?-
    -Sì, prima.- rispose Yuri sogghignando. -Ma è scappato via furioso non appena ha ammesso di stanotte.-
    -G-gli hai detto che te l'ho raccontato??-
    -Sì.- affermò con una certa soddisfazione Yuri. Boris rise.
    -Ehi, non lo starai mica dicendo a tutti, vero?- si arrabbiò Kai. -Ti avevo detto che era un segreto!-
    -Anche tu hai raccontato dei miei segreti,- gli ricordò Yuri. -Comunque non l'ho fatto soltanto per vendicarmi di questi episodi. Hai fatto la cosa più idiota che tu avessi mai potuto fare, e devi pagarne il prezzo.-
    -E in questo prezzo è compresa la rabbia di Max nei tuoi confronti e la sua vergogna.- aggiunse Boris.
    -Sei un dannato bastardo!- gli gridò Kai in faccia. Takao dovette trattenerlo per evitare che lo aggredisse.
    -Kai!Aggredire Yuri non risolverà le cose.- gli disse. -Faresti meglio a cercare di parlare con Max.-
    -Sì...hai ragione.- ammise Kai, uscendo di casa.
    -Perchè Kai ti ha raccontato tutto?- chiese Takao.
    -Voleva un consiglio.- rispose Yuri indifferente. -Ma da me non l'avrà.-
    -Comunque voi non avete fatto una cosa carina né a Kai né a Max dicendolo in giro,- li rimproverò Takao.
    -E' l'unica cosa che può sbloccare tutto,- spiegò Boris. -Se Max esplode, si sfogherà e poi sarà finalmente disposto a perdonare Kai per la cazzata enorme che ha fatto, e tutto sarà a posto.-
    -Il punto è che per far esplodere Max di mormorii su di loro ce ne vogliono parecchi!- sorrise Yuri compiaciuto.
    -La vostra strategia presenta un punto debole, direi,- obiettò Takao. -E anche molto evidente.-
    -E sarebbe?-
    -Se i mormorii non facessero altro che far aumentare la frustrazione di Max al punto che non vorrà nemmeno più sentire pronunciare il nome di Kai, ma non lo spingessero a sfogarsi?-
    -Non ti preoccupare: la tua amica Hilary ha sparso la voce con quelle chiacchierone delle sue amichette.- disse Yuri.
    -Tra lei e le sue compagne di pettegolezzi farebbero esplodere anche un blocco di cemento!- assicurò Boris.
    -Non ci conto troppo.- ammise Takao. -Anche se lei sa essere asfissiante...-

    Max era seduto sulla spiaggia. Pensava e ripensava a Kai e a quello che aveva fatto. Cercava disperatamente una soluzione per togliersi da quell'orribile situazione che si era creata attorno a lui, ma non la trovava. Fissava distrattamente le onde del mare infrangersi sulla spiaggia sabbiosa, quando sentì un vociare dietro a uno dei tavoli di plastica bianca che reggevano il banchetto la sera prima. Erano Hilary, Emily e Mao. All'inizio pensava che stessero parlando del corteggiamento che Hilary aveva fatto a Yuri, ma sbagliava: parlavano di lui e di Kai.
    -Ieri sera, dovevate vederli! Max beveva come una spugna. Kai gliene dava bicchieri su bicchieri.- diceva Hilary.
    -Sì, lo so, ma è vero quello che è successo dopo?- chiese Emily.
    -Che cos'è successo? Non ne so niente!- diceva Mao.
    -Dicono che siano saliti nel salottino al primo piano... e...-
    -E?- insistette Mao.
    -Beh, Kai se lo è portato a letto!- concluse Hilary.
    -Ma...ma... non è possibile!- boccheggiava Mao. -Io non sapevo che Max e Kai... fossero...-
    -Io di Kai lo avevo immaginato,- disse Emily. -Non guarda mai le ragazze con un minimo di interesse!-
    -E invece anche Max è dall'altra sponda!- affermò Hilary.
    Max non riusciva più a sopportarlo. Strinse i pugni che tremavano di rabbia, e si morse il labbro al punto che il sangue si riversò all'angolo delle labbra. La rabbia gli montava dentro e travolgeva tutto come un maremoto. Mentre le ragazze continuavano a informarsi sui dettagli, Mao lo vide con la coda dell'occhio e sbiancò.
    -M-Max!-
    -Cosa?- fece Hilary voltandosi.
    -Oh, no...- mormorò Emily imbarazzata.
    -Max, noi... noi non volevamo...- cercò di scusarsi Mao.
    -Voi non volevate, eh?- cominciò ad urlare contro le tre ragazze. -Certo, voi non volevate prendermi in giro, eppure lo state facendo! Yuri non voleva ficcare il naso, ma non perde occasione per farlo! Takao non voleva andare a letto con Mathilda, ma lo ha fatto ugualmente! Neanche Kai voleva scoparmi, ma non mi pare che ci abbia rinunciato!-
    -Max, ti prego...- cercò di dire Hilary.
    -E per tua norma e regola, signorina spifferoditutti, IO non sono dell'altra sponda, è chiaro?- concluse Max con tono duro. -E non volevo picchiare Kai, anche se ero arrabbiato, ma penso che seguirò il suo esempio e lo farò lo stesso!-
    Max corse via. Più che arrabbiato, era disgustato, orripilato, deluso, vergognoso. Adesso, per colpa di Kai, era questo che tutti pensavano di lui? Che beveva come una spugna, che era dell'altra sponda?
    Il cielo liberò un tuono dall'eco profondo e lugubre, mentre cominciava a piovere una sottile pioggerella fredda, sospinta da un forte vento che abbassava velocemente la temperatura. Mentre correva a testa bassa con gli occhi pieni di lacrime e il nodo in gola, sbattè contro Rick.
    -Ehi, Max!- lo schernì lui.-Sapevo che eri un moccioso incapace, ma pure finocchio, è troppo!-
    -Va' al diavolo, Rick!- gli urlò con tutta la voce che aveva in gola, liberandosi della sua stretta al braccio.
    Riprese a correre incespicando più volte nella sabbia, e si fermò di scatto quando davanti a lui si parò Kai.
    -Che cosa vuoi ancora?- gli domandò piangendo di rabbia. Si sconcertò di sentire la sua voce vibrare di odio.
    -Max, io volevo chiederti di perdonarmi, ho fatto una cosa stupida e....-
    -No, Kai!- lo interruppe. -Ti ho perdonato tradimenti e cambi di squadra nel bel mezzo di tornei mondiali, saluti negati, sguardi di disprezzo e i tuoi cambiamenti d'umore, ma non questo! Questo mai!-
    -Ti capisco, tutto quello che mi hai perdonato non vale nemmeno la metà di questo, ma io non posso vivere sapendo che tu mi detesti per essere stato tanto stupido da fare un simile oltraggio ad uno dei miei migliori amici!- disse Kai.
    -E allora rinuncia alla vita.- gli rispose freddo come il ghiaccio Max. Nei suoi occhi c'era solo odio.
    -Ma cosa stai dicendo?-
    -Ormai la mia vita è rovinata per colpa della tua cazzata, come posso perdonartelo?- domandò Max come sfida.
    -Perchè rovinata?Ti ha turbato a tal punto?-
    -No, se fosse solo questo. Ma tu l'hai spifferato a tutti quanti, a tutti!-
    -Non sono stato io, è stata tutta un'idea di Yuri!- si giustificò Kai. -E' stato lui a dire....-
    -E lui come lo sapeva?- lo provocò. -Ti ha letto nel pensiero?-
    -Confesso che gliel'ho detto io, ma solo perchè cercavo un consiglio su come farmi perdonare!-
    -E lui che ti ha detto?- fece Max glaciale. -Ti ha suggerito di scoparmi di nuovo?-
    -Smettila, stai diventando insopportabile!- alzò la voce Kai. -Dov'è finito il vero Max?-
    -Eccolo qui davanti a te,- gli rispose a tono Max. -Il vero Max, quello crudele, quello egoista, quello insofferente e violento, quello aggressivo, che non sa più perdonare né dimenticare il dolore!-
    -Max, cos'hai?- domandò Kai.
    Max cominciò a piangere, ma stavolta di amarezza.
    -Guardami!Guardami!- Gridava con tutta la voce che aveva in gola e che poteva sfogare fra i singhiozzi. -Dio mio, ma non vedi quale razza di mostro mi hai fatto diventare?- Max guardò Kai dritto negli occhi, e lui ne rimase sconcertato.
    Sembrava di vedere due sguardi differenti. Uno carico di rabbia infinita, frustrazione e odio. L'altro piangeva, pieno di dolore, di paura e di smarrimento. Kai fu sconvolto nel comprendere che tutto questo era dovuto a lui.
    -Max,io...- lo afferrò per le spalle.
    -Non toccarmi!- esclamò improvvisamente tornato in sè.
    -Devi ascoltarmi!- disse Kai stringendo la morsa.
    -No!Ti ho detto di lasciarmi!- gridò Max, cercando di liberarsi dalla dolorosa stretta di Kai.
    Kai perse completamente le staffe e diede un sonoro schiaffone a Max, che si inginocchiò sulla sabbia più confuso e scioccato che mai. In quel momento sopraggiunsero Takao e Rei richiamati dalle grida.
    -Quando ti dico di ascoltarmi, tu devi tacere e starmi a sentire, hai capito bene?- urlava Kai a Max. Rei intervenne ad allontanarlo prima che decidesse di colpire di nuovo Max, che fu aiutato ad alzarsi da Takao.
    -Kai, ma sei completamente pazzo?- gli disse Rei indignato. -Ma come puoi trattarlo così?-
    -Ma quello non mi ascolta!- ripeteva in preda dalla confusione. -Non mi ascolta!-
    -Avanti, torniamo in casa!Sbrigati!- lo spingeva Rei.
    -Max, va tutto bene?- domandò Takao mentre sorreggeva l'amico.
    -Kai mi ha reso un mostro... un mostro...-
    -Calmati, adesso è tutto okay!- lo confortò Takao. -Dai, andiamo dentro, così ne parliamo.-

    Poco dopo Takao, Max e Rei erano in una stanza al piano di sopra lontani da Kai.
    -Allora, Max, cosa volevi dire quando hai detto che Kai ti ha reso un mostro?- domandò Takao.
    -Intendevo dire,- si spiegò Max ormai più calmo. -Mi ha fatto riscoprire il vero Max, quello crudele, quello egoista, quello insofferente e violento, quello aggressivo, che non sa più perdonare! E io non voglio essere così!-
    -Amico, ma tu non sei così!- affermò Takao.
    -Questo è un lato che hanno tutti, nascosto o no,- spiegò Rei. -E prima o poi viene fuori. Ma decidere se farlo restare o no è una scelta che spetta solo a te, Max! Non devi aver paura, devi solo risolvere con Kai e poi non ci sarà più quel lato oscuro di te stesso che hai conosciuto oggi e che ti mette tanto timore!-
    -Ma io sono furioso con Kai, e mi sembra anche logico! Per colpa sua credono tutti che sia gay!-
    -Beh, guarda me,- disse Takao. -Da quando Rei mi ha visto addosso a Kai al parco ha creduto che fossi gay. Ehi, per intenderci, gli ero solo caduto addosso. Comunque Rei crede ancora che lo sia.-
    -Su di te non ho alcun dubbio.- disse Rei convinto. -Anzi, sei bisex, perchè Mathilda ha sbandierato a mezzo Giappone tutti i dettagli entusiasta come se avesse visto per strada Johnny Depp.-
    -Ma dai!- sbottò Takao. -Io non sono gay!-
    -Il giorno in cui la smetterai di entrare in bagno ogni volta che sono nella doccia ci crederò.- ribattè Rei.
    -Quelle sono pure casualità.- affermò lui. -E comunque anche tu entri quando faccio pipì.-
    -Cosa vorresti insinuare??- saltò su Rei.
    -Tu cosa insunui di me??- ribattè Takao.
    -Ehi, calma, non è il caso di agitarsi così!- intervenne Max. -Ognuno sa che cos'è, giusto?-
    -Giusto!- fecero all'unisono i due ragazzi sorridendo.
    -Voi non stavate litigando!-
    -Certo che no!- ridacchiò Rei.
    -Noi siamo grandi amici!- disse Takao.
    -Però così ti sei dato la risposta da solo.-
    Max riflettè bene. Era vero. Ognuno sapeva cos'era, e ne doveva essere fiero. Lui sapeva di non essere spietato, egoista e crudele, sapeva anche di non aver perso la capacità di perdonare. Sorridendo, ringraziò i due amici e uscì dalla stanza.
    -Bel lavoro!- esclamò Rei.
    -Già, idea tutta mia!- convenne Takao.
    -Idea tua? Ehi, guarda che ci ho pensato io!-
    -Rei, non sei il centro del mondo!-
    -Ma il centro di questa idea sì!- affermò Rei.
    -Bugiardo!-
    -Ladro!-
    -Ragazzi,- fece Max riaffacciatosi alla porta. -Va tutto bene, a voi due?-
    -Ma certo!- sorrise Rei.
    -Siamo grandi amici!- esclamò Takao abbracciando l'amico cinese per non insospettire Max. Lui se ne andò.
    -Ehi, non mi toccare il fondoschiena!- lo rimproverò il cinese.
    -Ma chi l'ha toccato!!!-
    -Di certo non me lo sto toccando da solo, ti pare?- fece Rei stizzito.
    -Ma quanto sei vanesio!- ribattè Takao. -Chi ti dice che mi attiri l'idea di toccare il tuo sedere?-
    -Vorresti forse dire che non ho un bel sedere?- domandò Rei con un tono sconvolto mal celato.
    -Affatto!-
    -Mi prendi in giro o è tutto vero??-
    -Mai stato più serio, amico mio.- affermò Takao. -Vado a cercare Mathilda. Ci si vede!-
    Takao uscì dalla stanza. Rei rimase solo nella camera. Si guardò il profilo nello specchio.
    -Eppure... a me sembra niente male...-

    -Kai, sei qui?- Chiamò Max sentendo dei rumori da una delle camere da letto.
    -No, Kai non c'è,- lo informò Yuri che si stava generosamente facendo intrattenere dai corteggiamenti di Hilary e MingMing. -Credo sia sulla scena del crimine.-
    -Ah, grazie,- disse cogliendo l'ironia. -E... tanti auguri!-
    Max aprì la porta del salottino al primo piano, il teatro del piccolo dramma svoltosi la notte prima. Kai era lì, dormiva profondamente proprio sul divanetto, con addosso la coperta di cotone blu che aveva accompagnato la scena. Max attraversò la stanza chiudendo la finestra dalla quale entravano raffiche d'aria gelida. Kai si mosse nel sonno, cominciando a sussurrare quelle che sembravano parole di una canzone che però Max non conosceva. Vide la porta che oscillava pericolosamente avanti e indietro minacciando di chiudersi con rumore, Max si precipitò per chiuderla, ma il vento che soffiava in corridoio la sbattè violentemente, svegliando Kai di soprassalto.
    -M-Max, cosa fai qui?- balbettò Kai. -No... sto ancora sognando.-
    -Non proprio...- fece Max, imbarazzato per la figuraccia della porta. -Ero qui perchè pensavo volessi parlarmi.-
    -Beh, io...sì...- fece Kai incredulo, alzandosi dal divanetto. -Volevo scusarmi per l'idiozia che ho fatto, comunque... ho cercato di dire un po' a tutti che era stata solo colpa mia, e che... non sei dell'altra sponda...-
    -Ti ringrazio molto per lo sforzo,- disse Max sorridendo e tendendogli la mano. -Comunque è inutile, so benissimo che purtroppo non ci crederebbero nemmeno se mi mettessi a corteggiare tutte le donne del mondo!-
    -Mi dispiace, è soltanto colpa mia...- disse Kai mortificato. -Non so cosa darei per aiutarti...-
    -Lascia perdere, non importa.- disse Max sempre sorridendo. -Comunque ti perdono per le tue cazzate.-
    -Strano, tu che usi parolacce?- notò Kai sorpreso. -E' nuova di zecca.-
    -Definirla stupidaggine è un eufemismo.-
    -Ti... ti va qualcosa da bere?- offrì Kai. -Analcolico, naturalmente.-
    -Perchè no?-
    Kai sorrise e si guardò qualche istante allo specchio sistemandosi i capelli spettinati. Quando si avvicinò alla porta e fece per aprirla, sentì le voci di Boris e Michael. Guardò Max chiedendosi se era il caso di uscire insieme. Max annuì. Kai allora aprì la porta e uscì dalla stanza, seguito dal compagno americano.
    -Guarda, c'è il finocchio!- fece Boris.
    -La vergogna degli All Stars...- commentò Michael.
    -Mi dispiace che dicano questo per colpa mia...- sussurrò Kai a Max.
    -Lasciali perdere. Se non crederanno mai che sono etero... tanto vale accontentarli.-
    Entrambi rimasero di stucco quando Max baciò Kai di sua spontanea iniziativa. Quando si separarono, Max fece un cenno di vittoria ai due che risposero con occhi strabuzzati e bocche spalancate. Non si aspettavano che lo facesse davanti a tutti, con quelle voci che giravano sul suo conto e poi proprio con Kai.
    -Kai?-
    -Dimmi.-
    -Adesso che scendiamo... me lo fai un altro Margarita?-



     
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    "Il Gioco Del Destino" (Yaoi) di Kailah, Fan Fiction [Beyblade]




    PROLOGO
    Il Destino è un'entità giocherellona. A lui piace scegliere delle persone a caso, magari che non si conoscono, e fare sì che si incontrino nei modi più strani che si possano pensare. A volte è benevolo e fa sì che le persone scelte alla fine del gioco del destino si innamorino. Altre volte invece è crudele e si impegna affinchè si innamorino e non si rivedano mai più, o addirittura che muoiano. Nessuno sa che cosa abbia in mente questa volta, ma appurato è che il suo sguardo si posò un giorno su Kai Hiwatari e decise di muoverlo come sua pedina nel gioco che aveva progettato già qualche tempo.

    Quella sera Kai era da solo nella sua grande villa. Era ormai sera tarda quando accese il computer che non usava quasi mai. Ma quel giorno era diverso. La noia e il Destino si erano messi d'accordo affinchè tutto accadesse. E doveva cominciare quella sera. Svogliato quindi si cimentò in un stupido giochino su internet fatto con lettere e numeri ma visto che gli richiedeva troppi sforzi mentali decise di ritentare una volta che fosse stato meno stanco. Lesse le notizie dell'ultima ora scoprendo che era in atto un convegno dell'ONU per discutere della guerra e venne informato di una gara culinaria asiatica che si sarebbe svolta a Tokyo nel corso della settimana seguente. Lesse il flash che annunciava il terremoto avvenuto poco tempo prima, denunciandolo come minimo e senza conseguenze. Quando ebbe terminato fu di nuovo in preda al tedio e si spinse fino là dove non era mai andato: la chat nazionale. La considerava una cosa stupida parlare con la gente dietro uno schermo. Come potevi sapere di parlare davvero con un uomo? Magari era una donna. O magari un bambino che fingeva di essere il padre. O un vecchio a caccia di emozioni e di ragazzini che lo credessero della loro età e accettassero di incontrarlo. Insomma, si era in balia di ogni possibile bugia...
    Ma il destino aveva deciso che Kai quella sera doveva essere lì, per portare a compimento il gioco. Rimase una buona decina di minuti a fissare lo schermo che gli chiedeva con quale nickname desiderasse entrare in chat. Alla fine optò per la prima parola interessante che gli veniva in mente: phoenix. Alla fine, il nickname doveva essere lo specchio di colui che lo utilizzava e la fenice era la cosa che Kai si sentiva più vicina e che poteva suscitare un interesse fra i chatters. Purtroppo il nome risultò già usato e dovette cercarne un altro. D'un tratto una pubblicità in movimento attirò la sua attenzione. Era lo spot di un profumo in cui un angelo dalle ali rosse giaceva per terra come caduto. L'immagine gli piacque, forse per il fascino dell'angelo caduto o forse per ali rosse che rimandavano alla famosa fenice, lo scelse. Immise dunque il nickname che fu accettato ed entrò. C'era una lunghissima lista di chatters nonostante l'orario, ma Kai non tardò a capire perchè. Non solo i nickname erano più che espliciti, ma nella finestra di chat pubblica si parlava di rapporti sessuali e qualcosa come sesso mistico tibetano. Kai si passò la mano fra i capelli e si chiese chi accidenti glielo avesse fatto fare. In quel momento si aprirono tre finestre private sul display.
    Getmeall_54: ciao bellissima
    Kai chiuse la finestra di dialogo privata chiedendosi chi aveva detto a quell'imbecille che era una donna.
    Ketchuppp: ciao ti va un po' di Ketchuppp sulle patatine?
    Molto carinamente preferì evitare di infamare quel patetico idiota e chiuse anche quella finestra.
    Garish_comet: benvenuto in chatroom!
    Kai valutò che questo garish_comet sembrava a primo impatto meno idiota degli altri e decise di esplorarne il profilo pubblico. Scoprì così che era di Tokyo, aveva la sua età ed era nato il quattro aprile di diciassette anni prima. Ed era un ragazzo con un gran bel fisico. La fotografia era tagliata, Kai sospettava apposta, al mento e a mezza coscia mentre era sdraiato su un letto (vestito). Era già un buon segno... e dalla finestra dietro passava una splendida cometa, sicuramente un montaggio, ma bellissimo era l'effetto.
    Darkangel: grazie Garish_comet.
    Garish_comet: mi puoi chiamare Comet se preferisci.
    Darkangel: d'accordo.
    Garish_comet: lo so che sei un ragazzo... ti secca perdere tempo con me?
    Darkangel: perchè dovrebbe?
    Garish_comet: qua in chat l'unico modo per parlare fra persone dello stesso sesso è aspettare i vecchietti pervertiti che ti offrono lecca lecca o avventurarsi nella terribile stanza Gay Pride.
    Darkangel: basta che non parliamo di sesso...
    Garish_comet: ah ti prego!!! Piuttosto mi metto a parlare dell'immenso.
    Kai fu più che lieto di questa risposta e sperò che fosse una cosa che pensava davvero e non una frase di cortesia che usava per mantenere il filo del discorso. Decise di vedere con che tipo di persona aveva a che fare.
    Darkangel: A me piace la filosofia. Cosa pensi dell'immenso?
    Garish_comet ci mise parecchio tempo a dare una risposta e per un momento Kai temette che se ne fosse andato via.
    Garish_comet: io sono quasi d'accordo con Einstein: lui diceva che le uniche cose infinite sono l'universo e la stupidità umana. Ma passando ore e ore in chat ho confutato questa idea. L'universo è un buco in confronto alla stupidità umana.
    Kai doveva ammettere con se stesso che quel garish_comet cominciava a piacergli davvero.
    Darkangel: mi fido delle tue deduzioni anche se non ho sperimentato sul campo.
    Garish_comet: fai bene. E tu che pensi dell'immenso?
    Darkangel: non so io conosco solo l'immensità del vuoto che ho nella testa
    Garish_comet: ma va là uno che chiede opinioni sull'immenso non può avere la testa vuota. Vedrai che se guardi bene in mezzo all'immensità il cervello lo trovi. Vuoi che ti aiuto a cercarlo?
    Kai soffocò una risata. Sì, Comet era un ragazzo proprio simpatico. La sua mente accarezzò l'idea di chiedergli di vedersi, visto che abitavano entrambi nella stessa città. Poi però ci ripensò. Non sapeva cosa in realtà pensasse questo tizio e non sapeva nemmeno se la fotografia fosse sua. Inoltre, poteva magari evitare l'argomento sesso per quella volta e cominciare a martellarlo poi una volta che si fossero visti. Sarebbe stato terribile. Doveva testarlo prima di potersi fidare.
    Darkangel: ti sei mai masturbato davanti al computer?
    Garish_comet: ma non volevi parlare d'altro?
    Darkangel: abbiamo divagato abbastanza
    Garish_comet: beh certo lo sto facendo pure ora! :P
    Darkangel: dai non mi prendere in giro!
    Garish_comet: no non lo faccio mai
    Darkangel: non ci credo che non lo fai mai
    Garish_comet: mai davanti al pc. Era quella la tua domanda o sono diventato analfabeta?
    Darkangel: e quando lo fai?
    Garish_comet: uffa dai Darkangel... non mi va di parlare di porcate...
    Darkangel: dai son cose naturali
    Garish_comet: no non lo sono! fare l'amore per avere un bambino è naturale, fare l'amore per dimostrare ad una persona che la ami davvero è naturale! tutto il resto sono porcate senza senso che se non si facessero sarebbe molto meglio
    Kai lesse la frase due volte, convinto di sognare. Possibile che esistessero ancora delle persone tanto serie e dolci? Sorrise fra sè e sè e arrossì mentre ponderava le parole per rispondergli.
    Darkangel: ... come sei dolce... Comet...
    Garish_comet: oh che bello non sei scappato via... quando comincio a dire cose stupide come queste scappano tutti...
    Darkangel: non sono stupide... cavoli... non mi aspettavo una risposta così romantica...
    Garish_comet: eh sì purtroppo io sono un gran romanticone ;)
    Darkangel: mi dici come ti chiami?
    Garish_comet: ... no... non per sfiducia, ma non voglio dire il mio nome
    Darkangel: come facciamo ad essere amici se non mi dici nemmeno il tuo nome?
    Garish_comet: chiamami Comet. Ti prego.
    Darkangel: uffa... va bene...
    Garish_comet: tu invece me lo dici il tuo nome?
    Darkangel: No.
    Kai sbuffò. La decisione di Comet di non rivelargli il suo nome lo aveva deluso e offeso. Magari credeva che lui era uno di cui non si poteva fidare. D'improvviso ogni speranza di aver trovato un amico o qualcosa che avrebbe potuto essere simile crollò come un castello di carte. In fondo era solo un nome, ma per Kai il nome era qualcosa di importantissimo. Era il suono dell'anima stessa.
    Garish_comet: ti sei arrabbiato, Darkangel? :( Scusa
    Kai lesse la frase ed ebbe l'istinto di rispondergli, ma non lo fece. Gli vennero le lacrime agli occhi e non riuscì a leggere la seconda frase che Comet gli scrisse. "Quanto sei esagerato, Kai!" si rimproverò asciugandosi gli occhi. "Nemmeno lo conosci, quello!"
    Garish_comet: Darkangel non andare via per favore!!! X°°°°°°°°°°°
    Kai si costrinse a spegnere subito il computer e a lasciar perdere Comet. Era evidente che se nessuno dei due si fidava dell'altro era impossibile che potesse nascere qualcosa. Eppure quelle poche parole si erano fatte rapidamente spazio e avevano stuzzicato la sua voglia di conoscere gente nuova, persone con cui condividere un pezzettino della sua vita. Comet gli era sembrato per un momento la persona che aveva sognato di incontrare da anni e anni. Era simpatica ed ironica, a volte anche autoironica, ma senza sprofondare nel patetico; seria e dolce, romantica e con dei valori che andavano ormai perdendosi nei tumulti della gioventù. Era stato Rei, qualche mese prima, a dirgli che probabilmente ancora per qualche anno non avrebbe trovato una ragazza adatta a lui perchè le sue coetanee erano ancora delle bambine capricciose ma se non altro le ragazze maturavano prima degli uomini. Gli aveva consigliato di non correre e di aspettare pazientemente che tutto seguisse il suo corso. Kai non amava particolarmente le massime cinesi, ma Rei gliene aveva detta una proprio bella: "Aspetta l'illuminazione, non cercarla". D'improvviso Kai si sentì malissimo. E se in realtà fosse l'illuminazione ad aver cercato lui? E se l'illuminazione portasse il nome di... Comet?
    Come siamo tutti ignari del Destino e dei suoi disegni, Kai non sapeva che non avrebbe mai saputo chi fosse Garish_comet.
    -Ooh, basta! Smettila, Kai!- si rimproverò. -Queste sono solo delle cazzate! E smetti di piangere per un tizio che nemmeno conosci!!!-

    Purtroppo per lui, si sbagliava di grosso. Garish_comet era una sua vecchia conoscenza, ma senza i soliti pregiudizi si era accorto che era diverso. A dire il vero, il chatter in prima persona si comportava diversamente. Takao restò a fissare lo schermo per quasi dieci minuti, ma Darkangel non era più in linea e non gli rispose. Il Destino ci mise lo zampino ancora una volta.
    -Uffa! Una volta che ci poteva essere qualcuno di interessante!- sbuffò. -Ma poi, che gli ho detto?! Che non volevo dargli il mio nome!-
    A Takao era sembrata l'unica soluzione. Ogni volta che qualcuno interessato allo sport leggeva il profilo e veniva a sapere che si chiamava Takao indovinava subito chi era. E da lì la magia della conoscenza reciproca svaniva nel nulla. Che senso aveva chattare con qualcuno che sapeva quanto eri famoso e modificava se stesso in base a chi eri tu? Da allora aveva deciso che avrebbe rivelato la sua identità solo a chi gli fosse diventato amico, ma finora nessuno lo aveva voluto incontrare. Una ragazza di nome Keko ad esempio aveva voluto sapere prima chi fosse e una volta saputolo lo aveva infamato dandogli del bugiardo. Insomma, si sentiva senza speranza, ma la chat in fondo era un mondo che non gli dispiaceva tanto. Stava per spegnere il computer dopo aver guardato l'ora, ma poi vide il nickname dell'unico amico vero che aveva in chat. Non a caso era lì...
    Garish_comet: Ciao Max come butta?
    Slytherin: ciao Takao!
    Garish_comet: speravo lo cambiassi quel nome assurdo... come puoi chattare con il nome del gruppo di maghi più spietato della storia di Harry Potter? Tu che in confronto ad Harry lo fai sembrare un Mangiamorte?
    Slytherin: lascia perdere prima una fan di Harry Potter mi ha pure infamato
    Garish_comet: hai fatto incontri interessanti allora ^_^
    Slytherin: a dire il vero nessuno, e tu?
    Garish_comet: io sì un certo Darkangel ma si è offeso perchè non gli ho detto il mio nome ed è andato via...
    Slytherin: peccato... era simpatico?
    Garish_comet: sì pensa che mi ha chiesto cosa penso dell'immenso
    Slytherin: dell'immensità del vuoto che hai in testa?
    Garish_comet: no simpaticone è_é a dire il vero è la risposta che mi ha dato quando gliel'ho chiesto io
    Slytherin: gli hai chiesto cosa pensava del vuoto che hai in testa?
    Garish_comet: ma no pirla!!!
    Garish_comet: aspetta che ti prendo il pezzo della conversazione...
    Slytherin: non mi dare più del pirla o mi incazzo!!! E se m'incazzo..
    Garish_comet: se t'incazzi non me lo dai più sì lo so
    Garish_comet: Garish_comet: io sono quasi d'accordo con Einstein: lui diceva che le uniche cose infinite sono l'universo e la stupidità umana. Ma passando ore e ore in chat ho confutato questa idea. L'universo è un buco in confronto alla stupidità umana. Darkangel: mi fido delle tue deduzioni anche se non ho sperimentato sul campo. Garish_comet: fai bene. E tu che pensi dell'immenso? Darkangel: non so io conosco solo l'immensità del vuoto che ho nella testa
    Slytherin: ah beh... viva l'autostima!!!
    Garish_comet: se n'è andato via così d'improvviso ed è uno che non viene spesso in chat... forse non lo vedrò più uffa!!!
    Slytherin: nel profilo non aveva un indirizzo e-mail?
    Garish_comet: porko mondo non ci ho mica guardato
    Slytherin: pirla...
    Garish_comet: non mi fare incazzare Max se no...
    Slytherin: se no mi scopi a sangue sì lo so :P
    Garish_comet: sai che quella faccina con la lingua ti assomiglia? Così... da pesce lesso...
    Slytherin: ti sei già guadagnato la castità fino a quest'estate con le tue spiritosaggini.
    Garish_comet: ma va là, non dirai sul serio?! Non siamo ancora nemmeno a Natale!
    Slytherin: continua così e vedrai che ti fai un paio di anni senza di me.
    Garish_comet: no ti prego non riesco a dormire se tu non sei vicino a me
    Slytherin: lo so che stai continuando a prendermi in giro, bada a quel che fai! Ne ho un sacco di spasimanti in America sai?!
    Garish_comet: quando sei arrabbiato mi piaci ancora di più... dove sei?
    Takao distolse per la prima volta gli occhi dal monitor. Erano quasi le due di notte. Poi calcolò che l'orologio era un bel po' avanti e quindi doveva essere circa l'una e mezza. Nonno Jei dormiva già e aveva voglia di compagnia.
    Slytherin: A casa mia dove dovrei essere? Sotto un ponte?
    Garish_comet: volevo sapere se eri qui o a New York IDIOTA!!!
    Slytherin: a Tokyo. Ciao Takao ci si vede a Natale prossimo.
    Takao sorrise. Quando Max metteva il punto in fondo alla frase era davvero arrabbiato. Ma anche lui era arrabbiato, ora.
    Garish_comet: quanto tempo sei stato via?
    Slytherin: due mesi.
    Garish_comet: e non mi sei nemmeno venuto a trovare quando sei tornato, stronzo.
    Slytherin: sono tornato ieri sera
    Garish_comet: io sono rimasto a casa tutto oggi ma non mi pare di averti visto.
    Garish_comet: come la mettiamo?
    Slytherin: ...
    Garish_comet: voglio sapere perchè non sei venuto avanti dimmelo!
    Slytherin: vuoi la verità?
    Garish_comet: sì.
    Slytherin: perchè sapevo che cosa avresti voluto fare e non ne avevo la minima voglia.
    Garish_comet: ma per chi mi hai preso, Max?! Tra noi c'è un'amicizia forte da tanti anni! Non ho idea di come tu possa pensare che io l'abbia trasformata in una relazione senza sentimenti, ma il solo domandarmelo mi fa MALISSIMO!!!
    Slytherin Log Out.
    Takao fissò lo schermo incredulo. Max se n'era andato. Beh, forse era meglio. Non riusciva a credere alle sue parole. Gli sembrava impossibile che, solo perchè era successo alcune volte, Max aveva pensato che la loro amicizia fosse usata da Takao come un paravento per incontrarsi ed arrabattarsi sotto un lenzuolo per una ventina di minuti. Takao voleva bene a Max, come voleva un bene dell'anima a tutti i suoi amici più stretti, come il Professore, Rei e Kai. Gli vennero le lacrime agli occhi a pensare che forse Max ogni volta che si incontravano lo raggiungeva con la sensazione di un dovere più che con il piacere di vedersi con un amico. Sbattè un pugno nella parete alzandosi dalla sedia.
    -Maledizione, maledizione!- sbottò fra sè e sè. -Ma perchè fa così?!-
    Poi gli tornarono in mente le parole che lui stesso aveva scritto a Darkangel: "fare l'amore per avere un bambino è naturale, fare l'amore per dimostrare ad una persona che la ami davvero è naturale. Tutto il resto sono porcate senza senso che se non si facessero sarebbe molto meglio". Non gli ci volle più di un secondo per capire che quello che faceva lui con Max rientrava in "tutto il resto". Lui non lo faceva certo per dimostrare un amore che non provava. No, lo faceva perchè ogni tanto ne aveva voglia e perchè lo trovava divertente. Una lacrima gli scivolò giù sul viso mentre ripensava a quelle parole.
    -Chissà cosa direbbe Darkangel se gli dicessi che mi scopo il mio migliore amico per divertimento...-
    "Nel suo profilo non c'era un indirizzo e-mail?"
    -Oh! Mi sono dimenticato di controllare!-
    Takao si fiondò al pc asciugandosi gli occhi e usò il motore di ricerca di chat per rintracciare il profilo di Darkangel. Non c'era nessuna fotografia, nessuna indicazione di età o luogo di nascita, nulla. Ma un indirizzo c'era. [email protected]. Takao si addentrò nella propria casella e-mail e riflettè su cosa scrivergli. Alla fine si decise e scrisse, inviando il messaggio elettronico all'indirizzo copiato dal profilo di Darkangel.

    Takao non era riuscito a dormire per niente quella notte e fu per questo che decise (sempre sotto l'influenza del Destino) di uscire di casa alle prime luci dell'alba. Vagò per la città quasi deserta nel buio di una giornata nuvolosa che minacciava pioggia. Camminò soprapensiero e triste per le strade finchè non raggiunse l'argine del fiume, teatro della scena finale del gioco del Destino. Lì infatti c'era qualcuno che non si trovava in quel luogo per caso. Era Max, che appena lo vide saltò in piedi e lo fissò senza dire niente. Takao non osò proferire parola. Il silenzio sembrava una campana di vetro che li avvolgeva. Il sole intanto saliva lento all'orizzonte solo per eclissarsi dietro alle nuvole grigie. Il vetro del silenzio andò in frantumi con un tuono che si liberò proprio sopra di loro, praticamente contemporaneo al lampo. Takao chiuse gli occhi per lo spavento e appena li riaprì vide le lacrime di Max esplodere fuori come se avessero appena rotto una diga. Non fece in tempo a tendere la mano verso di lui che se lo ritrovò avvinghiato addosso.
    -Max, che ti prende?-
    -Mi dispiace... mi dispiace...- mormorò lui sulla sua spalla. -Non dovevo dire quelle cose... dovevo passare a trovarti subito...-
    -Non voglio che vieni a trovarmi per obbligo, hai capito?!- sbottò Takao afferrandolo per le spalle e allontanandolo da sè per guardarlo negli occhi. -Voglio che ti vedi con me solo se lo vuoi, non perchè te lo chiedo io! Non sono il tuo padrone!-
    -Ma io volevo venire! Lo giuro, volevo venire!- esclamò lui. -Ma... poi... ho avuto paura... e alla fine non sono venuto...-
    -Molto male!- fece l'amico. -Cioè, molto male che tu abbia paura! Non devi avere paura di me, perchè io ti voglio bene!-
    -Lo so, Takao... lo so... anche io ti voglio bene e per questo mi dispiace di averti fatto male con le mie idee assurde...-
    -Sono io che ti ho fatto male trattandoti come un giochino.-
    Una gran pioggia cominciò a cadere sulla città, quasi come se il cielo si fosse commosso della loro riappacificazione. Ancora abbracciati stretti, si inzupparono senza curarsene granchè. Poi Takao infranse il silenzio.
    -Ti stai bagnando tutto.-
    -Tu sei già tutto bagnato.-
    -Cerchiamo un posto dove asciugarci o ci prenderemo l'influenza tutti e due.-
    -Casa tua?-
    -Dai, andiamo.- gli disse sorridente Takao prendendolo per mano. -Facciamo una corsa! Pronti, via!-
    Così si concluse il gioco del Destino. Ma ogni gioco non si chiude mai completamente.

    EPILOGO
    Il Destino ama fare i suoi giochi con le persone, ma c'è sempre qualcosa che calcola marginalmente, a volte per nulla: i loro sentimenti. Aveva usato Kai Hiwatari come una pedina, e il suo gioco sarebbe stato perfetto se quella mattina non avesse casualmente (nel senso di azione non dettata dal destino) guardato la posta di Darkangel. Se non avesse letto quell'e-mail. "Mi dispiace che te la sia presa, Darkangel, ma se ti dicessi chi sono non ci crederesti. Se sei disposto a perdonarmi, io sono in chat di solito il tardo pomeriggio e la sera. Cercami". Ma non erano le parole della lettera ad aver stravolto le regole del gioco. Era il nome che compariva nella riga del mittente: "Takao Kinomiya, [email protected]".
    Ora che una pedina era venuta a conoscenza di qualcosa che era scritto nel regolamento che non dovesse mai sapere, la partita poteva cambiare. Ma adesso come sarebbe cambiata? Il Destino non lo sapeva, non avendone disegnato l'avvento, ma decise di non farlo. Si dedicò al suo prossimo gioco lasciando ai tre giocatori la possibilità di scegliere la fine della loro storia.

     
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